“Il libro della giungla”: addio cartoon Baloo e Bagheera adesso parlano
Chiedete a voi stessi quante vite può valere questo cucciolo d’uomo
Mowgli è triste, non vuol lasciare la comunità degli animali che lo ha allevato. Lui, l’uomo, il padre del bambino, se l’è data a gambe all’approssimarsi del primo pericolo. E tanto basta a quel “cucciolo” per capire che i suoi simili, gli umani, non sono gente affidabile. Esistono i cattivi anche nella fauna e la tigre Shere Khan vuo sottomettere alla propria arroganza tutta la giungla. Un luogo per antonomasia dove la guerra è libera e lo scontro è senza limiti. Per Mowgli però esistono i sentimenti, come per il branco di lupi che lo ha adottato, dopo che la pantera Bagheera (doppiata da Toni Servillo e, nella versione originale da Ben Kingsley) porta loro sull’uscio quell’indifeso bambinetto. Mowgli si schiera con loro, in particolare con Raksha (con la voce di Violante Placido e Lupita Nyong’o nella stesura americana), la moglie di Akela, presto ucciso dalla cattiva Shere Khan. Nuovi alleati cercansi. E allora l’orso Baloo (che parla per bocca di Neri Marcorè e di Bill Murray in lingua inglese) è perfetto per l’occasione. Un gigante di bontà che si commuove e si arrabbia con se stesso quando, per fare il bene di Mowgli, deve “restituirlo” alla comunità degli umani. L’epilogo è notissimo a grandi e piccini, visto che la favola deriva dal testo originale di Rudyard Kipling e ha fatto la storia della letteratura per ragazzi. Come il film Disney che stavolta subisce un nuovo rifacimento.
Il libro della giungla diretto da Jon Favreau (Chef – La ricetta perfetta) non è però un cartone animato. E questa è la prima sorpresa. Il film è girato in live motion, nessun disegno, insomma, per gli amanti del genere. I protagonisti – eccetto Mowgli – sono splendidi animali dal fascino irresistibile sia nella declinazione “selvaggia” come gli elefanti, sia in quella “civilizzata” come lupi, orsi, tigri, pantere, uccelli. E via elencando. Laddove per selvaggio si legga “puro, incontaminato” da qualsiasi forma di associazione collettiva. L’elefante è il re da temere – non c’è traccia di leoni, trattandosi dell’India – mentre gli altri sono l’aspetto consorziale della vita sulla terra. Si organizzano in comunità. Decidono chi governa la regione. Come mantenersi. All’interno del mondo faunistico si assiste quindi a una sorta di eroe rousseauiano che si contrappone ai suoi contrari, declinati al plurale. Il sovrano e la moltitudine. Una differenza sottolineata anche dall’uso della parola che contraddistingue gli uni, ma non gli altri. Muti… come pesci. E a questo proposito, la prima piccola imperfezione di un film gradevole e dal messaggio istruttivo. Il lupo che muove le labbra e le guance sono obiettivamente inguardabili. E ringraziamo il cielo a quattro zampe che gli altri ai quali è donato l’uso della favella, non si abbandonino a mossettine di dubbio gusto. Pur ammettendo la plausibilità della licenza cinematografica.
Come ogni civiltà che si “rispetti” anche quella animale ha un’ambizione impossibile. L’uso del fuoco che le è proibito per natura. Il “fiore rosso” è l’oggetto del desiderio dello scimmione Louie (doppiato da Giancarlo Magalli in italiano e Christopher Walken a stelle e strisce) che obbliga il piccolo Mowgli a trasformarsi in un novello Prometeo che ruba il fuoco agli dei. Anche se nella dimensione uomo non c’è scontro, ma furto. Una vecchia e interminabile storia mai dimenticata. E’ più facile sotttrarre che chiedere. La conquista tuttavia non arricchisce gli animali, come si erano aspettati e la battaglia con la perfida tigre continua acerrima più che mai. A dimostrazione che invidia e sfrenato arrivismo non sempre pagano, sia in versione bipede sia quadrupede. Non a caso a voler possedere il fuoco è l’animale da cui l’uomo deriva le proprie origini, ovvero il primate. La congiunzione è completa e ci si può avviare verso la conclusione con Mowgli che prende consapevolezza del proprio coraggio e decide di usarlo per difendere il mondo animale al quale è profondamente legato da un cordone ombelicale invisibile quanto inscindibile. Non è assente, peraltro, un desiderio di vendetta contro il felino che ha ucciso Akela, il lupo capobranco. Perché quando si tratta di perdonare, tutti – uomini e animali – sono sordi assai, essendone totalmente incapaci.
Il libro della giungla non finisce qui e quella che un tempo fu una favola adattata a cartone dalla Disney riserva un “suo” epilogo anche adesso che la stessa Disney le ha dato vita autonoma. L’altro difetto da notare è la qualità del 3D, certamente bello in assoluto, ma poco valorizzato da questo film in cui le grandi profondità non rendono altrettanto da far apparire la tridimensionalità come un valore aggiunto per lo spettatore. In buona sostanza piace, ma non stupisce. Non cattura. Non seduce. Né provoca l’estasi di una visione che acquisisca qualcosa in più dalla nuova tecnica cinematografica. Ma poco importa, in fin dei conti. Grandi e bambini se la godranno. I piccoli di oggi perché non conoscono la fiaba e per loro sarà una novità. I piccoli di ieri perché faranno un breve ripasso. E i cuccioli d’uomo dell’altro ieri avranno il piacere di immergersi nuovamente in un passato e una fanciullezza sempre troppo lontana. Ahiloro. Per gli amanti dei raffronti completiamo il cast vocale. Il serpente Kaa è Giovanna Mezzogiorno in italiano e Scarlett Johansson in versione Usa. Battaglia persa in partenza, ma danni limitati dall’apparizione del pitone. Un baleno.
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