“Più mercato e meno Stato”? Se cambia l’opinione pubblica…
Si profila un’inversione di tendenza, per l’Italia, dopo anni e anni di statalismo selvaggio? Lo sfondamento della spesa pubblica (con un debito alle stelle che minaccia il futuro dell’intera economia) sta iniziando a preoccupare l’opinione pubblica? Inizia a profilarsi, per la prima volta, una qualche domanda di “meno Stato e più mercato”, che sfoltisca la burocrazia, riduca una tassazione ormai asfissiante ed elimini una larga parte della regolamentazione?
Non è escluso che questo possa avvenire, come anche il dibattito politico di queste ultime settimane – anche al di là dei “rumors” più o meno attendibili – sembra in parte testimoniare. Si ha insomma la sensazione che, finalmente, la contestazione (spesso un po’ superficiale) nei riguardi della Casta stia crescendo di qualità, individuando non già negli errori o nelle colpe dei singoli la maggiore responsabilità dello sfacelo che abbiamo davanti, ma in una lunga storia di incremento sfrenato della spesa pubblica, dell’imposizione fiscale, della legislazione. Se l’Italia è vicina al baratro, è perché troppo a lungo gli italiani e quanti li hanno governati hanno intensamente creduto nello Stato e si sono dunque fatti intrappolare da un sistema prima partitocratico e poi leaderistico ma sempre statalista, che ha progressivamente ridotto la libertà d’azione dei singoli.
Una conferma che il clima sta mutando viene non solo dal profilarsi di nuovi soggetti politici liberali e dal tentativo dei vecchi di rifarsi una verginità, ma anche da quanti sondano in maniera professionale l’opinione pubblica esaminando le affermazioni e le prese di posizioni nei social networks. Il sito “Voices from the Blogs” (curato da un gruppo di economisti, politologi e altri scienziati sociali) ha recentemente esaminato 47.500 tweets pubblicati tra fine giugno e inizio luglio in merito ai tagli, reali o presunti, annunciato dal governo Monti.
Ebbene, i risultati sono assai interessanti.
Dall’esame delle prese di posizioni si evince, secondo i curatori della ricerca, che l’intervento pubblico “sembra oggi essere percepito come invasivo, tanto che quasi 1 italiano su 2 (44,2%) arriva a chiedere meno Stato e più mercato. Per ridurre i costi della burocrazia, infine, più di 1 su 3 invoca il licenziamento per i dipendenti pubblici in esubero (35,2%)”.
Di fronte al problema dei costi dell’amministrazione statale, un 43% chiede che essa sia razionalizzata, ma un 47% chiede senza mezzi termini che sia ridotta, e solo il 10% vuole che sia mantenuta. Perfino quando sono chiamati a rispondere a una domanda molto ideologicamente connotata come “Stato o mercato?”, soltanto il 15% chiede un aumento dell’intervento pubblico nell’economia, il 41% accetta lo status quo e ben il 42% desidera invece un ampliamento degli spazi di mercato (meno tasse e meno regole). Più di un terzo di quanti si sono espressi nei loro tweets, inoltre, ritiene utile e necessaria una diminuzione del numero dei dipendenti pubblici.
Si tratta di risultati che sembrano indicare l’emergere, finalmente, di una società diversa: più disposta a dare fiducia alle forze del lavoro e determinata a ridimensionare il potere di politici e burocrati. Una buona notizia.
Piu’ mercato, assolutamente per non vedere quello che i commercianti diventino: più vetrinai che venditori.
Piu’ Stato (ideologicamente nazionale), possiamo risponderci da noi.
Grazie
sono un’imprenditrice privata che da anni ha smesso di credere nello stato.Ho aperto le mie attività senza chiedere aiuti e senza mai pesare sulla comunità;quando mi sono trovata a dovermi difendere in tribunale da un’accusa di evasione (assolta poi con formula piena)ho capito fino a che punto lo stato è ostile nel merito e i suoi funzionari nel metodo
Riguardo il “meno Stato” sono d’accordo; ciò che mi preoccupa è il “più mercato”. Anch’esso, infatti, potrebbe incepparsi, esaurirsi o saturarsi.Secondo me, sarebbe necessario pensare a qualcosa di nuovo riguardo il mercato, inventarci altri sistemi di domanda e offerta. Una volta riempita l’Africa o ‘Ammazzonia di frigoriferi o di FIAT Punto cosa puoi produrre, per chi? Il nostro mercato si sta autodistruggendosi, è entrato in un imbuto senza uscita. La precarietà di certe Nazioni comincia a svelare la nuova drammatica impotenza nel sapere distribuire le risorse economiche minime, alla sopravvivenza dei propri cittadini. Dappertutto è guerra e nessuno vuole tornare indietro. E’ arrivato il tempo di formare uno Stato mondiale, anche se, purtroppo, non siamo stati capaci di formare un’Europa unita. Le distanze sono enormi come pure i paradossi. Lasciare il mercato così com’è oggi, significa ingolfarci. Esso ha già percorso tanta strada per conto suo, è diventato ingovernabile, caotico, anarchico. Sono le costituzioni dei singoli Stati i primi inciampi da togliere; esse rappresentano i freni dello sviluppo mondiale. Con ciò non voglio dire la fine delle leggi o delle regole, ma rinnovare le vecchie norme guida di tutti gli Stati del mondo, sotto un’unica costituzione commerciale che garantisca a tutti la sopravvivenza. Ciò è utopistico, per qualcuno, ma ritengo che se non si transita per questo difficile sentiero dovremmo affrontare il peggio.
mmi ricordo circa 40 anni fa , la sinistra prometteva , su stile comunista , he lo stato avrebbe educato i bambini per avere una nuova generazione di persone “colte ” io , voce fuori dal coro , ho detto “NO” MIA FIGLIA LA EDUCO IO . poi hanno tirato fuori la barzelletta dell’educazione sessuale a scuola , di nuovo ho detto no. me la educo io , ogni bambino ha una maturità diversa . infatti chi sono i drogati ? quelli che i genitori hanno ceduto la cultura al partito . se non ci credete controllate , andate a leggere giornali seri , non l’unità, degli anni 70 e 80.
Bisognerebbe spiegarglielo anche alle cariatidi del Pd, altrimenti detto Partito del Tassa & Spendi. Berlusconi almeno prometteva di abbassarle. Loro, pur in presenza di una pressione fiscale da record minacciano sempre di aumentarle, ora vorrebbero un’ altra patrimoniale (perchè, l’ Imu che cos’è?). Del resto è la loro ideologia: invece di progredire tutti (cosa che avviene favorendo l’ imprenditorialità), loro sono per ridurre tutti alla miseria: tutti uguali, meno che loro (i dirigenti del Pd), dallo stile di vita alto-borghese o addirittura aristocratico. Se le aziende chiudono, i lavoratori li mettiamo tutti a fare i forestali come nella Sicilia del loro amico Lombardo? E poi chi paga?