Ammirazione e un po’ d’invidia. Ammirazione perchè correre 1200 chilometri in venti giorni attraversando uno dei più grandi deserti al mondo non è da tutti . Invidia perchè  la Patagonia è qualcosa che ti resta dentro per sempre. C’è il mal d’Africa, c’è la saudade e c’è la malinconia che ti resta sotto pelle quando sei stato nel Sud del mondo. L’impresa l’hanno firmata tre ultra runner di “Impossible to Possible” la spedizione aveva come obbiettivo la  traversata da Est a Ovest dell’intero deserto della Patagonia.  Detto fatto. Il riccionese  Stefano Gregoretti e i canadesi Ray Zahab e Ryan Grant ha compiuto, in semi-sufficienza ovvero con il solo supporto di acqua e cibo da parte dell’equipe dell’associazione no profit I2P, il coast to coast dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico sfidando il più vasto deserto del continente americano.   Erano partiti il 7 gennaio dalla costa dell’Atlantico, in Argentina e pochi giorni fa, il 26gennaio, hanno alzato insieme le braccia al cielo rinfrescandosi i piedi nelle acque del Pacifico, in Cile. Sessanta chilometri al giorno con temperature superiori ai 45 gradi e folate di vento e tempeste di sabbia.  Sessanta chilometri al giorno spesso con un sole che non li ha risparmiati provocando anche qualche ustione.  Dalla steppa arida, alla  Cordigliera delle Ande ai tratti verdeggianti dalla parte finale del percorso. Hanno conosciuto allevatori, coltivatori, eremiti e giocato con tantissimi bambini. Hanno raccontato la loro esperienza e quanto raccolto durante le loro soste ai tantissimi studenti delle scuole americane e canadesi che seguivano in classe la loro impresa che diventerà un documentario realizzato dai fotografi e troipe del National Geographic .  E alla fine il premio. Immenso. “Bagnarsi i piedi nell’acqua del Pacifico è stata un’emozione difficile da spiegare. –ha affermato Stefano Gregoretti -. Sicuramente occorreranno giorni per metabolizzare, per riprendere i chili persi e rendersi conto di quanto questo viaggio sia stato seguito con entusiasmo, con la voglia da parte di tanti di mettersi in gioco e spostare più “in là” la propria forza di volontà. Sono molto soddisfatto di quanto fatto, ma non la reputo una impresa eccezionale, penso che la vera fatica sia stare seduti alla scrivania o fermi in fabbrica. Noi ci siamo divertiti”.