Adesso dal Belgio arrivano accuse contro l’Uci, l’Unione Ciclistica Internazionale, sulla sicurezza dei corridori dopo la morte di Antoine Demoitié, colpito da una moto durante le classica Gent-Wevelgem. Succede spesso così. Però succede quasi sempre dopo. Il quotidiano ‘Le Soir’ ha elencato una serie di incidenti che hanno coinvolto i ciclisti negli ultimi mesi. Il più recente risale a febbraio, quando Stig Broeckx viene colpito da una moto a pochi km dall’arrivo della Kuurne-Bruxelles-Kuurne e finisce in ospedale con una frattura alla clavicola, una costola incrinata e una ferita alla mano. E gli va ancora bene. La scorsa estate invece è il turno di Greg Van Avermaet ad avere un incidente in corsa con una moto nella classica di ‘San Sebastian’: botte e ammaccature ma va bene anche a lui. E la lista è lunga da Jacob Fulgsang dell’Astana, colpito da una moto mentre è in fuga nella 18/a tappa del Tour de France, al campione del mondo Peter Sagan, urtato da una moto dell’assistenza durante l’ottava tappa della Vuelta di Spagna, all’irlandese Matthew Brammeier, urtato da una vettura durante la sesta tappa del Tour dello Utah. E come non ricordare la Grande Boucle del 2011 quando una macchina dell’organizzazione, con i vetri schermati e chissà chi a bordo falcia di netto l’olandese Hoogerland e lo spagnolo Flecha mandandoli in una cunetta a bordo strada? E questi sono solo i casi noti. Adesso però c’è scappato il morto e tutti ne parlano, si indignano e denunciano. Ma basta guardarsi una tappa del Giro o del Tour in televisione per capire che tra moto, ammiraglie, macchine al seguito che non si sa da dove arrivino, operatori tv, operatori radio, cronisti, giudici, ospiti e invitati che vogliono vivere l’emozione in diretta, veicoli pubblicitari e sponsor il traffico è eccessivo. Troppo. E troppo pericoloso. Però non è da ieri che e così…