Markette e collette del pop in crisi
D’altronde, finiti i soldi, si cercano le idee. E nel pop si cercano disperatamente. Per allestire video. Registrare dischi. Partire in tour. Addio ai bei tempi, quando giravano (ed entravano) miliardi. Ora manco milioni. Perciò tutti, dalle superstar con la puzza sotto al naso fino agli esordienti obbligati a tapparsi il naso, le parole chiave sono ormai due, che fanno chic ma impegnano assai: product placement e crowdfunding. Ossia, pubblicità più o meno occulta in canzoni o videoclip e raccolta fondi tra i fan sul web. Il product placement viene da più lontano (il primo caso è di una canzone del 1908, Take me out to the ball game, nel quale si citava la Cracker Jack, produttrice di popcorn e arachidi) e sta letteralmente esplodendo. In sostanza, fateci caso: sempre più spesso nei video compaiono marchi famosi, griffe, oggetti facilmente riconoscibili. Una volta la musica se la cantava da sola, era autosufficiente o quasi. Ora ha bisogno dell’aiutino (aiutone). Esempio: nel video Telephone, Lady Gaga ha una lattina di Diet Coke tra i capelli e, insieme con Beyoncé, sfoggia a stretto giro oggetti Virgin, Polaroid e Hewlett Packard. Tanto per capirci, i videoclip sono diventati come quei film italiani anni ’60 e ’70 (spesso B movie ma non sempre) nei quali si inquadravano pacchetti di sigarette, bottiglie di whisky, marchi di automobile eccetera. Crisi allora e crisi ora. E la lista è sterminata. Avril Lavigne forse ha fatto il record perché nel suo What the hell esibisce computer Sony Vaio, camere digitali Sony Ericsson, vestiti Abbey Dawn e persino un profumo della propria linea. Idem Jennifer Lopez: in Out of the floor non si fa mancare Bmw, Swarovsky e whisky Crown Royal. Ma comunque, dal Jack Daniels (Ke$ha in Tik tok) fino allo champagne Cristal (Jay-Z) l’elenco è sterminato anche perché il product placement può essere visuale, verbale (citazioni in testi) o addirittura integrato (ad esempio nella celebre My Adidas dei Run Dmc). Tutto bene, ma quanto rende? Difficile fare conti concreti perché si tratta realmente di endorsement complicati. Però si dice che il video Hold it against me abbia portato nelle casse di Britney Spears almeno mezzo milione di dollari (fonte TMZ). Insomma pop marketta. Certo sono lontani i tempi di This note’s for you, la canzone di Neil Young del 1988 che prendeva in giro Michael Jackson e Whitney Houston per sfruttare la musica allo scopo di vendere prodotti. Stavolta si fa di necessità virtù. E il crowfunding lo dimostra: dischi registrati grazie ai soldi dei fan attraverso il web. L’anno scorso è stata un’operazione da oltre 220 milioni di dollari in tutto il mondo: e con poco più di un milione Amanda Palmer è finita al decimo posto su Billboard con Theatre is evil. Perciò anche Public Enemy e George Benson ci stanno provando. E pure in Italia decolla (soprattutto con la rampante Musicraiser): il prossimo cofanetto Vicini per chilometri dei CSI di Giovanni Lindo Ferretti nascerà così, con il crowdfunding, l’ultimo escamotage di chi per suonare la musica deve far cantare l’inventiva.
Soccia che due maroni questo Ligabue.
Si fara’ anche cose accettabili, ma fantasia zero eh!
Luciano Ligabue annuncia su facebook i titoli di due delle canzoni contenute nel suo prossimo disco, il successore di “Arrivederci Mostro”.
Ligabue ha pubblicato una fotografia che ritrae un pezzo di nastro adesivo incollato su un mixer recante la scritta “Il Muro Del Suono” alla quale ha aggiunto questo commento: “Fra le cinque opzioni sotto, tre sono giuste. Volete provare a indovinare? 1 – una dichiarazione d’intenti; 2 – lo stile di produzione musicale di Phil Spector; 3 – il titolo dell’album a cui sto lavorando; 4 – il titolo di una canzone dell’album a cui sto lavorando; 5 – un fenomeno fisico prodotto quando si raggiunge la velocità del suono.” Il giorno dopo la risposta: “Le tre opzioni giuste sono: 2 – lo stile di produzione musicale di Phil Spector; 5 – un fenomeno fisico prodotto quando si raggiunge la velocità del suono. E… sì: il titolo di una canzone dell’album a cui sto lavorando”.
