È arrivata in Ucraina una delegazione di parlamentari provenienti da sette Paesi europei (Italia, Irlanda, Lituania, Estonia, Polonia, Austria, Romania) e Canada.

La missione è organizzata dal gruppo interparlamentare United 4 Ukraine (U4U) su invito del Presidente Stefanchuk Ruslan del Verkhovna Rada (Parlamento ucraino).

Obiettivo è quello di portare la solidarietà internazionale all’Ucraina a seguito della continua aggressione della Federazione russa, e di approfondire gli aspetti della cooperazione interparlamentare, in particolare sui crimini di guerra e la giustizia internazionale, l’assistenza umanitaria e militare, nonché l’impegno per la ricostruzione e l’adesione ucraina all’Unione europea.

Dall’Italia partecipano alla delegazione: Lia Quartapelle (responsabile esteri, Partito Democratico), Riccardo Magi (Presidente, Più Europa), Laura Harth (Coordinatore Global Sanctions Mechanisms, IPAC (Alleanza Inter-Parlamentare sulla Cina) dalla quale riceviamo e pubblichiamo il racconto che segue:

Di Laura Harth
5 maggio Diario di guerra.
La cadenza regolare delle ruote del treno ci accompagna nella notte. Verso Kyiv. Verso la guerra. Sono già passate 14 ore da quando abbiamo lasciato Roma, ma il viaggio è appena iniziato. Le finestrine del treno vengono blindate, avvolgendo il treno nel buio. I cellulari spenti per non svelare la geolocalizzazione. Ieri notte sono state di nuovo colpite le infrastrutture ferroviarie nel centro occidentale da missili russi. La passerella di dignitari stranieri che hanno visitato Kyiv e dintorni nelle scorse settimane assume un altro connotato. Avranno fatto lo stesso percorso? Il treno si ferma di nuovo. Salgono a bordo militari ucraini dediti alla nostra sicurezza. Qualcuno racconta la vecchia battuta sovietica che anche allora vi erano le guardie militari a bordo dei treni, ma con i fucili ben puntati verso l’interno. Il tempo si dilegua. Il nervosismo tra i compagni di viaggio – una delegazione di parlamentari provenienti da otto Paesi – è tangibile. Qualcuno tira fuori una bottiglia di vodka recuperata alla stazione polacca. Il dialogo si infittisce tra un bicchiere e un altro. “Attenzione, che noi lituani abbiamo imparato a bere dalla KGB”, esclama un parlamentare lituano. Bella battuta. Le risate e la compagnia fanno sparire l’ansia e attirano il resto della delegazione. C’è ancora una bottiglietta di Jameson. Il treno è di nuovo fermo. Un cane abbaia con insistenza. Ci fumiamo delle sigarette sul passaggio tra vagoni e ci sentiamo come vecchi compagni in una gita di scuola. Sensazioni di un ritorno ad un passato più romantico sullo sfondo di una tragedia brutale. Il cane continua ad abbaiare. Forse si riesce a dormire. Mi sveglio di soprassalto. Sirene antiaeree. Sono le 3. Siamo a Lviv… Quattordici ore dopo e siamo ancora sul treno. Ma Nancy Pelosi o la Von der Leyen avranno fatto questo stesso viaggio? Le finestre si sono aperte e vediamo il paesaggio senza aver idea di dove siamo. Di quando arriveremo. “Non importa, sappiamo noi dove e quando siete,” il verdetto del coordinatore a Kyiv. Seidici ore più tardi: siamo a Kyiv.

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