INTERVISTA CON PIERLUIGI MAGNASCHI, DIRETTORE DI ITALIA OGGI.

di Enrico Salvatori

La Lega e il Movimento 5 Stelle hanno da sempre idee piuttosto diverse riguardo ai grandi interventi infrastrutturali; lo stesso Di Maio ha dichiarato che “l’era delle grandi opere è finita”.

Sappiamo che la realizzazione della TAV Torino-Lione è messa in forte discussione, così come altri 100 progetti considerati prioritari dal governo precedente, che nel complesso costerebbero 133 miliardi di euro. Finora sono stati investiti 98 miliardi di euro, ma se prevalesse la linea pentastellata sarebbero a rischio anche alcune opere promosse fortemente dalla Lega. Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi, nel suo fondo pubblicato il 22 maggio, si è espresso in modo intenso e polemico sul prevedibile blocco delle grandi opere da parte del nuovo governo, scrivendo che sarebbe un boomerang contro la crescita economica del paese.

Lo abbiamo intervistato.

Direttore, il dossier infrastrutture rischia di mandare al macero la “luna di miele” tra Lega e 5 stelle, anche se molti commentatori sono pronti a scommettere che presto i grillini cambieranno idea anche su questo.

Mi auguro che le costanti dichiarazioni dei 5 stelle all’insegna del “piccolo è bello” vengano riviste come lo sono state quelle relative all’uscita dall’euro oppure al rifiuto di collaborare con gli Stati Uniti per il superamento della Nato. D’altra parte soltanto nell’ultimo mese ci sono state diverse giravolte su temi che in passato erano considerati indiscutibili. L’analisi del mio articolo era questa: se è vero che il Movimento 5 Stelle ha tra i suoi obiettivi quello di ridurre la disoccupazione, dunque il disagio dei ceti italiani che sono stati travolti dalla crisi finanziaria, commetterebbe un errore a interrompere il volano delle grandi opere. C’è un motto riconosciuto valido dagli economisti in tutto il mondo: “Quand le batiment va, tout va”. Ciò significa che quando l’edilizia va bene, tutto va bene. La realizzazione delle grandi opere è perciò un’occasione per trascinare la ripresa del paese. Purtroppo le posizioni del Movimento 5 Stelle si inseriscono in una lunga tradizione italiana antisviluppo, che considera da sempre il cemento in una prospettiva negativa. Basti pensare ad alcuni episodi della storia urbanistica di Milano e in particolare alla costruzione del grattacielo Pirelli negli anni ’50. Quest’opera straordinaria fu lasciata a lungo isolata nonostante sorgesse in un’area infrastrutturabile facilmente baricentrica, quella che va dalla stazione Centrale alla stazione di Porta Garibaldi. Si preferì lasciare questa zona al degrado urbano e paesaggistico pur di non edificare. In quel caso una parte dell’opinione pubblica si oppose e con essa un fronte trasversale che andava dalla sinistra alla destra passando per il centro. Era impossibile ipotizzare un edificio che fosse più alto della Madonnina. Fu addirittura organizzata una cerimonia per collocare una madonnina sul tetto del grattacielo Pirelli, in modo da ristabilire certi valori. Questo per dire che l’avversione per le grandi opere non nasce per iniziativa del Movimento 5 Stelle: loro sono i nipotini di una lunga tradizione antiproduttivista.

Eppure i ceti che impedivano a Milano di crescere in altezza, scagliandosi contro la realizzazione dei grattacieli, sono gli stessi che oggi protestano perché l’edilizia ha consumato il territorio e denunciano la cementificazione. È questo il paradosso: opponendoti alla crescita in altezza finisci con il favorire lo sviluppo orizzontale della città, distruggendo terreni agricoli fertilissimi…

L’alternativa è proprio questa: o si dà alla città la possibilità di alzarsi oppure la si fa espandere. In questo modo Milano è arrivata alle porte di Lugano. Al di là dei confini amministrativi, l’area urbana si è estesa a nord e arriva sostanzialmente in Svizzera. La sinistra pauperistica si batté a lungo contro la metropolitana, un’infrastruttura che oggi fa di Milano l’unica vera città a dimensione e spirito europei. Ebbene negli anni ’50, ’60 e ’70 la sinistra meneghina era contro la realizzazione della metropolitana perché era ritenuta un mezzo di trasporto per ricchi. Oggi sembra una barzelletta ma su queste tesi sono state fatte delle battaglie che purtroppo vanno avanti ancora. Un esempio: da presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni cominciò ad andare incontro alle esigenze dell’edilizia e dello sviluppo della città, promuovendo un provvedimento che prevedeva la possibilità, naturalmente pagando i diritti edilizi e relativi, di sopraelevare di un piano gli edifici che staticamente risultavano idonei all’intervento. Ovviamente la sinistra si mise di traverso, ma oggi si può constatare come la cubatura sia aumentata e quindi la capacità di accogliere popolazione. Inoltre questi nuovi vani sono architettonicamente migliori degli edifici su cui sono stati impiantati. Un altro episodio riguarda il provvedimento, perfezionato dal presidente Roberto Maroni, che prevede il recupero dei vani e dei locali seminterrati esistenti. La norma dice che i locali che hanno un soffitto alto almeno 2,40 metri possano essere utilizzati anche per attività abitative. L’idea era quella di far crescere l’offerta di abitazioni soprattutto a Milano e in altre aree lombarde ad alto insediamento. Il Comune di Milano a gestione di sinistra non ha potuto non recepire questa direttiva della Regione ma ha alzato l’altezza da 2,40 a 2,70 metri, tagliando fuori circa l’80% degli edifici che sarebbero stati idonei ai fini abitativi. Questo sempre nella logica di impedire la cubatura e quindi l’abitabilità in una città che divora spazio e ne ha bisogno in maniera ossessiva.

