Goltzius and the Pelican Company
Nell’arte dell’incisione, Hendrik Goltzius fu uno dei volti eccellenti del XVI secolo e il suo nome, in Italia poco frequentato, nei Paesi Bassi è trattato alla stregua di Rembrandt per la pittura. L’accostamento, che forse non si giustifica del tutto a livello artistico, trova invece cittadinanza sul set di Peter Greenaway, regista britannico – quindi legato al regno d’Olanda come la nazione cui appartiene – con la passione dichiarata e manifesta per l’arte figurativa che lo ha spinto a rappresentarla come protagonista in alcuni dei suoi film più importanti. Goltzius and the Pelican Company, in particolare, è un’opera del 2012, diretta al pubblico che ama i lavori dell’autore inglese, lontanissimo dai gusti cosiddetti generalisti. Sia per gli argomenti scelti, sia per l’aspetto formale ed estetico. Una caratteristica che lega indissolubilmente questo titolo a un altro di pochi anni anteriore, Nightwatching, incentrato su un episodio della vita del pittore fiammingo. Il quadro, per giocare con parole e concetti, appare quindi chiaro e i due personaggi sono in netta correlazione anche se distinti in due differenti film, indipendenti l’uno dall’altro. Un sottile filo oscuro li lega ed è lo stesso tratto che ha spinto la Cineteca di Milano a rimetterli in vetrina. Goltzius e Rembrandt, dunque, figure diverse ritratte nell’oscurità del progetto intellettuale e creativo inscindibilmente connesso all’ambientazione socio-storica di cui sono espressione.
Goltzius vuol dare alle stampe un volume di incisioni erotiche derivate da alcuni fra i passi più controversi dell’Antico Testamento. L’idea può prendere forma solo grazie alle sovvenzioni del margravio alsaziano che acconsente solo a patto che l’artista e la Pelican Company siano in grado di mettere in scena, davanti alla sua corte, gli episodi biblici prescelti, legati ad alcuni fra i vizi capitali. Goltzius accetta e finisce per allestire quadri teatrali ispirati al voyeurismo con riferimento ad Adamo ed Eva. L’incesto, impersonificato da Lot e le sue figlie. L’adulterio, collegato all’episodio di Davide e Betsabea. La prostituzione simboleggiata dall’episodio di Sansone e Dalila, in realtà vista attraverso il tema del tradimento. La necrofilia collegata alle evoluzioni della danza di Salomè e alla decapitazione di San Giovanni Battista. La scenografia si arricchisce dunque fino alla complessità. Greenaway ricorre a un uso ripetuto delle sovrapposizioni in dissolvenza che in una sorta di osmosi bidirezionale si spostano dal primo piano del narratore con una carrellata di quadri ad argomento sacro della pittura classica alle sue spalle fino alla rappresentazione scenica degli stessi episodi. Da qui a individuare tratti che riportano la mente ad ambienti tipici dell’impressionismo tedesco di inizio Novecento non è poi così difficile.
Un cinema che si fonde con il teatro e al tempo stesso con l’arte o addirittura – attraverso l’arte figurativa e per mezzo di essa – con la recitazione attoriale dello spettacolo dal vivo. Tecniche diverse e miste che concorrono a un tutt’uno, quale risulta l’opera filmata da Greenaway. La plasticità dei corpi, più spesso nudi che vestiti, si accavalla e sovrappone in un percorso che vuol evidenziare proprio la riproducibilità tecnica e, al tempo stesso, la fruizione e il consumo virtuale del sesso. E questo è un tema molto vicino al mondo attuale, tanto lontano invece da Goltzius quanto inestricabilmente connesso ai media diversi, attraverso i quali scorre oggi l’offerta corporale e la ricerca del piacere della carne. Il mondo cibernetico e virtuale diventa il riferimento non espresso ma indirettamente chiamato in causa dal regista, che sembra voler partire proprio dalle teorie di Walter Benjamin per poi approdare alla corruzione dei costumi del terzo millennio attraverso le arti, perché – a ben osservare – ci troviamo davanti a un’espressione che è teatro, cinema e pittura al tempo stesso. In una sintesi estrema, l’immagine. E se Goltzius and the Pelican Company è profondamente ancorato alla società, altrettanto si può dire per Nightwatching in cui un sorpreso Rembrandt si accorge che, dietro la famosa Ronda di notte che è intento a ritrarre, si nascondono cittadini comuni e mercanti, improvvisatisi soldati per gioco con il secondo fine del lucro. Citazioni all’epoca talmente evidenti da attirare al celebre pittore le ritorsioni degli stessi soggetti portati in primo piano, che minacciano vendette. Ancora una volta un’arte calata nel profondo della società e nel tessuto di un’epoca controversa che oggi, attraverso il cinema, in quella società controversa finisce per tornare.