_X6A7529.CR2Ogni attimo va vissuto con la maggior intensità possibile

Quella di Richard era stata una vita morigerata fino a quel momento. Gli eccessi non gli appartenevano. Niente fumo. Poco whisky, che nella sfera anglosassone è una notizia. E niente tradimenti. L’esistenza era stata capricciosa anche nel momento più drammatico. Il verdetto di un medico. Un male incurabile. Sei mesi di vita. Perché quando Richard (Johnny Depp) decise di dirlo a moglie e figlia, anche quella volta si trovò scavalcato. “Sono gay” disse la ragazzina. “Ho un’amante ed è un tuo collega” aveva rincarato la consorte. E la sua tragedia, Richard se l’era tenuta per sé. Salvo poi dirla, distillata nei tempi e nei modi. Quando credeva che fosse il momento e l’interlocutore giusto. Però da allora tutto cambiò. Il professore di inglese che non aveva toccato una sigaretta aveva provato la marijuana. Aveva alzato il gomito. Aveva selezionato i suoi studenti per l’ultimo ciclo di lezioni prima della fine. Perché “ciò che si vive ha un valore e non tutti lo meritano”. Addio convenzionalismi. Bisessualità e unioni occasionali erano entrate nei suoi giorni con l’incedere bizzarro di chi vuol togliersi il gusto dell’attimo, prima che ogni attimo sia finito per sempre. E poco importa se la cameriera del pub gli si concede senza remore davanti agli studenti che proseguivano il corso nei luoghi più impensabili. Un locale pubblico. Un prato. Il cortile di casa. Una passeggiata. E addio anche alle piccole ipocrisie quotidiane. Le opere “artistiche” della moglie finivano nel tritatutto della sincerità. Squallide e volgari solo per maliziose somiglianze. Il professor Richard non faceva sconti. Se la sua vita era al capolinea lo doveva essere anche la finzione.

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Arrivederci professore di Wayne Roberts è un disincantato addio alla vita di un uomo che sa di non avere più tempo. La trama, insomma è scontata e poco originale. Il cinema vanta una consistente galleria di titoli su questo tema come su quello della malattia in generale, anche giovanile. Spaccati di “ultimi istanti” e “carpe diem” all’ombra di patologie in molti casi tanto rare da apparire al tempo stesso una sorta di divulgazione didattica. Ciò che non si conosce arriva al pubblico attraverso una storia raccontata sul grande schermo. Il film si inserisce dunque in questa cornice, già ricca di esempi, che non lo rende un pezzo unico tuttavia il taglio della narrazione, pur ammiccando al professore mitico idealizzato de L’attimo fuggente, costituisce un motivo di disincanto che stempera la drammaticità di una morte annunciata. La fine imminente è dunque la chiave che conferisce valore anche alle circostanze spicciole e dà prestigio anche a quello che normalmente passa quasi inosservato. Una valutazione che derubrica la povertà delle vite, individuata nel tradimento della moglie e nelle piccole sofferenze adolescenziali della figlia. Lezioni di vita che sembrano sommarsi a quelle della letteratura sulle quali si regge la professione di Richard. Un insegnamento che diventa un testamento man mano che i dolori del giovane Richard divengono di dominio pubblico. L’operazione psicologica che si espande a macchia d’olio sembra una vittoria anticipata sulla fine, descritta in una scena che ricorda l’epilogo di Thelma e Louise pur con sensibili differenze.

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Il professore e il suo cane Jibbles sono al bivio. Di fronte c’è un baratro annebbiato dall’oscurità. È la notte dei viventi più che quella di un dramma presente nelle pieghe di una quotidianità fatta di cure rifiutate e di terapie di gruppo. Altrettanto aborrite. Richard è solo con se stesso e non è un caso che ancora una volta sia un animale il compagno fedele di un futuro indefinito. Fatto di tenebre e mistero. “Scusa Jibbles” conclude l’insegnante con l’ultima carezza. Lui, il piccolo, accetta il destino. Fiducioso. Una nuova lezione, stavolta intrisa di amore, che giustifica l’ormai preponderante presenza di Fido sul grande schermo. Dove l’uomo cade nelle mille frastagliate sfumature dell’infedeltà umana svetta la presenza canina con il suo inestimabile e sconfinato bagaglio di silenziosa saggezza e gratuito sentimento. Una presenza che si moltiplica sul grande schermo e continua a proporre ruoli di prestigio a quattro zampe. Il ricordo – con i medesimi ingredienti ma differenti esiti – corre allo spagnolo Truman, recentemente ricostruito nella versione italiana di Domani è un altro giorno. Ultimi attimi. Ultimi momenti. Ultimi palpiti che un cagnolino condivide più di infiniti esseri umani dotati di parola ma muti nell’espressione evanescente dell’ottusità.

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