Anna Povliatova era una spia ma la differenza con tutte le altre sue colleghe del passato e del presente, in realtà o sugli schermi, è che lei cercava solo una vita tranquilla. La ricompensa chiesta era sempre la stessa. Non dobloni. Non dollari su un conto cifrato sull’isola che non c’è. Semplicemente la possibilità di uscirne integra. Viva e vegeta. Non così scontato per chi, di mestiere, uccide e tradisce. Anna di Luc Besson è un film vero, nel senso che nasce per arrivare in sala ma in questo scorcio di secolo è arrivato sul web, nel catalogo Prime, se non fosse che Eagle pictures lo ha diffuso anche per dvd e blu ray facendolo così entrare nelle case di chi vorrà conservare questo titolo di spionaggio, altamente adrenalinico e narrato alla maniera postmoderna, senza un fluire continuo della trama ma come un racconto dove l’attenzione è richiamata da un personaggio e il passato, come pure il presente, sono spiegati attraverso parentesi, un tempo chiamate flashback o flash forward, ma oggi sono qualcosa di diverso da semplici balzi narrativi avanti o indietro. Tuttavia, siccome Besson è regista abile e a suo agio in questo genere specifico, con trascorsi autorevoli e consolidati come Leon Nikita, il montaggio è attentamente studiato e non ci si ritrova, come invece spesso accade, davanti a un’insalata mista di sequenze scoordinate e senza capo né coda, dove lo spettatore è chiamato a ricomporre un’illogica cornucopia trasformandola in un mosaico logico e comprensibile.

Anna è Saša Luss, supermodella russa che ha già recitato per Besson in Valerian e la città dei mille pianeti, ora chiamata a menar le mani e nemmeno poco, seppur controvoglia. Lei sostanzialmente sarebbe una tenerona ma, se si tratta di carpire segreti e trattare da pari a pari, non ha nulla da imparare da nessuno. Così nel maneggiare le armi come nei rapporti sentimentali, dove si finge omosessuale ma in realtà è un’etero impenitente. E perfino nel patteggiare con russi e americani e talvolta perfino all’interno dello stesso Kgb, con due capi che si fanno la forca, dei quali una è la quasi irriconoscibile Helen Mirren, con gli occhialoni da bibliotecaria di cent’anni fa, che tenta di costruire un bel cappottino di legno per il suo principale alla Lubianka. Insomma c’è tutto fuorché il sentimento perché in Anna, come in ogni film di spie che si rispetti, ognuno bada indistintamente solo e soltanto a se stesso. Limitatissimi, per non dire quasi nulli, i risvolti morali. Quello di Besson è un film per divertire gli amanti dell’avventura e delle sparatorie, soprattutto se la protagonista è una sorta di 007 in gonnella, con pistole e autoreggenti. Un personaggio di fascino per i maschietti e un’esempio di emulazione per le femminucce, nel secolo della donna aggressiva che si fa una scorpacciata di tanti ometti senza spessore ma con molta forza bruta o scarsa lungimiranza, come il grigio burocrate del Kgb con cui Anna gioca a scacchi.

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