L’altra faccia della cassa integrazione
L’amministratore delegato di una delle maggiori società italiane di lavoro interinale mi spiegava qualche giorno fa il risvolto negativo della cassa integrazione. E’ un sussidio diretto all’azienda, non al lavoratore: salva i posti (cioè il capitale umano, che in un sistema produttivo come quello italiano è una risorsa insostituibile) e anche le imprese. Ma nel momento in cui l’economia riprende, fa ritrovare aziende inadeguate alle nuove esigenze produttive e lavoratori che non hanno approfittato della fase di stasi per riqualificarsi. Risultato: si fatica ad agganciare il treno della ripresa.
Altrove, per esempio in Germania, funziona diversamente. Il sussidio va a chi è rimasto senza lavoro, non all’azienda: le imprese alleggerite possono trasformarsi e, con la ripresa economica, ricominciare ad assumere i lavoratori che nel frattempo si sono riqualificati.
In sintesi: il sistema italiano protegge lo status quo confindustrial-sindacale, quello tedesco favorisce il cambiamento. Nel primo caso quando l’economia ricomincerà a tirare avremo vecchie imprese e vecchi lavoratori probabilmente destinati a finire fuori mercato; nel secondo nuove realtà produttive adeguate ai mutamenti intervenuti.
Che ne pensano i lettori del Giornale?