L’etica della liberalizzazione delle droghe
Il dibattito sulla droga che ha avuto luogo nelle ultime settimane a seguito della proposta avanzata da Benedetto Della Vedova ha messo in scena un contrasto ben noto: quello tra “realisti”, favorevoli alla liberalizzazione della marjuana (per sconfiggere la criminalità e per evitare la marginalizzazione degli stessi tossicodipendenti), e “idealisti”, volti a sottolineare che ogni droga è dannosa e che bisogna in tutti i modi estirpare questa piaga sociale. Seguendo tali discussioni sembra che si possa essere contro la guerra alla droga solo in ragione di argomenti consequenzialisti e, in definitiva, al fine di minimizzare i danni.
In fondo, uno tra i più autorevoli fautori della liberalizzazione della droga fu Milton Friedman, il quale era un economista neoclassico (di stampo solidamente utilitarista) e basò essenzialmente i suoi argomenti su un’analisi del rapporto tra norme ed effetti. La sua tesi era che il proibizionismo – come già si era visto con l’alcol – non era in grado di togliere dal commercio le sostanze assunte dai tossicodipendenti, favoriva le organizzazioni criminali, marginalizzava ampi settori della società.
Esistono però anche e soprattutto argomenti di principio che militano dalla parte di una più ampia libertà in questo ambito. Gli autori liberali classici che guardano al diritto naturale, in particolare, hanno sempre sottolineato come la guerra alla droga poggi sulla violazione di alcuni cardini fondamentali della società libera.
In primo luogo, combattere il consumo delle droghe significa allontanarsi dalla tradizione giuridica, che ha sempre distinto tra vizi e crimini. In Tommaso d’Aquino era chiaro che non tutti i comportamenti sbagliati, non tutti i “peccati”, vanno considerati come giuridicamente rilevanti. Il diritto ha il compito di impedire che qualcuno attenti alla libertà e ai diritti altrui e non già d’indirizzare l’umanità verso la virtù o la salvezza.
Quanti offrono sul mercato un prodotto o un servizio – che si tratti anche di droga o prostituzione – non operano in maniera aggressiva. Il loro comportamento può essere moralmente riprovevole senza che questo debba comportare una qualche repressione. In fondo, il Dio creatore della tradizione biblica ha fatto gli uomini liberi e questa loro autonomia d’azione va limitata solo se nell’agire dei singoli si rinviene una qualche violenza effettiva su altre persone.
Per giunta, la lotta alla droga è una decisa limitazione dei diritti di proprietà (di chi vende e di chi acquista), accompagnata dall’imporsi di un potere “paternalistico” che si sente autorizzato a definire ciò che è bene e ciò che è male. Il puritanesimo di Stato si ammanta di moralità, ma in effetti produce conseguenze assai deleterie anche di ordine etico.
Non soltanto la vita morale tende ad appiattirsi sui precetti di Stato e su una sorta di religiosità secolare, ma questo espandersi della funzione del potere e del sistema legale finisce per togliere spazio alle agenzie morali di formazione spontanea e libera accettazione. Tanto più lo Stato definisce quale è il confine tra il bene e il male in tema di droga, quanto più è normale che esso si candidi a decidere anche quale deve essere la nostra visione della vita, della sessualità, della famiglia, della spiritualità.
In questo senso sono proprio quanti non guardano allo Stato come all’ultima divinità della storia occidentale che devono nutrire più di una perplessità di fronte all’autoritarismo di chi impedisce che un proprietario ceda sostanze in suo possesso a un altro proprietario.
Invece che pretendere che due adulti non commercino tra loro qualche spinello, va difesa con forza l’autorità familiare, perché è giusto che un padre pretenda che nessuno ceda al proprio figlio (minore) sostanze che egli non vuole che consumi. È un po’ il confine che esiste tra la facoltà – riconosciuta in ogni società libera – di liberi rapporti sessuali tra adulti consenzienti e la proibizione, invece, dell’adescamento di minori e della pedofilia.
In fondo, la lotta dello Stato al libero consumo della droga muove dalla dimenticanza del principio fondamentale della cultura liberale, e non solo di quella: l’idea che l’altro va rispettato e che solo la necessità di impedirgli che aggredisca qualcuno ci autorizza a usare la violenza nei suoi riguardi.
Lo Stato ci considera soggetti da organizzare, manipolare, plasmare a suo piacere, ma una cultura centrata sulla dignità della persona non può accettare questa prospettiva e ciò che ne discende.
