Trentotto morti secondo Amnesty International, diciotto secondo la Guardia Civil e la Polizia marocchina. Oltre a un centinaio di feriti con le ossa rotte, traumi cranici, articolazioni spezzate per la caduta dal muro in rete e filo spinato che cinge una delle due turbolenti enclave di Spagna che oggi è stata assaltata da oltre duemila migranti subsahariani (in gran parte sudanesi) in cerca del salto dall’Africa all’Europa via territorio oltremare spagnolo.
Verso mezzogiorno quattrocento sudanesi si sono accalcati nella zona sud del confine tra Marocco e Melilla, iniziando ad arrampicarsi sul muro di rete e ingaggiando una battaglia con le autorità marocchine: ci sono stati lanci di bottiglie piene di escrementi e sangue e una forte sassaiola contro gli agenti marocchini e spagnolo. La polizia marocchina ha sparato lacrimogeni ma, si suppone, anche i proiettili di gomma verso gli assalitori. Un centinaio di uomini che stavano scalando il primo muro di contenimento in rete che arriva a 22 metri d’altezza. Centotrenta clandestini sono riusciti a mettere piede nell’enclave e quindi in Europa, disperdendosi all’interno della città omonima e sono ora ricercati dagli agenti spagnoli. Anche le autorità di Madrid hanno sparato fumogeni, ma non si esclude anche i proiettili in gomma sulla folla inferocita, altrimenti non si spiegherebbero le decine di cadute disastrose di molti sin papeles. È non è di certo la prima volta che la Spagna usa metodi contenutivi così violenti. Si sono sentiti anche colpi di fucile dalla parte marocchina, ma è una notizia ancora da accertare. Ferita una cinquantina di agenti spagnoli.
Venerdì sera la Guardia Civil era stata allertata per un possibile tentativo di sfondamento e Madrid aveva schierato sul confina 1.500 agenti. Quando è partito l’assalto dei migranti le forze dell’ordine hanno risposto sparando lacrimogeni e a quel punto è scoppiato inferno che si è mangiato le vite di 18 dannati in cerca di riscatto dalla miseria africana.
La frontiera terrestre tra Marocco e Spagna in corrispondenza delle due «enclavi» di Ceuta e Melilla era stata riaperta il 17 maggio scorso dopo oltre due anni di stop per l’epidemia Covid ma anche per un braccio di ferro tra i governi di Madrid e Rabat, quando la polizia marocchina aveva allentato i controlli sui migranti che si presentavano al confine. Rabat usa spesso il metodo di aprire il rubinetto del flusso di disgraziati per punire la Spagna per liti personali su ampie questioni. Il 22 marzo corso s’era verificata un’altra crisi con 900 clandestini entrati a Melilla.
Come dicevo non è la prima volta che la Spagna, qualsiasi sia il suo esecutivo (ora da cinque anni siamo governati da Socialisti, Podemos e Indipendentisti). Nel 2002 morirono tra i 100 e i 200 clandestini in un assalto a Ceuta: Bruxelles ordinò una commissione investigativa, ma Madrid mai collaborò alle indagini e tutto finì nella sabbia, mentre le Ong denunciavano vere fucilazioni ai clandestini che si arrampicavano sul filo spianto. Il premier Pedro Sanchez ha puntato il dito contro la mafia del confine che si arricchisce sulla tratta dai clandestini (evitando di parlare di corruzione di agenti marocchini per non fare saltare il traballante rapporto con Rabat). Sta di fato che sia a Ceuta che a Melilla la mafia marocchina dei clandestini gestisce un pingue business del traffico umano, e questo non è stato mai affrontato con serietà dalle autorità del Marocco.