“Tutto giusto, tutto da rifare…”. Andrebbe cambiata così la frase più famosa di Gino Bartali. Perchè in questo caso non c’è nulla di sbagliato e non stiamo parlando di una vittoria di un Giro o di un Tour. Ci sono azioni che entrano nella storia in silenzio e che fanno la storia senza clamori . Racconti di altri tempi che danno la dimensione delle persone, dei protagonisti e della vita: com’era e come adesso è cambiata. Così  Bartali corriere dei partigiani che durante l’occupazione tedesca dà una mano a salvare  gli ebrei dall’Olocausto può sembrare solo l’immagine sbiadita di uno dei tanti documentari su quel periodo buio. In realtà quell’immagine non si può e non si deve cancellare.  E questa mattina a ricordarla è stata Gioia Bartali, nipote del campione  intervenendo nelle seduta solenne del Consiglio comunale di Sassari in occasione della Giornata della Memoria.  “Lo Yad Vashem istruisce un dossier e analizza in modo rigoroso una serie di documenti e testimonianze prima di riconoscere una persona ’Giusto tra le Nazioni” ha spiegato.  “Ginettaccio” è stato insignito nel 2013 del riconoscimento postumo per aver salvato la vita a tanti ebrei durante le persecuzioni e la nipote Gioia ha voluto così rispondere alle polemiche che da qualche giorno si sono sollevate attorno alle affermazioni contenute nel libro dello storico Stefano Pivato, secondo il quale non ci sarebbe nessuna prova che Bartali abbia salvato centinaia di ebrei perchè tutto si basa su testimonianze di persone che non ci sono più e i riscontri non sarebbero sufficienti.   Un’operazione sinceramente “pericolosa” perchè  liquida la vicenda come inventata senza neppure porsi un dubbio, ignorando una storiografia precedente compreso lo Yed Vashem e il suo noto rigore investigativo e alimentando un clima di negazionismo sempre più imperante in tutti i campi. Ma tant’è . Resta ciò che per fortuna resta e cioè la narrazione  di un campione e di un eroe che ha compiuto vari viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, trasportando documenti e foto tessere, prodotte dai frati francescani di Assisi, nascoste nei tubi della bicicletta per fornire identità false agli ebrei per potersi salvare. «Mio nonno diceva che il bene si fa e non si dice- ricorda Gioia Bartali -parlava poco di quello che aveva fatto. Quando lo raccontò a mio padre gli raccomandò di non dirlo a nessuno. Non avrebbe mai accettato in vita di ricevere alcuna onorificenza”. Anche perchè come ripeteva sempre: “Il bene si fa ma non si dice e sfruttare le disgrazie degli altri per farsi belli è da vigliacchi…”