Mischiare argomenti legali con argomenti etici é comecon olio e acqua. Non esiste nessuna legge che impedisca il suicidio, per cui se voglio suicudarmi con metodi violenti o fumando o bevendo alcolici o ingerendo droghe é tutto eguale e non c’é nessuna logica per penalizzare l’atto in se. Se in base a qualcuna di queste strategie si fa danno a un estraneo ci sarebbe solo una condizione di una pena con aggravante legale giá che la strategia causale é autonoma. Se le conseguenze di queste strategie apporta danni finanziari allo stato questo si puó proteggere con tasse selettive sulle sostanze nocuve alla salute. Bisogna ricordare che in generale solo il 9% di chi prova la droga ci rimane, dato statistico riportado nello studio del Dr.Gazzaniga di Harward nel suo Matters of the Mind. La prova fatta fare da Nixon su seimila reduci deogadditti dal Vietnam mostró che solo il 7% rimase attacato alla droga. In generale le ccause principali dell’addizione alla droga sono di carattere psicologico, tutti i fortemente drogati possono essere ripuliti clinicamente, ma rimessi nel loro intorno ricascano nel vizio, per cui rimane solo la cura del problema psicologoco ed essendo questo troppo caro e non sicuro lo stesso Gazzaniga raccomanda di lasciarli nel loro vizio.
Concordo col suo punto di vista, in merito alla cannabis, ma non perché liberalizzerei tutte le droghe ma, fondamentalmente, tutti gli studi degli ultimi vent’anni hanno relegato questa droga (THC), in una scala che ne stabilisce la pericolosità in base ai danni alla salute, alla velocità di assuefazione e ai tempi di diassuefazione, molto dopo l’alcol e il tabacco.
Giorgio,
“Quando un drogato avrà investito è ucciso tuo figlio guidando….”
Oppure quando un ubriaco avrà ucciso tuo figlio..
O magari una suora incapace di guidare avrà ucciso tuo figlio…
O un medico statale che sbaglia la diagnosi e uccide tuo figlio…
O quando il soffitto crollato della scuola avrà ucciso tuo figlio…
O magari il pullman della gita potrebbe volare giù dal viadotto e uccidere tuo figlio…
O tua moglie stessa, in preda ad un fortissimo esaurimento, potrebbe uccidere tuo figlio…
Tutti quanti vogliamo i figli vivi (anche i tuoi).
Secondo la tua logica dovremmo vietare il vino, vietare le auto, vietare ai figli di andare a scuola, vietare la medicina, vietare le gite, ed ovviamente di avere figli con mogli “esaurite” -paradosso massimo-.
E chiaro che non può funzionare, anche solo per il fatto che vietare non è una condizione sufficiente per impedire che certe azioni avvengano.
Le cose avvengono per volontà degli uomini, non c’è un mezzo che sia oggettivamente buono o cattivo, giusto o sbagliato.
Come al solito dipende dall’uso che se ne fa e quell’uso possiamo deciderlo, in ultima analisi, solo noi: un buon coltello da cucina possiamo usarlo sia per affettare la cipolla che per sgozzare il cane del vicino. Dipende da noi.
Posso farmi una canna per rilassarmi con gli amici e passare con loro una piacevole serata oppure riempirmi di coca e anfetamine per darmi coraggio nel mettere in atto una rapina in banca.
Il discorso non va affrontato nei termini di quale sia lo strumento giusto o quello sbagliato, non c’è uno strumento oggettivamente buono o cattivo, ci sono solo le azioni degli uomini che possono essere giudicate ed eventualmente punite.
Queste azioni possono oggettivamente essere considerate buone o cattive solo se le parametriamo ad un principio, e quel principio deve essere condiviso.
Imporre arbitrariamente un divieto sulla base di un’oggettività che oggettivamente non può esistere quando riguarda un mezzo, è un modo ipocrita di caricare responsabilità sui mezzi in modo da scaricarle dagli uomini.
Un saluto .
A mio avviso, il Prof. Lottieri dimentica uno terzo approccio, quello giusnaturale, che vede l’autorità pubblica vigilare ed intervenire (solo) per impedire alla libertà individuale di pregiudicare quella altrui.
In questa ottica, va da se che comportamenti pericolosi per la vita altrui indotta da sostanze stupefacenti vada impedita.
Salvo quindi il diritto di chiunque di suicidarsi od ottenebrarsi come meglio creda, è necessario che, se lo fa, venga messo in condizioni di non ledere.
Ecco perché le sostanze stupefacenti dovrebbero essere vendute, OK, ma sotto controllo pubblico (ad esempio dalla ASL), che senza impedire il consumo personale, lo mantenga monitorato ai fini preventivi.