Poco dopo anche il titolo della seconda canzone, “Ciò Che Rimane Di Noi”.
E così l’attesa per il ritorno di Ligabue aumenta…
commento personale: si pero’ che palle, settembre soliti concerti all’Arena , a novembre disco nuovo e nel 2014 tour negli stadi, fantasia zero sotto zero eh. Almeno introducesse, chesso’, delle tastiere live e su disco, bah
Che amarezza, speriamo bene!
La storica etichetta milanese, fondata nel 1972 da Gianni Sassi, Sergio Albergoni e Franco Mamone, punto di riferimento di tutta la scena alternativa italiana di quegli anni, passa nelle mani della Sony Music. La Cramps Records divenne un simbolo grazie allo stile degli artwork ma anche grazie alle opere pubblicate (la prima in assoluto, il capolavoro “Arbeit Macht Frei”). Tra gli artisti trattati, gli Area, Alberto Camerini, Eugenio Finardi, gli Skiantos e tanti altri. Dopo diversi passaggi, prima alla Dischi Ricordi, poi alla Phonogram ed infine alla Baby Records, nel 1980 chiuse i battenti per riaprire, con vesti rinnovate, solo dieci anni dopo. Ora passa nelle mani della Sony Music, per una “svolta importante”, come l’ha definita Erik Alfred Tisocco, attuale Presidente della Cramps, “[…]perchè riteniamo che Sony sia una realtà prestigiosa, in grado di valorizzare ancora di più la storia e l’importanza di questo catalogo”.
http://www.youtube.com/watch?v=BGU1V_esCLw&feature=player_embedded
(ondarock.it)
Una bella notizia dell’ultima ora, per chi vuole e a chi piacevano :Tears for Fears.
Mentre Curt Smith in questi giorni esce con il quarto album solista ‘Deceptively Heavy’ (il primo in cinque anni, 16 luglio in digitale e successivamente via Amazon), viene confermata la ripresa dell’attività Tears For Fears. A giorni infatti Smith e Roland Orzabal si ritroveranno in studio per dare un seguito al reunion album del 2004 ‘Everybody Loves a Happy Ending’. Ad inizio anno il sito ufficiale si era “aggiornato” celebrano i 30 anni del debutto ‘The Hurting’. “Thanks for an amazing 30 years. This year is going to be a big one. Get ready! – Curt & Roland”. Simpatica e genuina infine, la galleria fotografica presente sul profilo Facebook dello stesso Smith, che racconta di un recente viaggio in giro per l’Italia con la propria famiglia.
dal blog nerdsattack
http://www.youtube.com/watch?v=aI9lo5BRJmg
vabbe’ Don ci siamo capiti.
Ma i mancuniani Blur (dello United) e gli Oasis (notoriamente del City) perennemente in litigio per anni e anni ,visti live almeno dieci volte, ti assicuro che di pop o “pop” non hanno tanto. Ma comunque in generale siamo d’accordo, anche siamo in zona “alternative” , rock talvolta forse piu’ vicini al punk in certe canzoni.
Ma alla fine della giostra c’e’ sempre la musica che ha il POWER, tutto il resto conta poco. Purche’ sia buona. Oggi ad esempio mi sono piacevolmente sorpreso, e a tratti estasiato, dalla fantasia creativa (e non solo elettronica) dei These New Puritans. Ciauz.
Dai pop-rock Buzz. Non volevo essere troppo rigido perché a cercare il pelo nell’ uovo quasi nessuno fa “pop” puro.
Sul resto concordo con te, anyway.
Che i Blur facciano o abbiano fatto pop, beh questa mi e’ proprio nuova. Anyway anyhow, anche nella musica, per dirla “papale papale” in modo schietto e netto, come in ogni campo , markette sono sempre esistite e oggi ancora di piu’. Per restare a galla si fa di tutto e di piu’. Ma la musica ,come un quadro o e’ bella o e’ brutta. Giratela come volete. Vendere piu’ dischi non significa sempre ( a volte si’ pero’) musica di qualita’. Amen.
