Sulla scia del centenario della nascita di Luigi Santucci (1918-1999), il Comitato Nazionale per le celebrazioni – in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il Liceo Artistico Statale di  Brera a Milano, la “Scuola del Libro” di Urbino,  l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, la Fondazione Carlo e Marise Bo, l’Associazione IFA International Future Arts, l’Associazione Carlo Bo di Urbino – hanno il piacere di presentare la mostra Luigi Santucci: dal romanzo alla letteratura per ragazzi.

Il progetto espositivo intende documentare la vicenda creativa dello scrittore, docente negli anni Cinquanta di Lettere italiane al Liceo Artistico annesso all’Accademia di Brera. La mostra della vasta produzione letteraria, che si avvale di pannelli descrittivi e documenti,  si articola nell’esposizione dei romanzi, saggi, racconti, fino ad approdare alla letteratura per ragazzi. I racconti, editi e inediti di Luigi Santucci, sono interpretati da circa 50 studenti della “Scuola del Libro” di Urbino.  L’esposizione creativa si compone di tre collane editoriali e altre produzioni libere, articolate nella produzione di 33 libri e di 15 libri-scultura. Il progetto didattico ha coinvolto oltre dieci docenti di tre sezioni: Design e Restauro del Libro, Grafica Pubblicitaria e Animazione, svolto come attività didattica e anche nell’ambito del Progetto Alternanza Scuola-lavoro, entrambi articolati nella progettazione grafica di collane editoriali e racconti illustrati della “Scuola del Libro” di Urbino. Nell’ambito dell’esposizione verrà proiettato il documentario Luigi Santucci: scrittura come vita di Luca Scarzella e Giorgio Tabanelli.

“Perché scrivo? Scrivo per ringraziare le cose (certe cose: i giardini pubblici,le Dolomiti, Cristo) Natale, delle grazie che mi hanno dato. Per gratitudine. Scrivo per trattenerle il più a lungo possibile nel cerchio della vita, della memoria, della gratitudine”(Luigi Santucci). “Queste parole inedite, incisive, di uno scrittore cattolico, quale egli è stato, ci consegnano il “Cristo di Santucci”, la cui fantasia letteraria non si è lasciata  catturare  dalla severità della teologia, ma ne ha colti  i fiori  e messo  a nudo le radici, consegnandoci  testi di alta letteratura da “Orfeo in Paradiso” a “Volete andarvene anche voi?”. Santucci  che è stato scrittore di una certa dimensione culturale e spirituale, ha maturato la sua vocazione letteraria, portandosi dietro la risposta di Pietro a Cristo: “Dove andremo Signore?”; perché Cristo  non poteva non essere per lui termine di riferimento  delle sue indagini sulla storia,  di ogni sua domanda sull’uomo,  di ogni escavazione sua  nella miniera del proprio io profondo”(così  Carlo Franza, in Il Giornale).

Memorabili i suoi romanzi, tra i tanti mi piace ricordare Il velocifero (1963), Orfeo in Paradiso (1967) che ebbe il Premio Campiello,  Volete andarvene anche voi? (1969), Se io mi scorderò (1969), Non sparate sui narcisi ( 1971), Come se (1973).  Come mi sta a cuore ricordare che Luigi Santucci si era  laureato  in Lettere  a Milano con un lavoro sulla letteratura per l’infanzia, discusso con Mario Apollonio, illustre letterato che insegnava in  Università Cattolica; lavoro di tesi  pubblicato e giudicato  da Benedetto Croce “acuto e accurato”( in La Critica, XL, 1943, pagg.  327-328). Va ricordato che è stato professore ordinario di materie letterarie  nei licei (Liceo di Brera) nel   1942, e ha insegnato a Milano fino al 1962.

Memorabili le parole di Enrico Falqui per l’Orfeo in Paradiso, “ qualità d’impianto e di svolgimento, al servizio  di un’idea e di una lezione che c’è mancato poco  non abbiano fatto  di questo speciale  romanzo un piccolo  capo d’opera..”;  e se gli è stata marcata l’etichetta di “romanziere cattolico” , Falqui insiste che l’etichetta  è stata superflua e inopportuna, semmai   sottolineò  “una franchezza  che sta anche a garanzia  dell’indipendenza del Santucci  così dalle cappelle come dalle scuole, così dalle bigotterie come dalle mode”.  E su quell’altro capolavoro che è  “ Volete andarvene anche voi?”  il mio amico Marcello Camillucci  -che è stato anche direttore di quella bellissima rivista che era “Persona”a Roma-  scriveva  su l’Osservatore Romano   nel marzo 1970   che “Santucci apre i capitoli  con i versetti del Vangelo” e che ci troviamo di fronte a “un testo di alta letteratura  nel quale uno scrittore cattolico, bene amministrando  i suoi talenti poetici e di fede, ha messo a nudo la sua anima  coinvolgendoci com’è dovere  dell’ opera letteraria…”. Ecco chi è stato Luigi Santucci, che ha attirato su di sé giudizi esemplari, da Gian Carlo Vigorelli a  Leone Piccioni, da Nazareno Fabbretti  ad Antonio Camerino, da Giovanni Getto a Giorgio De Rienzo,  da Luigi Baldacci  a Carlo Bo, per citarne alcuni. Luigi Santucci, un letterato, un illustre professore, un romanziere, i suoi sono  libri bellissimi, con pagine da ritagliare e incorniciare, nei libri ritrovare momenti  di consonanza  con la propria ricerca personale, un raffronto totale col Cristo che non finisce  mai di frugare con la sua parola di fuoco le viscere della storia.

Carlo Franza

 

 

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