Oltre certi livelli sarebbe quindi corrette certe misure, ad esempio la sospensione della patente, e comunque, in barba alla privacy, i dati dovrebbero essere disponibili al pubblico: avvocati, giudici, imprenditori, impiegati, parenti prossimi e chiunque potrebbe soffrire di comportamenti incoscienti da parte di soggetti dipendenti da stupefacenti, per permetterne l’autodifesa.
E non crediamo che la marjuana sia così innocente: sia il suo effetto cerebrale che di dipendenza, esattamente come quelli del semplice tabacco e dell’alcool, variano da individuo ad individuo. Se a qualcuno non fa semplicemente nulla, ad un mio amico ha provocato la dipendenza e la conseguente rovina: economica, familiare, fisica. Salvato solo dalla comunità di recupero e dai farmaci.
Ma Lottieri non è un giusnaturalista, e perciò neanche un liberale.
E’ un libertario, e come tale ritiene inutile qualunque funzione pubblica.
Anche quelle volta alla difesa del diritto naturale: vita, libertà individuale, proprietà privata.
Quando un drogato avrà investito è ucciso tuo figlio
guidando con il pieno di maria giovanna(o altre droghe) nel cervello continuerai a dire che bisogna liberalizzarla in nome del tanto decantato principio libertario e per non favorire gli spacciatori? Non sarai un poco ipocrita? Anche i principi,per rimanere tali, debbono avere un fondamento e non costituire l’inizio della fine.
Leonardo il 1 agosto 2015 alle 10:07:
E chi lo decide cosa è lecito e cosa no, cosa è droga e cosa no.
In altre culture quello che qui è vietato è permesso oppure il contrario, se leggesse Castaneda saprebbe che gli sciamani messicani usano da sempre piante allucinogene per comunicare con gli spiriti.
Un estimatore della cocaina era anche Freud, scemo pure lui, di quella le classi “alte” ne hanno sempre fatto uso, vedi anche le iene davanti al parlamento, li hanno fatti smettere subito.
Ho spesso avuto il sospetto che siano vietate realmente solo per il popolo bue, chi comanda usa di tutto come sempre successo anche in passato.
Chissà se il Papa ha masticato le foglie come fanno gli indios per sopportare l’altitudine, e la fatica senza mangiare.
Sono in totale disaccordo con l’articolo. L’uso di droghe è un male oggettivo per l’individuo e, di conseguenza, per la società intera, con tutti i costi sociali annessi e connessi. Fa bene lo stato a perseguire chi fa uso e commercio di droghe.
“…di un potere “paternalistico” che si sente autorizzato a definire ciò che è bene e ciò che è male”
beh ma la legge dovrà definire il lecito e l’illecito… o no?
IO conosco alcuni della mia età, oltre 60, che fanno uso di erba da decenni, da quando è iniziata la moda, e non mi sembrano per niente rincoglioniti, anzi sono furbi come la volpe, uno è anche noto sciupafemmine, vuol dire che anche in quel campo funziona a dovere.
Un medico specializzato, amico mio, mi diceva anche se la “droga” è pura non fà così male come dicono, cè gente alla quale viene fornita la morfina da anni, quella buona, e vivono senza problemi.
Le classi diciamo elevate hanno fatto ampio uso della coca, poichè in genere sono più furbi di noi, chi ha ragione, i popoli andini masticano le foglie da sempre, molti la prendono per lavorare di più.
Prima della guerra anche l’eroina, derivata dalla morfina, inventata da una famosa casa farmaceutica, veniva venduta come rimedio per la tosse, poi è stata vietata, eppure è il più potente antidolorifico, almeno a chi soffre davvero la potrebbero dare.
Concordo con Lottieri. Teniamo presente però che in materia di assunzione di droghe il principio liberale di non aggressione non viene rispettato: nella maggioranza dei casi chi si droga deve poi ricorrere al sistema sanitario nazionale, che esiste grazie alle mie tasse, cioè alle tasse di uno che non si droga, in questo modo la mia integrità patrimoniale è aggredita, pertanto la soluzione non è semplice; non si può far finta di non vedere ad esempio che anche la semplice erba brucia il cervello, e questo è affermato anche da neurologi non certo conservatori o proibizionisti.
