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Ogni tanto a leggere certe notizie vien da riflettere. Ma anche da sorridere. Si prenda per esempio il bilancio, ieri strombazzato ai quattro venti, dei risultati in termini di cifre del Torino Classical Musica Festival: dicasi 120mila spettatori, in se giorni, se la matematica non è una opinione, 20mila al giorno. Sorge spontaneo pensare che poi, all fin delle fiera, la musica colta in Italia tiene, eccome. Con i Beethoven, gli Stravinskij  e i Gershwin, le piazze si riempiono eccome. In barba a previsioni, tagli annunciati, proiezioni catastrofiche sui gusti che cambiano. E poi vien da ridere a ripescare certi luoghi comuni duri a morire e che alla prima flessione cultural-economica rispuntano come funghi: “Barber? Sostakovic? Williams? E’ musica di nicchia…”. Nel capoluogo piemontese, ma poteva essere una qualsiasi altra città italiana, questi grandi autori del passato – ma anche senza tempo – sono stati eseguiti e apprezzati da migliaia di persone. Segno tra i molti altri, che  coi festival e stagioni varie la musica classica nel Belpaese funziona.

In allegato: musica di Barber