Certo che ha una marcia in più, ma non è detto che sia una marcia in più musicale. Britney Spears ha musicalmente una marcia in più rispetto ai Foals o i Phoenix solo perché vende di più? Io direi proprio di no, siamo qui a parlare della musica, non delle vendite, e finché avrò fiato in gola e forza nelle dita continuerò a sostenerlo.
Inoltre attenzione. Io amo il pop, l’ ho detto e ripetuto più volte, semplicemente non mi piace una parte del pop mainstream, ma anche parte di quello undergound. Però ad esempio amo Janelle Monaé, credo che Prince sia stato un fenomeno (altro che Jackson), non ho problemi a dire che Madonna ha inciso pezzi eccezionali (Ray of light, Frozen, like a virgin…), idolatro i Blur. Poi ci sono tante altre cose che sostengo siano fuffa e non credo che debba cambiare idea perché vendono, preferirei farlo sotto un profilo musicale. Se poi si arriva a sostenere che pop è quel che vende (e quindi quello ben fatto è quello che vende di più) a questo gioco al massacro io non ci sto.
Non mi sembra di aver mai sostenuto che nessun genere sia “l’ antimusica”, ma di aver espresso mie opinioni su singoli artisti. Se proprio vogliamo inoltrarci su questo argomento come mai qui siamo così restii a parlare di techno? Eppure è un genere ormai sedimentato nel tempo (sarà vent’ anni che esiste) ed è amato da milioni persone. Perché non parliamo anche di James Holden? Perché non diciamo che gli Orbital sono stati uno dei più grandi gruppi della Storia? Perché non ammettiamo che gente tipo Drexciya, Robert Hood e Carl Craig siano stati dei luminari? Perché non parliamo del rapporto tra punk (e post-punk) e techno che negli ultimi è sempre più evidente?
Eh no ragazzi, io preclusioni di genere non ne ho mai fatte (anche perché i generi non esistono) ma rivendico la possibilità di dire che un artista vale poco anche se vende tanto (argomentando, sia chiaro).
Concordo con estranged. Chi ce la fa per più di 3/4 anni vuol dire che ha una marcia in più.
Paolo è colpa di internet…frase scontata ma quantomai veritiera. E chi ha la forza di farlo vive, anzi stravive di concerti..vedi i Bonjovi soldout dappertutto. Un tour d’altri tempi negli stadi di tutto il mondo. Fantastici.
Sull’incapacità delle icone pop, ovviamente non concordo con Don van. Siamo sempre lì.. a questi livelli non esistono le schiappe, ma solo quelli che ti piacciono e non. Ce la fa uno su 500mila (forse)…ed il talento conta sempre..assieme, è chiaro, ad altri fattori. Continuare a vedere nel pop l’antimusica è una visione molto superficiale e presuntuosa…sapessi cantare e danzare come Robbie, Lady Gaga, o meglio ancora Prince o Madonna..non saresti qua a scrivere, caro Don;).
ogni settore o quasi sta perdendo migliaia di posti di lavoro e chi lavora come il sottoscritto ( che e’ una fortuna) deve fare il conto con i centesimo.
La musica e’ ahime’ come la benzina. Troppi costi aggiunti al prezzo finale del disco. In Uk da hmv o su Amazon si trovano i medesimi dischi alla meta’. Noi li paghiamo anche 20 euro,loro te ne danno due. Consultate sui siti quello che dico, hmv.co.uk o amazon.com
Le labels sono delle lobby che hanno contribuito a ROVINARE il settore, a questo ci aggiungo in Italia anche la Siae.
E comunque anche le etichette si stanno rivoluzionando con vendite,accorpamenti e altro.
Ma per noi fruitori dico: ben venga internet che almeno ti permette di preascoltare e poi di scegliere cosa acquistare.
