L’eretto modo di deambulare
Eccoli, i nuovi Unni. Visigoti, Ostrogoti, soprattutto e sperabilmente Vandali, per la stragrande maggioranza dei mass media. Nuovi barbari? No, in una parola: Italiani. Gente qualunque, vicini di casa, giovani disoccupati e tecnici informatici (tanti), ingegneri e impiegati al settore vendite, vigili urbani e otorinolaringoiatri, magazzinieri e bibliotecari. Guai a chiamarli con il nome proprio, che sarebbe “Grillini“, perché non lo accettano più. Preferiscono restare nomi e cognomi italiani appesi all’indeclinabile Movimento 5 Stelle, che rischierà presto di farli trascendere in movimentisti, cinquestellisti, stellani. Ma non sono dei maghi della comunicazione, e Casaleggio per molti di loro è soltanto un astro lontano. Si affidano con l’ingenuità di un adolescente al mondo della politica così come si sono affidati al loro ostetrico, Beppe Grillo.
Non sono poi tanto “misteriose” le primarie (chiamate “Parlamentarie“) indette da Grillo, e i filmati degli aspiranti candidati sono rintracciabili sul blog beppegrillo.it, youtube e su molti siti (un particolare riconoscimento va al nichilista.it, che ne raccoglie centinaia). Misteriosa a gran parte dei comunicatori di regime risulta la natura di questo popolo uguale per tutto e in tutto a quello che conosciamo già: noi stessi e i nostri vicini di casa, quelli seduti accanto nell’autobus, quelli che bevono con noi il cappuccino al bar. Non li riconosciamo di primo acchito solo perché non li abbiamo ancora mai (o quasi mai) visti in tivù, ospiti del primo talk show che capita, e la cosa ci risulta strana. Anzi, un po’ inquietante. Diciamola tutta: puzza assai di bruciato.
Gli spot servono a farsi conoscere, per essere poi selezionati tramite votazione sul Web. Parlano spesso davanti alla bandiera del Movimento, come fossero ostaggi delle Br. Qualcuno sceglie il divano nel tinello di casa o l'”angolo-studio” (avere una camera in più per studiare non è poi da tutti), dove troneggiano piatti decorati alle pareti, cuscini a disegni floreali e librerie Ikea. Salotti da ipermercato e chitarre appoggiate alla parete. Qualcuno non si fida, e si piazza davanti a una parete completamente bianca. Altri escono per strada, nei parchi cittadini o davanti al panorama di città, con pessimi effetti sul sonoro. Ma non sono neppure tecnici del suono, e così la presentazione di una bibliotecaria di Mondovì, anche se in ufficio, finisce annegata nel sottofondo come di uno sciacquone.
Improvvisano siglette con le canzoni preferite – ovviamente in primis quella del M5S – e anche qui i risultati non sono sempre impeccabili. Parlano a raffica, il più delle volte impacciatissimi ed emozionati come davanti a un giudice di Corte d’Assise. Tal Pasquale sul divano-letto (lo tradisce la forma dei cuscini) punta le braccia e si vede che sta sui carboni ardenti. Molti recitano come in un giuramento di fedeltà all’Indistinto popolo che dovrà giudicarli e s’impegnano a non tradire Grillo e le sue regole (non propriamente un modello di democrazia). Qualcuno ha preso sul serio quel che si dice dell’ex comico genovese, e risponde come a un interrogatorio in commissariato: “Ho tutti i requisiti in regola e resto comunque a disposizione per qualsiasi chiarimento”. Per blandire e andare sul sicuro, spesso citano – senza dirlo – brani scelti dei post di Grillo.
Raccontano la vita in tre minuti e si sprecano i “chissà se ce la farò”, “non è facile”, “ci provo”. Un dottore sardo che vive a Prato se ne strabatte e per coloro che “ancora non mi conoscessero” si propone di raccontare “la mia vita in tre tappe”. Spiegano perché scendono in campo, e non s’ode alcun “Vaffa”: lo fanno per i figli, perché la costituzione dice che il popolo è sovrano e loro ci credono ancora, come credono alla partecipazione perché magari hanno fatto un Erasmus a Berlino, “e lì ho imparato a diventare un buon cittadino tedesco”. Un altro che parla dal garage è “arrivato ad arrivare cintura nera di kung-fu, che mi ha insegnato a fare massa critica”. Un tenerissimo progettista meccanico, già figlio di operai, racconta come essi hanno costruito “il loro futuro che è il mio attuale presente”. Qualcuno si lascia accompagnare da cani, molti strumentalizzano i figli (“papà, perché la sera vai alle riunioni di Grillo? Che cosa vi dite? Che cosa fai per il mio futuro?”). Fino a una misteriosissima e toscanissima Gianna (il cognome non lo cito per non avvantaggiarla) che rinuncia persino a farsi vedere: il suo spot di presentazione è interpretato dall’intero vicinato, che spiega “perché io voto la Gianna”. L’immancabile bimba “perché fa i dolci boni”, l’amica “perché è capace, competente, testarda”, il cugino “perché non è una semplice donna, è un carrarmato”. “Perché è la mia compagna di vita”, si tradisce il marito. Infine, l’impagabile nonno o generale in pensione del terzo piano che, dopo averne viste tante, la predilige in confronto a tanti uomini e politici, “che di bipede hanno solo l’eretto modo di deambulare”. E quasi quasi sale su la voglia di un “obbedisco”.