Nella maggior parte dei casi una stupidaggine è semplicemente una stupidaggine, e non merita nemmeno un secondo del nostro prezioso tempo per dimostrarne la natura. In quella pronunciata oggi dal Ministro Di Maio, che ha proposto “almeno mezz’ora di connessione gratuita alla Rete al giorno, come incentivo alla cittadinanza digitale”, si nasconde però uno dei vizi più dannosi e radicati nelle opinioni dei nostri compatrioti. E per questo merita cinque minuti di attenzione.

Vado subito al punto: nulla è gratis. Nemmeno una connessione ad Internet, e nemmeno se è lo Stato a ‘offrirla’ ai suoi cittadini. L’idea sottostante alle parole di Di Maio è che le aziende che vendono servizi di connessione a Internet operino, sostanzialmente, accumulando profitti su un bene che, di suo, non costerebbe nulla. Solo che, semplicemente, le cose non stanno così.

Quando Di Maio propone connessioni “gratuite”, sta proponendo in realtà di pagare con le vostre tasse un servizio che, già oggi, è facilmente reperibile sul mercato a prezzi accessibili per la stragrande maggioranza delle persone. E che è reperibile a prezzi così accessibili proprio perché, non essendo mai stato ‘gratuito’, è stato oggetto negli ultimi vent’anni ai continui tentativi, da parte delle aziende del settore, di conquistare sempre più clienti, con investimenti, prodotti e offerte sempre più innovative, convenienti e flessibili.

Sono sicuro che Di Maio abbia le migliori intenzioni, quando pronuncia stupidaggini come questa. Nel caso specifico, con ogni probabilità la sua preoccupazione è quella di combattere il digital divide e fare in modo che le opportunità del digitale possano essere colte anche dai più svantaggiati. L’intento è nobile e sacrosanto, ma sostituire le competenze e gli incentivi di mercato di chi questo servizio ha imparato a venderlo con sudore ed esperienza con le buone intenzioni di uno Stato paternalista è una soluzione che, storicamente, non ha mai funzionato.

Molto meglio, allora, orientare le risorse pubbliche selettivamente verso chi non ha concretamente i mezzi o la possibilità di godere dei benefici dell’accesso a Internet, senza con questo distorcere il mercato delle telecomunicazioni: sovvenzionando cioè la libertà di scelta sul lato della domanda, e non invece sostituendo l’offerta privata con quella pubblica. Un principio, quest’ultimo, che si basa sulla sussidiarietà, e ha avuto successo in tutti i campi in cui è stato applicato.

Caro Di Maio, nulla è gratis. Non è gratis la sanità, non sono gratis le pensioni retributive, non sono gratis i sussidi alle imprese. Nulla di quanto ‘produce’ lo Stato è gratis: semplicemente, chi lo paga non è necessariamente chi ne usufruisce, e il pagamento è dilazionato rispetto all’erogazione del servizio. In poche parole, quando un politico promette cose ‘gratuite’, mettete la mano al portafogli, perché ‘gratis’ significa una cosa sola: che quella cosa la state pagando voi.

Twitter: @glmannheimer

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