Tra i progetti da sempre nel mirino del Movimento 5 Stelle ci sono le due pedemontane di Veneto e Lombardia. È difficile immaginare che, nonostante le critiche grilline, i governatori Zaia e Fontana rinuncino a difendere queste due opere per cui si sono tanto battuti finora. Cosa ne pensa?

Sono d’accordo. Queste due infrastrutture sono prima di tutto utili e poi la Lega ne ha fatto una bandiera. Sono state pensate a lungo e hanno incontrato qualche ostacolo in termini di finanziamenti ma sono in dirittura d’arrivo. Immaginare che la Lega, dopo aver coltivato per 25 anni questi progetti, proprio quando stanno per vedere la luce e alcuni sono in parte utilizzabili, possa affossare tutto mi sembra una cosa impossibile. I due partiti sono agli antipodi su molti temi, specialmente perché fanno riferimento alle esigenze di un elettorato diverso: la Lega viene votata al Nord dove ci sono problemi di riduzione del peso fiscale e di efficientamento produttivo, mentre il Movimento 5 Stelle viene votato al Sud dove si spera nel contributo di cittadinanza. Io credo che troveranno un accordo. Secondo me, ad esempio, l’Alta Velocità riuscirà ad andare avanti. Su questo tema potrebbe esserci una disattenzione, una non ostilità della Lega, perché non ha mai fatto di quest’opera una bandiera come invece lo sono state le pedemontane. Eppure sarà difficile difficile da fermare. Appena insediato il presidente Macron ha dichiarato pubblicamente che la Francia non avrebbe preso parte alla realizzazione della TAV. Ma qualcuno deve averlo preso per la giacca oppure deve avergli mostrato i conti, perché quindici giorni dopo ha cambiato versione, sostenendo che l’opera sarebbe andata avanti. Ora la stessa scenetta la stiamo facendo noi italiani ma l’opera è già cominciata: i lavori relativi all’avvicinamento dei tunnel sono già stati effettuati e il progetto è finanziato quasi al 50% dalla Comunità Europea, che è un ente che spreca soldi ma non getta al vento fondi per le grandi opere. E poi ci sono le imprese che hanno vinto gli appalti, che dovrebbero essere risarcite. Tutti questi elementi rendono l’opera pressoché improcrastinabile.

Tra i progetti osteggiati dal partito di Grillo ci sono anche il Mose e il TAP, il Gasdotto Trans-Adriatico per il trasporto di gas dall’Albania alla Puglia.

L’Italia è un paese pieno di imprenditori. Ci sono più microimprenditori in Italia di quanti ce ne siano in Germania ed è gente capace di dare delle risposte di una creatività assoluta. Questo paese che cominciava ad attirare anche investimenti stranieri dice al mondo intero: un metanodotto che ha percorso tremila chilometri e ha attraversato un sacco di paesi, nonché il mare Adriatico, non si può fare per risparmiare duecento olivi. Peraltro queste piante sarebbero spostate e ripiantate altrove. Eppure si sospende tutto perché un metanodotto non può andare a tronconi. Un’operazione di questo genere avrebbe un significato internazionale deflagrante, che poi è lo stesso del divieto di fare prospezioni petrolifere nell’Adriatico. Abbiamo atteso che paesi più avvertiti e accorti, cioè quelli che stanno sull’altra riva dell’Adriatico, facessero delle ricerche nello stesso mare, estraendo idrocarburi. Ricordo le prime dichiarazioni di Enrico Mattei, che definiva l’Italia un paese in difficoltà perché non disponeva di fonti energetiche e doveva andarsele a prendere lontano pagandole in dollari e ad alto prezzo. In Italia c’è la Basilicata, oppure ci sono certe aree marittime dove risiedono giacimenti di proporzioni colossali, ma non li estraiamo perché noi siamo diversi dal resto del mondo, salvo poi lamentarci che il Pil non cresce.

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