Indiana Jones in giacca e cravatta sedotto dal “Potere dei soldi”
Aveva una quarantina d’anni Indiana Jones quando era… Indiana Jones. E Blade runner. Oggi, mister Harrison Ford, doppiate le 71 primavere, ha dovuto appendere il cappello dell’archeologo più dinamico e combattivo del cinema a stelle e strisce e indossare la giacca anche se non sempre la cravatta per contendere a Gary Oldman (Il cavaliere oscuro, Hannibal, Lost in space, Syd & Nancy), un ragazzino che ha spento 55 candeline ma ne dimostra ben di più. La loro è una guerra fatta dietro le quinte dei salotti dell’economia più spregiudicata. La chiamano spionaggio industriale, ma forse c’è di più. E come quando entrava in tombe sepolte nel deserto, sfidava i serpenti, o picchiava i nemici sul tetto di treni in corsa, mister Harrison Ford non è un dimesso signore appena entrato nella terza età neppure nel Potere dei soldi di Robert Luketic, regista australiano cui si deve la commedia brillante Quel mostro di suocera.
Ebbene, nella rutilante New York che offre sempre una possibilità a tutti ma non guarda in faccia nessuno, un giovane intraprendente manager viene utilizzato senza troppi scrupoli da un industriale in ascesa per rubare i segreti tecnologici al rivale in affari. Sulla scena due aziende si contendono con mezzi assai poco leciti la programmazione di un cellulare che, a differenza dei navigatori Gps, è in grado di identificare la posizione del suo possessore all’interno di un palazzo o di qualsiasi altro luogo chiuso e delimitato. Il rampante ragazzotto, inizialmente privo di scrupoli si ritrova ben presto in un gioco molto più grande di lui. E’ usato e, a sua volta, usa gli altri. Nella sua rete cade una donna della quale si innamora alla quale viene costretto a sottrarre segreti e chiavi d’accesso alla sancta sanctorum dell’azienda per la quale lavora come spia di un vigliacco Gary Oldman in versione tycoon da strapazzo.
Quando cerca di sottrarsi al gioco sporco per non sporcare i sentimenti si accorge che è tardi. Dovrà fingere a lungo per tentare di rimettere a posto le cose e perderà la faccia e la reputazione. Ma in ambito di strategie economiche è così. La guerra non ha rivoltelle. Non ha mitragliatrici ma, a loro modo, seminano ugualmente morte e tragedia. Quella guerra fra colletti bianchi, al riparo di lussuosi e vertiginosi palazzi di mille piani a Manhattan, ha l’aspetto rassicurante di cordiali rapporti tra personaggi importanti. Coltre avvolgente per striscianti intrighi e attentati alle spalle. Dietro il paravento di feste e champagne, ristoranti a la page e donne di fascino si consumano imboscate violente. Le mitragliate sono accompagnate da ironiche frasette complimentose. Finte come una banconota da due dollari.
Dove stanno gli affari non c’è il cuore, ricorda un consumato adagio della spicciola retorica eloquente dell’uomo della strada. Ed è questo il limite di una pellicola sicuramente attraente, avvincente e ben girata che, tuttavia, non si discosta molto dalla consolidata e consumata tradizione dei film identificabili in questo genere, ai quali raramente si deve l’omaggio all’originalità. I precedenti più recenti sono La frode di Nicholas Jarecki ed Effetti collaterali di Steven Soderbergh solo per citare due titoli attuali senza perderci nella valle dei tempi. Ma molto più lontano si potrebbe retrocedere. Il potere dei soldi si inserisce a pieno diritto in questa serie e forse l’unica specificità capace di staccarlo dall’omologazione con più frequentati esempi è il tema della privacy. Calpestata e distrutta.
Nel Potere dei soldi tutti sono perennemente in ascolto. Intercettano. Origliano. Spiano. E senza alcuno scrupolo rinfacciano ai diretti interessati ciò che hanno sentito in collegamento clandestino. E nessuno mai rinfaccia l’illegalità dell’atto al diretto interessato. L’attacco alla riservatezza di vita e lavoro è una presa d’atto. Non è possibile costruire una cortina di riserbo intorno a noi stessi nel mondo globalizzato e ipertecnologico del XXI secolo. Il terreno di scontro è la tecnologia cellulare, veicolo capace appunto non solo di spiare ma perfino di rendere noto al mondo intero i contenuti dell’intercettazione. La privacy insomma è morta. Uccisa dalla rivoluzione che ha sconvolto le telecomunicazioni del nuovo millennio. Una fine sancita dal progresso, che inutili leggi cercano ancora di tenere in vita.
Il potere dei soldi ha l’andamento tipico della commedia americana a lieto fine e dai buoni sentimenti dove la New York frenetica, sempre a caccia di primati tecnologico-industriali cede il passo a una New York più equa e giusta, dove i cattivi vengono puniti e ingenui scalatori sociali si ritrovano a meditare sul loro passato davanti a un’immancabile partite di baseball, stavolta tra ragazzini. Poco. Forse troppo poco per nobilitare nomi che hanno un posto di rilievo nella cinematografia d’oltreoceano e sono rimasti, nell’immaginario collettivo, icone di indomabili guerrieri, custodi della storia e del passato in difesa da saccheggiatori spregiudicati del contrabbando d’antichità. Come Indiana Jones, appunto. Sedotto ora dal potere dei soldi.
[youtube qVtbg_EVi3w nolink]