Tim-CookQuella che leggete qui sotto è la lettera spedita da Tim Cook all’Europa dopo la condanna a pagare 13 miliardi di tasse arretrate: non voglio prendere posizione pro o contro sapendo che in questi casi il Bar Sport è sempre in agguato, è un documento. E’ per chiarezza, perché spesso quando succedono cose del genere (e quando c’è Apple di mezzo) la tendenza è di archiviare tutto con un “se la sono meritata”. Dunque: se la sono meritata? Forse sì, o magari anche no, almeno secondo quanto sostiene il gran capo di Cupertino. Di certo, almeno per quanto ho cercato di capire (e penso di aver capito), ci sono alcune cose:
1) Il commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager ha basato la decisione sul fatto che gli Stati membri non possono garantire benefici fiscali alle aziende che vadano contro gli interessi della Comunità Europea e che “Apple deve pagare tasse arretrate, non una multa”;
2) In realtà però non esistono leggi comunitarie specifiche e dunque la decisione entra direttamente nella legislazione di uno Stato, l’Irlanda, che tra l’altro non vuole quei soldi e farà ricorso;
3) Per stessa ammissione degli Stati membri su certe questioni ci vuole l’unanimità, che non si raggiunge mai. Per cui una legge europea sulla questione è ancora molto lontana dal realizzarsi;
4) Apple lavora in Europa da ben prima che nascesse l’Ue: non ha infranto leggi perché queste leggi fino ad ora non esistevano. E ancora non esistono, perché ora dovrebbero essere emanate seguendo il pronunciamento dell’Autorità alla concorrenza;
5) E’ dunque una sanzione retroattiva che può creare un pericoloso precedente per tutte le aziende, piccole o grandi che siano;
6) Apple si infila spesso nelle zone d’ombra delle varie legislazioni, così come fanno tutte le imprese e le persone che hanno un commercialista sveglio. Il ragionamento è: perché pagare più tasse quando posso non pagarle?;
7) Molto spesso il denaro risparmiato le grandi aziende li utilizzano per nuovi investimenti, creando tra l’altro numerosi posti di lavoro. Non è una scusante ma un dato di fatto;
8) Apple dice: siamo l’azienda che paga più tasse al mondo. Questo non vuol dire che se ne deve pagare di più sia giusto risparmiargliele;
9) Ma neanche è giusto far diventare Apple l’azienda che evade più tasse al mondo perché così non è;
10) Apple – così come Microsoft, Google, Facebook o qualsiasi altra multinazionale – non è una Onlus: l’obbiettivo primario è guadagnare. Lecitamente, ovvio;
11) Fa un po’ specie che un’azienda come Apple sia arrivata un po’ impreparata a una condanna che era nell’aria da mesi.
12) Last but non least: Apple non  ha mai detto né scritto che la decisione dell’Ue sarà causa di licenziamenti. Anzi ha detto e scritto che continuerà comunque a investire in Europa.

Quanto sopra insomma è quel che personalmente penso di aver colto dalla vicenda. Quanto sotto è la lettera di Tim Cook. A questo punto, come dicevano una volta i telecronisti di Tele+, giudicate voi…

LETTERA DI TIM COOK ALL’EUROPA
«Trentasei anni fa, ben prima di lanciare l’iPhone, l’iPod e perfino il Mac, Steve Jobs inaugurò la prima sede operativa di Apple in Europa. All’epoca, l’azienda sapeva che per servire i clienti europei avrebbe avuto bisogno di una base nel vecchio continente. Per questo, nell’ottobre 1980, Apple aprì una fabbrica a Cork, in Irlanda, con 60 dipendenti. In quegli anni Cork soffriva di un tasso di disoccupazione altissimo e di investimenti economici quasi inesistenti. Ma i dirigenti Apple vi riconobbero una comunità ricca di talenti, capace di sostenere la crescita dell’azienda se il futuro fosse stato favorevole. Da allora abbiamo lavorato a Cork senza soluzione di continuità, persino durante i periodi di incertezza riguardo al nostro stesso futuro, e oggi diamo lavoro a oltre 6000 persone in tutta l’Irlanda; ma è ancora a Cork che si concentra il maggior numero di dipendenti. Alcuni sono con noi fin dal primo giorno, e tutti contribuiscono con funzioni diverse al successo di Apple nel mondo. Innumerevoli multinazionali hanno seguito l’esempio di Apple scegliendo di investire a Cork, e oggi l’economia locale è più forte che mai. 