Quindi, per me massima libertà (non è innaturale lo Stato pedagogico ma lo Stato stesso), ma serve essere realisti e constatare che finché siamo in una situazione come quella odierna, dove lo Stato la fa da padrone, cerchiamo almeno di evitare certi effetti che sarebbero paradossali, proprio partendo da un assunto libertario. E il discorso fatto per le droghe vale anche per l’alcool, per gli sport estremi, e altro ancora: se proprio non si vuole privatizzare tutta la sanità, coloro che vi ricorrono per patologie “volute” si paghino almeno la prestazione…
Buon articolo . Non so se il rilascio di farmaci è bene , non tutti sanno come gestire questi problemi.
Lo Stato liberal capitalista è in profonda crisi, pieno di debiti che non riesce a pagare. E proprio come un “drogato” pieno di debiti cerca di far qualche soldo spacciando la “droga”. Lo stato ormai sta legalizzando tutto: la prostituzione, la droga, il gioco d’azzardo, e tutto questo solo per far cassa, senza preoccuparsi delle conseguenze negative sul futuro dei propri cittadini. Uno stato dovrebbe essere invece come una grande “famiglia”, una comunità che si deve dare delle regole e dei limiti ben precisi, anche “morali”. Uno stato che non abbia dei principi etici di riferimento è destinato inevitabilmente a scomparire e a far posto ad un individualismo senza morale.
Prof. Lottieri, son d’accordo su ogni virgola, inoltre invidio la sua capacità di separare le capre dai cavoli, di discernere il principio dalle azioni e di ordinare le cose nel giusto modo.
Visto che si parla di droga e di stato mi è particolarmente difficile non notare l’analogia tra droga e moneta fiat, e tra tossico e stato.
Una droga ha due caratteristiche principali: distorce la realtà e rende dipendenti, quando gli stati hanno messo le mani sulla moneta arrogandosi il diritto di emetterne a piacimento l’hanno fatta diventare una droga per l’economia.
Le economie finanziarie virtuali vivono di droga monetaria, gli stati (o associazioni di stati tipo la Ue) che spacciano moneta per mantenersi idem; le banche, anche grazie alla riserva frazionaria, pure.
La moneta a corso forzoso può essere tranquillamente catalogata tra le droghe più letali al mondo. Crea una fortissima dipendenza poiché per ottenerla basta il potere: uno stato o una banca la ottengono solo grazie al potere, e il potere è una droga a cui non vogliono rinunciare.
Ma in questo caso la droga legale monetaria è considerata più che accettabile, non importa se produce cicli devastanti, fame e miseria, o morti e suicidi, è “legittima” solo perché la legge la permette e, cosa ben più grave, addirittura LA IMPONE.
In quel caso tutti DEVONO drogarsi. Se un normale tossicodipendente può scegliere se e come drogarsi, nel caso monetario non hai scelta: devi drogarti con quella moneta perché ti viene imposto dall’alto.
Ti viene imposto da quello stesso stato che ha la pretesa (come il Prof. Lottieri ha ben evidenziato) di decidere cosa è bene e cosa è male per gli uomini, quali sono le droghe che possono usare e quali no.
Davanti al principio emerge lampante tutta l’ipocrisia e l’arroganza dello stato, e qualsiasi persona che abbia rispetto del principio avrà seri problemi a rispettare lo stato, avrà più rispetto per un qualsiasi tossico se quest’ultimo si droga senza rubare o aggredire nessuno, ma quel tossico nel momento in cui ruba e aggredisce diventa ESATTAMENTE come lo stato. Nessuna differenza.
Un saluto .
P.s. Casomai lo stato legalizzasse la droga lo farebbe solo per sostituirsi agli spacciatori e guadagnare anche lui. Io sarei per la liberalizzazione, e non la legalizzazione.
Cristallino, lucidissimo e molto “avanti”, complimenti!
Potendo scegliere sarebbe meglio un mondo con la droga o senza?Non è solo una questione etica ma anche pratica.Sembra che un giovane,prima sano,con una pasticca abbia bisogno del trapianto di fegato.Chi paga?le sue argomentazioni possono essere condivisibili o meno ,dipende dai presupposti.Alla fine hanno ragione tutti e rimane il quesito di Lenin,che fare?Continuiamo a discutere all’infinito o proviamo metodi decisionali non definitivi ,oggettivi,praticabili?Si deleghi la decisione ai cittadini.Ognuno esponga le sue ragioni agli adulti vaccinati e questi ultimi abbiano la bontà di esprimere un parere vincolante nell’urna.Volete liberalizzare Maria Giovanna?Oggi vincerà il sì perchè abbiamo constatato che il no non risolve.Potremo così sperimentare le gioie della libertà e magari domani,quando il quesito verrà riproposto,vincerà il no.Solita proposta populista,unica alternativa alla discussione inconcludente e continua.