Altro: le band non vendono e fanno tour su tour per recuperare cio’ che perdono dalla mancata vendita dei dischi. E i concerti spesso e volentieri costano tanto. Bisogna ahime’ fare delle scelte dovute come in qualsiasi settore merceologico. Come nei consumi e quindi nelle utenze. Purtroppo tolgono l’IMU ma poi aumentano bolli, tares e via dicendo. Siamo in un momento tragico, ma a me certe volte mi pare di vivere sotto dittatura. Per pagare le tasse non vi dico che acrobazie ho dovuto fare. E chissa’ se il mio denaro andra’ almeno a buon fine. Qui Paolo c’e’ bisogno di una vera rivoluzione, milioni di persone sono senza lavoro, perdono tutto e a noi ci tocca vedere in tv tutta quella gente che ci ha preso in giro e che continuera’ a farlo. Per concludere dico anche che tutto il sistema ha anche rovinato la musica come cultura, dalle trasmissioni tv trash ,all’enfasi dei tormentoni. Basta vedere le home page di certi quotidiani o certi siti infarciti di titoli rubbish. E poi non si finirebbe mai di parlare. La colpa dei 22mila posti di lavoro in meno del settore non e’ pero’ causato solo dalla crisi, ma dalla pessima gestione dei piani alti, da labels alla grande distribuzione. Umili opinioni, ma tanta rabbia questo si. Ciao a tutti, quanta amarezza.
Estranged, solo negli ultimi tre anni l’industria discografica italiana nel suo complesso ha perso 22mila posti di lavoro. Forse non capiamo esattamente la mostruosità di questa crisi.
Mah, vorrei far notare che se le grandi icone pop (che effettivamente non sanno suonare, cantare e comporre) ricorrono a questi espedienti quei bravissimi musicisti che invece sanno cantare, suonare e comporre se la passano molto molto peggio perché vendono comunque meno o sono addirittura semi-ignorati. Nella categoria di quelli che non sanno fare musica non rientrano di certo i grandissimi Public Enemy, per dire.
Inoltre c’ è un altro problema: nel 2013 la produzione del disco ha una rilevanza importantissima, soprattutto dal punto di vista commerciale ed in pochi possono permettersi l’ accesso a strumenti costosissimi.
Chiedetelo a quel genio di Michael Gira che su facebook pochi mesi fa ha pregato tutti i fan degli Swans di non far girare il loro ultimo disco illegalmente perché per ottenere un risultato tanto pregevole (ed in effetti The Seer è un disco molto riuscito) hanno speso tempo, fatica ed una barca di soldi.
Quindi si, la situazione è più complessa ed il momento è difficile.
beh..il discorso mette molta tristezza e onestamente non mi ero accorto dell’ampiezza di questo fenomeno. Però se non si vendono più dischi in qualche modo bisogna guadagnare..inutile ripetere che non si suona o canta solo per avere una medaglia.
Bobo, il momento è molto difficile.
caro Paolo, se fossi polemico, ti dovrei invitare a rileggere il tuo scritto su Macca…
che non credo abbia mai avuto bisogno di marchette e collette…
come pealtro altri nomi internazionali e nazionali…
forse ci stiamo abituando al massimo del basso (non Hofner), cioè siamo inclini ad accettare tutto dai divi degli spot, ma di sicuro ben poco artisti della musica.
Giornata di grandi annunci quella di oggi: ci sono anche nuove date dei Depeche Mode, che dopo le due di luglio si esibiranno nuovamente a febbraio.
Dave Gahan, Martin Gore e Andy Fletcher saranno martedì 18 febbraio al PalaOlimpico di Torino, giovedì 20 al Forum di Assago (Milano) e sabato 22 all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna). Biglietti in vendita dal 3 luglio per chi ha l’American Express, dal 5 per tutti gli altri (non abbiamo ancora le info sui costi).
Ricordiamo anche gli show più imminenti del terzetto inglese, quelli negli stadi: giovedì 18 luglio a San Siro (Milano) e sabato 20 all’Olimpico (Roma).
indie-rock.it
Fosse così facile, caro Bobo.
ma imparare a suonare, cantare e magari comporre, no?
Sono d’accordo e convinto.
Ma alla fine della storia, se un disco e’ bello resta bello, non vendera’ tanto ma sara’ cantato live spesso, sara’ visualizzato su youtube, ascoltato su spotify, downloadato a pagamento e anche piratescamente. Prima con internet e myspace ricordo a memoria gli Arctic Monkeys vendettero 360mila copie del loro primo album. Certo c’e’ da chiedersi: solo curiosita’ per my space o per la band? Per quanto sta succedendo penso che gli Arctic Monkeys abbiano avuto ragione visto il successo che hanno con gli album e i live spesso sold out.
Certo che ora nella musica per “attecchire” ci vuole un brainstorming alla Saatchi and Saatchi o alla Armando Testa Spa, tra creativita’, marketing e mediaplanner. E su questo penso che non si possa dubitare. Ciao a tutti.