Il successo che ha spinto la crescita di Apple a Cork deriva da prodotti innovativi, capaci di conquistare i nostri clienti. È questo che ci ha permesso di creare e sostenere oltre 1,5 milioni di posti di lavoro in tutta Europa: posti di lavoro in Apple, posti di lavoro presso centinaia di migliaia di brillanti sviluppatori che distribuiscono le loro app attraverso l’App Store, e posti di lavoro negli stabilimenti dei nostri produttori e fornitori. Le aziende di piccole e medie dimensioni che dipendono da Apple sono innumerevoli, e noi siamo orgogliosi di supportarle. Come azienda ci comportiamo da cittadini responsabili e siamo altrettanto orgogliosi di contribuire al benessere delle economie locali in tutta Europa e delle collettività in tutto il mondo. Crescendo anno dopo anno, siamo diventati il maggior contribuente in Irlanda, il maggior contribuente negli Stati Uniti e il maggior contribuente al mondo. Negli anni, ci siamo avvalsi delle indicazioni delle autorità irlandesi per rispettare le normative fiscali del Paese; le stesse indicazioni che qualsiasi azienda attiva in Irlanda ha a disposizione. Come in tutti i Paesi in cui operiamo, in Irlanda rispettiamo la legge e versiamo allo Stato tutte le tasse che dobbiamo.

La Commissione Europea ha lanciato un’iniziativa che vuole riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorare le normative fiscali irlandesi e sovvertire così l’intero meccanismo fiscale internazionale. Il parere della Commissione emesso il 30 agosto sostiene che l’Irlanda avrebbe riservato a Apple un trattamento fiscale di favore. È un’affermazione che non trova alcun fondamento nei fatti o nella legge. Noi non abbiamo mai chiesto, né tantomeno ricevuto, alcun trattamento speciale. Ora ci troviamo in una posizione anomala: ci viene ordinato di versare retroattivamente tasse aggiuntive a un governo che afferma che non gli dobbiamo niente più di quanto abbiamo già pagato.

La mossa senza precedenti della Commissione ha implicazioni gravi e di vasta portata. Di fatto è come proporre di sostituire la normativa fiscale irlandese con quel che la Commissione ritiene avrebbe dovuto essere tale normativa. Sarebbe un colpo devastante alla sovranità degli Stati membri in materia fiscale e al principio stesso della certezza del diritto in Europa. L’Irlanda ha dichiarato di voler ricorrere in appello contro la decisione della Commissione. Apple farà altrettanto, e siamo fiduciosi che l’ordine della Commissione verrà ribaltato. Il nocciolo della questione non è quante tasse debba pagare Apple, ma quale Paese debba riscuoterle. La tassazione delle aziende multinazionali è una materia complessa, ma tutto il mondo riconosce lo stesso principio fondamentale: i profitti di un’azienda devono essere tassati là dove l’azienda crea valore. Apple, l’Irlanda e gli Stati Uniti concordano su questo principio. Nel caso di Apple, quasi tutte le operazioni di ricerca e sviluppo si svolgono in California, quindi la stragrande maggioranza dei nostri profitti è tassata negli Stati Uniti. Le aziende europee che operano negli USA sono tassate secondo lo stesso principio. Eppure, oggi la Commissione sta chiedendo di modificare retroattivamente queste regole.

Oltre a evidenti ripercussioni per Apple, questa sentenza avrà effetti profondamente negativi sugli investimenti e sulla creazione di lavoro in Europa. Se valesse la teoria della Commissione, qualsiasi azienda in Irlanda e in Europa correrebbe improvvisamente il rischio di vedersi tassata in base a leggi mai esistite. Apple è da tempo a favore di una riforma delle normative fiscali internazionali, con l’obiettivo di avere più semplicità e trasparenza. Riteniamo che questi cambiamenti dovrebbero essere introdotti nel rispetto delle procedure legislative, a partire da proposte discusse dai leader e dai cittadini dei Paesi interessati. E come tutte le leggi, le nuove norme dovrebbero valere da quando entrano in vigore, non retroattivamente. Noi non rinunciamo al nostro impegno in Irlanda: vogliamo continuare a investire, a crescere e a servire i nostri clienti con passione immutata. Siamo fermamente convinti che i fatti e i consolidati principi giuridici su cui è fondata l’Unione Europea finiranno per prevalere».

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