daniel blake1Daniel Blake, il personaggio che è valso a Ken Loach una Palma d’oro a Cannes, è un cardiopatico risucchiato nel vortice della burocrazia e di un’assistenza sociale falsa e fatiscente. A suo modo e a dispetto dei confini nazionali, è il ritratto di un’Europa che ha problemi di cuore. Ferita. Impaurita. Sotto scacco. Oggi a Locarno, a tre mesi da quel premio, molto ha accresciuto le preoccupazioni.

«Lo Stato – non uno in particolare ma tutti in generale – si disinteressa del singolo. Il cosiddetto welfare è morto. L’uomo precipita in una spirale beffarda nella quale, quando chiede aiuto, si scopre beffato. Un labirinto di porte chiuse. Centralini senza risposta alle emergenze. Improvvisi ostacoli. Paga l’uomo».

Quindi di Daniel Blake è pieno il mondo.
«Chi ha bisogno è più vicino a noi di quanto pensiamo. Li vediamo e non ce ne accorgiamo. Sono le mille forme di povertà che spesso costringono gli indigenti a scegliere se mangiare o riscaldarsi. Diritti che dovrebbero essere acquisiti per tutti. Questo è il dramma».

Invece…
«Invece nei supermercati ci sono i cestini della carità. Donare il cibo. Un gesto nobile, ma non giusto. Nessuno dovrebbe essere umiliato. E costretto a elemosinare un pasto».

E ora la Brexit ha piegato l’Inghilterra. 
«La Gran Bretagna pagherà carissima questa scelta . Almeno nel breve periodo. Hanno vinto gli anziani che in modo massiccio hanno voluto l’uscita. I giovani erano contrari. E i vecchi hanno voluto far sentire la loro voce “urlando” contro chi li dimentica e agevola i macrocosmi economici».

Anche lei ha scelto l’uscita…
«Io sto con i giovani. Abbandonare la Ue non è un rimedio. L’Europa ha tecnologie e potenzialità per costruire un continente più umano. Evitando di offendere l’ambiente. Camminando sulle proprie gambe. Facendo leva su se stessa».

Quindi il voto della Brexit è stato dettato dall’ira.
«Rabbia pura. Ma non è detto che l’ira sia un male».

Che cosa vi trova di positivo.
«La rabbia può rivelarsi costruttiva. È un punto di partenza verso una frontiera nuova. Una sorta di consapevolezza che finora si sono commessi errori».

Anche il terrorismo è una forma d’ira.
«Certo, ma esasperata. Esagerata. Con le pallottole e le bombe non si risolve nulla. Si rischia solo l’approdo verso nuove dittature. Quello che serve è il dialogo e un’azione collettiva».

Per ora impossibile.
«La colpa è stata delle guerre di Bush contro il Medio Oriente. Il colonialismo inglese, nei secoli, aveva già fatto del male. La Storia dice che i britannici hanno tirato linee sulla carta geografica, sentenziando chi avesse il diritto di star dentro o ne fosse escluso. Questo ha alimentato odio».

E ora quella rabbia è il conto che viene presentato all’Europa.
«Serve umiltà nel riconoscere i propri errori. Anche l’Europa ne ha fatti. Se non avesse tirato confini e condotto guerre, ora non avremmo i kamikaze. Bisogna costruire il domani con i propri mezzi e le proprie mani. Senza la volontà di dominare gli altri. Noi europei abbiamo fatto solo i nostri interessi. Miopi, peraltro. Sbagliando nell’identificarli. E ora molto – forse troppo – è da correggere».

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