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Dunque la scienza dà la patente (o quasi) alla musica che nasce dagli errori, ovvero, la musica glitch. Un’esecuzione sbagliata piace di più di una esatta. E’ una delle scoperte degli scienziati in fatto di ricerche neurologiche applicate alla musica. Così come il cervello umano apprezza  molto, a quanto pare, le variazioni e i cambi di ritmo. Sull’argomento – un’indagine di scienziati americani e canedesi – ha dedicato parecchio spazio amche i media italiani; in particolare interessante un articolo a firma di Pam Belluck (“Da Chopin ai Beatles, così la musica ci emoziona”).

L’articolo, in una sua parte racconta appunto delle imperfezioni musicali come fonte di piacere e di interesse. Questo tema dà lo spunto per parlare della cosiddetta Glitch-music, ovvero un genere della musica elettronica emerso nelle seconda metà degli anni Novanta (le origini vengono indicate in Germania), basato sull’uso di artefatti sonori che di solito vengono considerati dei disturbi, come tali ovviamente indesiderati.

Proprio così: l’errore sonoro che diventa musica. Le fonti? Solitamente sono i vari dispositivi tecnologici; graffi, errori di sistema e quant’altro fino a formare una sorta di estetica. Il padre alla lontana di questo genere può essere considerato, come al solito quando si parla di rumori e affini, il futurista Luigi Russolo. Con il nome Glitch c’è stato/c’è anche un movimento con tanto di etichette musicali e opere.

Oggi i suoni di questo genere spesso vengono prodotti con i computer, ma non solo. Anche in ambito acustico c’è chi fa delle sperimentazioni. Per esempio registrare le esecuzioni di brani per poi “annotare e trascrivere” gli errori compiuti. Non sono molte le realtà editoriali che si occupano di questo genere: qualcosa si trova online. In edicola, e il pubblico appassionato ma non per forza specializzato, si può ricorrere al periodico Blow Up.
In allegato: brano di glitch music