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Nella caccia di nuovi gruppi da ascoltare che – in un panorama di mille voci e tentativi – sappiano “parlare” nuove lingue, capita di ascoltare qualcosa che vale la pena di ascoltare. O, quanto meno di scoprire e seguire lungo il suo sentiero. E’ il caso del gruppo americano Kneebody, che sicuramente vanta un certo appeal sonoro. Dalle nostre parti, loro, passan0 quasi mai. Ma quel “quasi”, caso vuole, è spuntato proprio in questo periodo. Il giovane quintetto – piuttosto tecnologico – infatti sarà in concerto in Italia il 18 e il 21 marzo, rispettivamente a Padova e in quel di Modena. Al di là del loro sito (http://kneebody.com/) – fra l’altro ricco di video e di un certo numero di pezzi e interviste on line, bello e attendibile un ritratto apparso sul mensile “Musica Jazz” (numero di ottobre), a firma Luca Civelli.

“La poetica del gruppo – si legge nella recensione – dipende molto da quei suoni continuamente elaborati e combinati. Il quintetto è un’autentica unit of sound che scivola da una sezione all’altra dei brani gestendo volumi e dinamiche di ogni tipo”. Provare per credere. E per avere un’idea si può cominciare a guardare qualche video sul web. Fanno scintille e c’è molta tecnologia usata con gusto, freschezza e intelligenza, nella proposta di questo gruppo. Che è formato da: Ben Wendel, Shane Endsley, Kaveh Rastegar, Nate Wood e Adam Benjamin.

Parlare di influenze? Beh, si può tentare. E’ un po’ una scommessa ma nel loro suono – si può azzardare – si rintracciano le più diverse scuole, i più diversi autori. Si va da Miles Davis ai Led Zeppelin,  dai Radiohead ai Beatles. Alla domanda posta da Musica Jazz a uno dei componenti del gruppo, “se la vostra musica è jazz”  la risposta è stata: “Sì, anche se volevamo qualcosa che non rivelasse che genere di musica suonassimo”. Morale: i concerti qui da noi, non sono da perdere. I Kneebody faranno parlare di loro…
In allegato: musiche di Kneebody