Prospettive per un’Europa sovranista. E sovrana
Come deve o dovrebbe essere un’Europa sovranista? E che cos’è (o cosa dovrebbe essere) il vero sovranismo? Dare una risposta non è certamente semplice, perché il fenomeno si è presentato in maniera molto differente (e a dire il vero non sempre coerente) a seconda dei contesti. Ci hanno provato, nel loro energico pamphlet “Sovranismo. Un’occasione per l’Europa”, recentemente pubblicato da Historica Edizioni, tre coraggiosi autori: Fabrizio Fratus, sociologo e studioso comunitarista e noto per le sue battaglie anti-darwiniste, Vincenzo Sofo, opinionista televisivo e animatore del think tank filo-leghista Il Talebano, che ormai da qualche anno sostiene e a tratti guida la transizione della ormai ex Lega Nord di Matteo Salvini in movimento nazionale di stampo sovranista e Lorenzo De Bernardi, scrittore e giovane leader dell’associazione Comunità Giovanile.
Bisogna dire che, a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, vista la grande mole di testi già pubblicati in materia, le considerazioni del trio sono tutt’altro che banali. Innanzitutto perché identificano in maniera netta e chiara quali debbano essere i mortali nemici del vero sovranismo. “Il male americano”, citando Alain De Benoist e intendendo con questo il sentire de-spiritualizzato e intriso di consumismo e materialismo proprio della civiltà d’oltreoceano, è il primo citato nel saggio, in cui non a caso un altro capitolo inizia con l’esortazione “meno Calvino e più Platone”, sottintendendo il rifiuto netto per il protestantesimo come sostanziale degenerazione del pensiero europeo
Pensiero che, per gli autori, trae le proprie origini nella tradizione tripartita delle società (anche se questo termine è rifiutato nettamente, in quanto figlio di una distorsione moderna e razionalista) indoeuropee degli albori. L’Europa unita, spiegano, allontanandosi in maniera netta da una miope riproposizione del nazionalismo, deve essere tale nella diversità dei suoi popoli e delle sue culture (immaginandosi come un “imperium” più che come un grande stato nazione giacobino o, peggio, come un informe costruzione burocratica quale l’attuale UE), proprio come le antiche civiltà d’Europa, pur nella diversità delle proprie istituzioni e delle proprie lingue, condividevano l’impianto che vedeva la comunità organica reggersi sulla divisione dei ruoli tra clero, nobiltà di spada e ceti produttivi.
Nel volume, il disprezzo per il materialismo e la tecnocrazia (e, si potrebbe aggiungere, la tecno-scemenza, contestata sapientemente con dati eloquenti sul deterioramento, nelle moderne società occidentali, delle capacità intellettive di quelli che già Maurizio Blondet aveva chiamato “selvaggi con il telefonino”) si accompagnano a una vigorosa aspirazione al recupero delle categorie del politico e, nel contempo, della spiritualità. Battaglia, quest’ultima, in cui l’islam, quello vero e tradizionale, estraneo alle moderne eresie letteraliste e fanatiche, non deve essere considerato un mortale nemico, ma piuttosto un alleato. Non a caso la prefazione del libro è scritta da Pietrangelo Buttafuoco, intellettuale di destra noto per la sua conversione all’islam sciita, con il nome di Giafar al-Siqilli.
Sbaglierebbe comunque chi credesse che il breve saggio sia pieno di elucubrazioni metapolitiche e intellettuali, senza alcuna applicazione pratica. Ci sono infatti anche delle basi programmatiche ben precise che riguardano la riforma dell’impianto europeo-comunitario, della moneta (con una valuta complementare affiancata all’Euro), della BCE. L’Europa immaginata da Fratus, Sofo e De Bernardi, per capirsi, non è l’Europa decadente dei Macron, ma neppure l’Europa frammentata e debole che piace molto alla geopolitica americana. È un’Europa sovrana, oltre che sovranista.
In generale, nel panorama di dilagante banalità che caratterizza molti degli elementi più in vista degli attuali movimenti sovranisti, quella di Sofo, Fratus e De Bernardi è un’opera che ci voleva e che prova a dare profondità e respiro a un contenitore, il sovranismo, altrimenti a rischio di finire svuotato di contenuto, come un mero fenomeno di passaggio, un semplice prodotto della comunicazione diretta e disintermediata dei social network. Un’opera che non si ferma alle banalità del teatrino della politica ma che, senza esagerazioni, eviscera i problemi della contemporaneità con profondità di analisi e, soprattutto, tanta passione.