Metà d’ottobre, ricomincia la mattanza. Durerà fino a metà marzo circa. Di solito non riescono a ucciderli in alto mare. Quando intercettano il branco, picchiano su dei pali d’acciaio per disorientarli e indirizzarli verso piccole baie, alla cui imboccatura vengono tirate su ampie reti. Un po’ come nelle tonnare di una volta. Così può cominciare la selezione: i più giovani vengono strappati alle madri per finire nei delfinari, gli adulti arpionati e smembrati per la carne. Che somiglia a un tonno di qualità scarsa.

Tursiopi, stenelle, grampi, globicefali: oltre 25mila delfini di ogni specie vengono barbaramente massacrati in villaggi di pescatori come Taiji, a sud dell’arcipelago giapponese, dove il gruppo americano Ocean Preservation Society, con l’aiuto di Save Japan Dolphins  girò di nascosto “The Cove”, documentario premiato con l’Oscar 2010, che ha sollevato il velo di torpore sull’ennesimo, inutile assassinio perpetrato dagli uomini sulle altre specie.

I più cinici non mancheranno di relativizzare: perché commuoversi per i delfini? O smettiamo di pescare qualsiasi tipo di pesce, di allevare e mangiare qualsiasi creatura animata, polli maiali manzi, o è meglio non fare gli ipocriti, e amen. Amen? Ci permettiamo di dissentire, pur essendo teoricamente vegetariani (l’aveva detto già Plutarco che la natura ci offre tanto di buono che sarebbe più dignitoso smetterla di spolpare cadaveri) e nella prassi devoti alle leggi di natura (che ci hanno reso onnivori e non erbivori). La differenza, crediamo, sia tutta nel rispetto e nella cultura. Mangiare poca carne – è assodato – fa bene alla salute. Ridurre i salumi, pure. Ridurre gli allevamenti, che distruggono enormi risorse vegetali, sarebbe un toccasana persino per l’economia.

Ma per il nostro spirito, per ciò che ci lega alla cultura e alle tradizioni anche culinarie, crediamo che occorra sempre più anche sradicare le “catene di montaggio” nelle quali oggi, in maniera indegna di paesi cosiddetti civili, vengono fatti crescere, ingrassare e macellare esseri viventi di diverso tipo. Con un occhio ai tempi di “lievitazione” delle carni e l’utilizzo di ogni sorta di prodotto chimico, nocivo sia per gli animali che per gli umani. D’altronde chiunque, anche il carnivoro più assatanato, riconosce la differenza tra il mangiare un pollo allevato in batteria e uno che ha potuto scorrazzare liberamente fino all’ultimo giorno. Così per i maiali e per i bovini, che andrebbero lasciati pascolare liberamente come facevano i nonni e i nonni dei nostri nonni.

Infine, i delfini. Ci sono specie la cui natura e la cui storia ci appartiene fin dall’antichità. Animali che hanno fatto parte del nostro immaginario, della nostra letteratura, il cui significato travalica quello reale. I delfini, arcaica salvezza di marinai, grazie alla loro intelligenza e sensibilità si sono conquistati nei secoli questo rispetto. Le campagne contro il loro sterminio sono campagne di civiltà per l’intero pianeta: quello che abitiamo e che abiteranno i nostri figli e nipoti. Per questo le sosteniamo.

the cove, la mattanza dei delfini

 

 

 

 

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