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Quali sono le novità nella musica? 2) Che cosa si fa per ri-avvicinare il pubblico scappato per la complessità di certe avanguardie?  3) Il critico Alex Ross sostiene che sul piano della fruzione la contemporanea è in ritardo… Interviene il compositore Filippo Del Corno.

1) La novità che mi appare più evidente è la rinnovata fiducia nel teatro musicale come forma per esplorare nuovi intrecci con altre espressioni artistiche e, soprattutto, come strumento per uscire dall’isolamento e aprire un nuovo dialogo con il pubblico. Una conseguenza importante di questa tendenza è la sempre più marcata “spettacolarizzazione” della musica contemporanea, che avviene anche nella produzione concertistica che sempre più bordeggia l’idea di “performance” con l’introduzione di elementi teatrali o visuali (video, installazioni, ecc.). Da questo punto di vista mi sembrano di straordinario interesse quegli autori che sviluppano questa tendenza alla “performance” già nel progetto creativo stesso dei loro lavori, cercando una rispondenza forte e consapevole tra musica e linguaggi altri; penso soprattutto, tra gli autori della mia generazione, al tedesco Moritz Eggert e all’olandese Michel van der Aa, ancora relativamente poco noti nel nostro Paese.

2) Come dicevo già prima, si assiste a una progressiva “spettacolarizzazione” della musica contemporanea: i tanti legami con altre espressioni artistiche o altri linguaggi musicali non specificatamente legati alla tradizione della musica colta occidentale sono un passo molto concreto per uscire dall’isolamento e riannodare il dialogo con il pubblico. Ma non si tratta del pubblico della musica ‘classica’, ma di una nuova generazione di pubblico composta da ascoltatori spregiudicati, ossia privi di pregiudizi, e molto attenti a tutto ciò che appare alle loro orecchie come nuovo e fresco. In questa direzione si è anche usciti dalla spirale un po’ perversa del Novecento che ha teso fino alla fine a “etichettare” gli autori in correnti e scuole, spesso malgrado gli autori stessi, e a predefinire le prospettive di ascolto in base all’appartenenza all’una o altra tendenza. Non è un caso che oggi non si parli più di “serialismo” o “minimalismo” o “neoromanticismo” o “spettralismo” ecc. ecc.: i compositori sfuggono a definizioni ed etichette, e gli ascoltatori si sentono finalmente liberi di giudicare ciascun lavoro non seguendo criteri stilistici o estetici, ma considerandone l’impatto sulla loro percezione e sensibilità. 

3) E’ vero, ma dipende soprattutto da ragioni di ordine sociale ed economico, ossia soprattutto dal fatto che le arti plastiche contemporanee appoggiano la loro popolarità su un mercato florido e ricco, a differenza della musica contemporanea che invece è una nicchia sostanzialmente al di fuori delle leggi di mercato. Questo determina un’attenzione ben diversa per le arti plastiche da parte delle agenzie mediatiche che nel nostro tempo creano mode e flussi di consenso. Inoltre il senso della vista è continuamente sollecitato dalle strategie comunicative umane, ben più dell’udito (questo vale anche per i tempi antichi) e determina un sostanziale primato della suggestione figurativa rispetto a quella sonora che si riverbera inevitabilmente anche nel campo della fruizione di linguaggi artistici contemporanei. Si ritorna alle domande di prima: è anche questo il motivo per cui gli autori oggi cercano sempre più legami con forme espressive che introducono un elemento visivo nel linguaggio musicale.

4) Raccontare la propria musica è impossibile: in particolare nel mio caso mi sento fortemente a disagio perché posso descrivere approfonditamente un singolo mio lavoro, spiegandone fonti di ispirazione, strumenti di lavoro, ecc. ma non riesco a restituire un quadro completo e unitario del mio percorso. Vi dirò allora che sto lavorando a un’opera, La rivolta degli angeli, che trae la propria matrice narrativa dal libro di Anatole France. L’opera trasforma radicalmente il contesto cronologico e culturale dell’originale per immergere la narrazione in un tempo e luogo contemporaneo. I temi principali che attraversano il romanzo appaiono singolarmente urgenti anche agli occhi di un lettore di oggi: la consistenza metafisica del male, l’inconsistenza scientifica dei principi religiosi, l’irrimediabile dissidio tra l’esperienza della normale quotidianità del presente e il pensiero del passato e del futuro dell’esistenza umana sul pianeta, l’inestricabile legame tra denaro e potere, il terrorismo come forma in cui prende corpo il conflitto nel nostro tempo. Al tempo stesso sembrano appartenere al linguaggio narrativo di oggi gli aspetti centrali delle strategie narrative di France: la presenza dell’oltreumano accanto all’umano, rappresentato dalla sconcertante convivenza di angeli e uomini, e la continua intersezione di un piano metafisico con quello della pura quotidianità borghese che colora di grottesca e corrosiva ironia ogni pagina del libro. La drammaturgia dell’opera procede attraverso unità narrative chiuse in se stesse e fortemente disomogenee, in cui si alternano mezzi teatrali e forme musicali estremamente diversificati e al tempo stesso pienamente appartenenti al paesaggio musicale della nostra contemporaneità. I due piani di narrazione (metafisico e quotidiano) vengono intersecati attraverso giustapposizioni nette, attraversati dal comune registro del grottesco.
In allegato: musiche di Filippo Del Corno