Un abbraccio racconta la storia di due atleti e di due uomini. Storia di fatica, rivalità,  vittoria, sconfitta ma soprattutto lealtà e rispetto.  Se le sono date di santa ragione in queste tre settimane di Giro Primoz Roglic  e Geraint Thomas:  uno ha vinto e  l’altro ha perso, sull’ultima salita, per 14 secondi. Fine. Niente risse, niente moviole, niente ricorsi…Fine e basta. La vita continua con una lunga pedalata insieme sulla via del mare verso Roma, con una stretta di mano, con gioia e delusione che si mischiano, con l’onore delle armi, con i due figlioletti sul podio, con la serenità che serve: “Chapeau Primoz, te lo meriti amico…”  ha twittato il gallese. Dà lezioni il ciclismo. Basta mettere una di fianco all’altra due foto, quella di oggi alla partenza di Roma e quella di una anno fa del Milan sul bus scoperto che festeggia lo scudetto appena conquistato ai danni dell’Inter, per capire che ci sono mondi diversi,  valori diversi,  pianeti distanti. Certo che ci sono quelli che stanno a ruota tutto il tempo e poi ti fregano. Che fingono di non averne più e poi sprintano. Che fanno i furbi e vincono.  Ma il ciclismo è sempre capace sempre di sorprendere con grandi gesti.  Che restano e tengono vivi storia e futuro. C’è sempre stata la borraccia di Fausto Coppi e Gino Bartali , c’è la stretta di mano  tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar all’ultimo Tour che si aspettano dopo una caduta mentre si stanno giocando il primato, c’è adesso l’abbraccio tra Primoz e Geraint. E vale la pena di esagerare con la retorica, con le parole, con gli aggettivi per raccontare un “attimo fuggente” che mette insieme valori antichi  come la lealtà, l’amicizia, la stima e il rispetto che lo sport eleva.  Verranno i bastian contrari a dirci che in uno sport dove ormai impera il business è tutta una pantomima,  parte di uno show.  Verranno i più sgamati a spiegarci che il ciclismo non può dare lezioni e tireranno in ballo la solita storia di chi bara col doping. Pazienza, anzi: chissenefrega.  Ma ciò che regala il ciclismo andrebbe fatto vedere e rivedere nelle scuole, nei centri di formazione dello sport, in tutti gli spogliatoi dove si cambiano i ragazzi (e non solo i ragazzi) per spiegare che la vittoria è ovviamente tutto per chi gareggia ma non ad ogni costo. Che c’è sempre qualcosa che viene prima.  Strano sport il ciclismo dove si gode a far fatica. Dove ci si prende a gomitate in volata, dove si può anche fare a pugni ma dove ciclicamente tornano i grandi gesti antichi.  Strette di mano e abbracci che mettono fine ai duelli sono fotogrammi di speranza. E’ la forza del ciclismo che si tiene stretto il suo passato e lo tiene da conto come si fa con le persone anziane perchè sa che, dalla sua storia e dalle sue origini, tutto è partito e tutto continua. Coppi, Bartali, Vingegaard, Pogacar, Roglic e e Thomas: piaccia o no siamo fatti di memoria e il ciclismo riesce ancora a custodirla ed è fantastico che oggi a ricordarcelo siano stati due campioni che sono amici anche nella vita, che si frequentano con figli e famiglie.  Tra tutti gli sport il ciclismo è quello che di queste cose ha più rispetto. E lo sport che più di tutti ha coscienza della grandezza dei campioni e delle imprese che lo hanno segnato. Ogni tanto vuoi per la fretta, vuoi perchè siamo presi o distratti ce ne dimentichiamo. Ma poi basta  un abbraccio per rimettere  tutte le cose nel posto che meritano. Poi c’è chi vince e attraversa le città insultando i vinti dal tetto di un bus. Ma questo è un altro discorso…