È ancora un giudice a pronunciarsi sulla libertà di cura. Ed è ancora un dibattimento in tribunale a garantire a un malato di tumore il rispetto degli articoli 3 e 32 della Costituzione italiana, quelli che parlano di uguaglianza e di diritto alle cure gratuite a chi non può permettersele.

È del 16 luglio la prima pronuncia calabrese a favore di un malato di cancro in cura con la terapia Di Bella. Provvedimenti simili si sono avuti a macchia di leopardo in molte regioni italiane, Puglia e Sicilia soprattutto, ma anche Lazio, Emilia Romagna e, ora, arriva anche la Calabria.

Si tratta di una sentenza di secondo grado, immediatamente esecutiva, a favore di Andrea A., trentanovenne cosentino, colpito da carcinoma squamo cellulare rinofaringeo, un tumore che intacca naso e gola e che non si può rimuovere chirurgicamente.

La diagnosi risale all’ aprile del 2011. Il tempo di documentarsi, di consultare i vari specialisti e, nell’ ottobre dello stesso anno, Andrea comincia, a proprie spese, la cura Di Bella.

Il 6 giugno scorso, l’avvocato di Andrea presenta ricorso al tribunale di Cosenza per ottenere il rimborso della terapia ma l’istanza è subito rigettata. Come motivazione il giudice adduce ” l’esito negativo della sperimentazione del 1998″ .

Seguito dallo studio legale Coppa, esperto in responsabilità medica, Andrea non smette di reclamare il suo diritto a curarsi con la terapia prescelta: “Avevo scartato la radioterapia – che pure mi sarebbe stata pagata dal servizio sanitario – per via degli effetti collaterali decisamente pesanti. Mi sarei ritrovato senza salivazione, con difficoltà a deglutire, con infiammazioni delle mucose e soprattutto avrei avuto danni irreversibili ai muscoli della masticazione”.

Negli incartamenti presentati in appello dall’avvocato Massimiliano Coppa c’è l’esito di esami clinici fatti all’Istituto europeo di oncologia di Milano. Risonanza magnetica e tac attestano la regressione del male: dal momento della diagnosi, aprile 2011 al novembre dello stesso anno, la stadiazione del tumore è passata dal T2 iniziale
al T1. Il referto è firmato dallo specialista dell’Unità neoplastica del cavo orale dello Ieo, Roberto Bruschini.

“Un professionista per bene – lo definisce Andrea A. – Bruschini sapeva che stavo seguendo il metodo Di Bella, non mi ha mai detto nulla di sgradevole, anzi, ha espresso soddisfazione per i risultati”. Andrea ha rifiutato anche la chemioterapia “poichè non mi avrebbero prospettato una riduzione del carcinoma”.

Fra i cavalli di battaglia dell’avvocato Coppa, oltre al referto dello Ieo, l’articolo 3 della Costituzione italiana che stigmatizza la disparità di trattamento ” fra pazienti benestanti e non benestanti” poichè Andrea A. non avrebbe potuto affrontare i costi di una terapia di tasca propria.

Nella sentenza si legge: “Visto che dai documenti emerge una risposta positiva al seguente trattamento, visto che la malattia è regredita, il trattamento in questione è da ritenersi determinante per la sopravvivenza del paziente, si ritiene anche che una sua interruzione comporti effetti non rimediabili”.

Così, a colpi di giurisprudenza, continua l’eterna storia dei malati di tumore che scelgono di curarsi con il metodo dello scienziato siciliano Luigi Di Bella, nato il 17 luglio di cento anni fa. La terapia, ufficialmente bocciata dal ministero nel 1998, e ufficiosamente seguita da molti pazienti, ora riceve un implicito riconoscimento anche dallo Ieo.

A voler ricordare non è la prima volta che lo Ieo dimostra “implicita” riconoscenza al metodo Di Bella. Il farmaco cardine della terapia dibelliana, la somatostatina, che Di Bella usa per frenare la crescita e l’angiogensi dei tumori è utilizzata allo Ieo come vettore di altre molecole, nella radioterapia. E nello stesso anno che decretò il fallimento della cura Di Bella, il 1998, Giuseppe Pelicci, oncologo Ieo, meritò il premio Venosta per aver indicato “una nuova strada terapeutica” nella cura della leucemia acuta promielocitica

usando l’acido retinoico, una delle molecole dibelliane.

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