Incontri / Sellani e Cerri, gentiluomini del jazz
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Chiudere l’anno e aprire il nuovo con due gentiluomini in jazz: niente male a Winter Umbria Jazz, che oltre al gran finale dedicato a Thelenius Monk, oggi mette in scena lo sprint degli inossidabili maestri italiani Renato Sellani e Franco Cerri. Il pianista e il chitarrista, tra i più longevi jazzisti nel Belpaese, non ci pensano neanche a mollare lo scettro. E ben fanno, perché regalano ancora e copiosamente momenti emozionanti. Ma andiamo per ordine.
Il primo si esibisce con il suo abituale trio (Massimo Moriconi al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria): amico da anni di Cerri, che ha incontrato quando Milano era il crocevia di tutti i più importanti improvvisatori americani. Ha suonato con personaggi quali Lee Konitz, Bill Coleman e Dizzy Gillespie. Il secondo suona in quartetto. Nel suo curriculum, c’è l’inizio nel ’45, con l’orchestra di Gorni Kramer. A partire dagli anni Ottanta, anche il suo impegno con il pianista Enrico Intra, con cui ha formato un duo rimasto attivo in maniera interessante per parecchi anni.
Il repertorio attuale è per entrambi quello che attinge agli standard e in generale ai classici, con qualche incursione nella canzone italiana, da loro saltuariamente frequentato nel corso delle lunghissime carriere. Sellani e Cerri del resto fanno parte a pieno titolo di quelli che sono considerati i senatori del jazz italiano, musicisti che hanno auto la fortuna di fare da spalla ai grandi solisti americani di passaggio in Italia: da Chet Baker e Billie Holiday. Oggi, ultraottantenni, suonano ancora il jazz che hanno conosciuto da giovani, con un pò meno freschezza ma con tanta esperienza e la stessa classe.
In allegato: Renato Sellani