Politica

L'odio dei politicamente corretti

L'odio dei politicamente corretti

Me ne sono tenuto alla larga il più possibile, tanto lo considero un dibattito stucchevole. Siamo usciti da un’emergenza sanitaria senza precedenti per poi trovarci impantanati in un surreale braccio di ferro tra l’ottusità della dittatura del politicamente corretto e il dono dell’intelletto che, di questi tempi, mi sembra manchi davvero a tanti. Il caso Floyd, l’afroamericano ammazzato da un poliziotto nelle strade di Minneapolis, è stata la miccia per far esplodere un odio che covava sotto da tanto tempo. L’odio contro il buon senso. Così dobbiamo assistere ai raid di un manipolo di scalmanati, che la prof di storia boccerebbe seduta stante, e al moralismo perbenista di chi si fa più censore della censura dittatoriale. E, scherzo del destino, a finire impallinato finisce uno dei boss del politicamente corretto, mister Mark Zuckerberg, colpevole di non essere abbastanza censore. Che mondo assurdo!

Verrebbe da chiedere: là fuori c’è ancora qualcuno normale? C’è ancora chi pensa che, se facciamo vedere Aladdin o il Libro della Giungla ai nostri figli, non li cresciamo come pericolosi razzisti? C’è ancora chi ritiene carta straccia l’articolo di Variety in cui bolla come “film scorretti” capolavori come Indiana Jones o Forrest Gump? C’è ancora chi strabuzza gli occhi nel vedere i colossi dei prodotti di bellezza fare a gara per far sparire dai propri magazzini le creme sbiancanti? Secondo me siamo rimasti davvero in pochi. O, per lo meno, in pochi siamo disposti a far sentire la nostra voce. Forse perché sappiamo che a dire l’ovvio ci si becca le accuse peggiori. E così ci ritroviamo, ormai ogni giorno, subissati da notizie folli. L’ultima in ordine temporale? I Simpson, cartone nato dall’abile matita di Matt Groening per deridere il politicamente corretto, hanno fatto sapere che “non useranno più attori bianchi per doppiare personaggi non bianchi”. Ma ciucciati il calzino, direbbe Bart e, facendo spallucce, si attaccherebbe alla bomboletta spray per scrivere sul muro della scuola “Il preside fa schifo”. Se lo facesse su Facebook o su Tik Tok, il comitato studentesco lo impallinerebbe tacciandolo di essere un fomentatore d’odio. Lo stesso capo d’accusa mosso nelle ultime ore contro Zuckerberg.

Su Facebook c’è odio? Non più di quello che c’è a un semaforo verde con le macchine congestionate e immobili nel traffico delle sei di pomeriggio. Su Facebook c’è libertà di espressione? Per carità! Apriamo gli occhi una volta ogni tanto. Accusano i vertici del social network di non fare abbastanza censura per fermare l’hate speech. Ma vi assicuro che su tutti i social, come anche i motori di ricerca, la censura c’è eccome. Ne sa qualcosa il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che quando ha scritto che, se le proteste fossero degenerate in disordini e saccheggi, avrebbe dovuto mandare l’esercito a fermare i rivoltosi. L’hanno bollinato come un odiatore. Oggi giorno, ormai, tutto puzza di razzismo. E chi è più puro epura i meno puri. Si arriva persino a riscrivere il passato e a prendersela con le statue. A Milano, per esempio, questa furia iconoclasta è arrivata a prendersela con Indro Montanelli, con le femministe in prima linea ad accusarlo di stupro. Follia! E che dire di Winston Churchill bollato come un razzista o Cristoforo Colombo a cui addossano lo sterminio degli nativi americani.

Ma come siamo arrivati a questo punto? È il risultato di anni di campagne nefaste in cui, a tutela delle minoranze più starnazzanti, si faceva a pezzi la normalità. È anche il risultato di innumerevoli (e strapagate) commissioni internazionali contro l’odio che non sono diventate altro che tribunali del popolo pronti a ghigliottinare chi la pensa diversamente da loro. Sono gli estensori del politicamente corretto che si dilettano mentre il popolo, quello vero, fa fatica a tirare a fine mese. Negli Stati Uniti sono stati molto bravi a incanalare la protesta e mettere in difficoltà Trump che, altrimenti, avrebbe rivinto le elezioni a mani basse. “Già prima che scoppiasse la pandemia, mi ero reso conto che ci trovavamo in un momento rivoluzionario in cui ciò che sarebbe stato impossibile o addirittura inconcepibile in tempi normali non solo era divenuto possibile, ma forse anche assolutamente necessario”, ha azzardato a dire tempo fa uno squalo come George Soros. “Poi – ha ammesso – è arrivata il Covid-19, che ha sconvolto radicalmente la vita delle persone e imposto una condotta di vita molto diversa. Si tratta di un evento senza precedenti che probabilmente non si è mai verificato in questa combinazione”.

Ora, fermiamoci un istante e chiediamoci: a chi giova questa folle crociata in nome del politicamente corretto? E soprattutto: siamo sicuri che fa il bene della nostra morente società occidentale? O, come ha profetizzato un gigante come Michel Houellebecq, alla fine di questa pandemia “tutto sarà lo stesso. Solo un po’ peggiore”?

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