Roma, nel deserto di Montecitorio ancora un pomeriggio assembleare per i poveri grillini. Ma c’è qualcosa di diabolico, anzi della perfidia di angeli rinnegati, nel contrappasso che tiene da giorni inchiodati 162 parlamentari Cinquestelle alle questioni dei soldi da percepire, tenere, rendicontare o restituire.

Ce la si potrebbe cavare con facile ironia, perché chi di populismo ferisce di populismo perisce. Ma la questione è più complessa, in quanto i grillini sono l’effetto e non la causa dell’onda di demagogia che si è diffusa nel Paese, non senza ragioni. Onda diventata tsunami grazie all’amplificazione del Web, alla piazza mediatica che fa dello sberleffo anonimo la propria moneta corrente. Ma se prima i candidati del M5S non sapevano che fare politica ha dei costi, ora lo sanno. E giustamente, dal loro punto di vista, cercano invano di convincere Grillo. Il quale però li considera per quello che sono: uno strumento, una clava. O forse ancor meno, l’invasione delle cavallette d’Egitto che metterà in ginocchio una Casta faraonica stremata dalla propria inefficienza. Ed è chiaro che, in uno schema apocalittico come questo, la “purezza” del comportamento deve per forza di cose radere al suolo e annientare qualsiasi questioncella di vita personale. La rivoluzione non è un pranzo di gala, e chi è stato catapultato nel Palazzo d’Inverno non può lamentarsi delle scarpe strette. Le buone ragioni di Grillo – ci si perdoni la natura del paragone – stanno alle diarie dei Cinquestelle come il sacrificio di qualche descamiciado alla buona causa di Pancho Villa. O di un bolscevico a quella del compagno Lenin.

Il problema delle spese della politica degli eletti – senza volersi dilungare – è soprattutto uno: che la politica sappia dare delle risposte. Se l’eletto riesce a incidere favorevolmente nella situazione di chi lo ha eletto, non c’è cifra che non valga la pena. Ciò che ha motivato l’ondata pauperista e demagogica è l’indecente utilizzo dei soldi pubblici fatto dai politici, ma soprattutto il fatto che i politici si sono fermati lì, al mangia-mangia, senza produrre alcun risultato.

Ma ora l’estenuante dibattito assembleare dei descamiciados di Grillo si presta a tre considerazioni che ci sembrano degne di riflessione.

La prima: perdersi in queste discussioni è l’esatto contrario di quanto hanno predicato Grillo e loro stessi, e costa alla collettività assai più dei quattro soldi che deputati e senatori chiedono per avere una vita più decorosa e fare meglio il mestiere per il quale sono stati eletti.

La seconda:  la dialettica che si sta scatenando all’interno dei gruppi parlamentari grillini nasconde dinamiche proprie di ogni movimento agli esordi. E definirà, scatenandola colpevolmente, la corsa alla fedeltà verso il Capo. Un radicalismo della presunta “purezza” che non è foriero di buoni assetti interni. Dallo scontro in atto uscirà fuori una gerarchia tra i grillini e i vincenti, i dominanti per virtù fideistica, saranno senz’altro i peggiori della specie. I meno ragionevoli, i meno concilianti, i più violenti.

La terza: forse ancor peggiore delle altre pulsioni scatenate da Grillo in questi momenti, è l’uso strumentale che si potrà fare della rendicontazione delle spese ai fini della lotta politica interna. Ci spieghiamo: Grillo chiede che le spese della diaria vengano rendicontate, e crediamo che sia giusto. Ma il modo nel quale la richiesta è stata posta, e portata avanti dai suoi pretoriani, sottintende che ogni deputato o senatore – cioé l’assemblea degli eletti – possa sindacare il tenore di vita e le scelte di ciascuno. Si stanno ponendo le basi per un controllo reciproco che ricorda, in peggio, i delegati di condominio degli Stati dell’Est. Se Tal dei Tali andrà a mangiare tutti i giorni al prelibato ristorante “Il caprettaro”, faccio per dire, potrà esser tacciato di spendere male, anzi in bagordi, i soldi della collettività, e per questo vituperato. Peggio: la delazione arriverà senz’altro al Web, scatenando ogni tipo di gogna. Per la quale il detto “chi la fa l’aspetti” ci sembra, ancora una volta, assai triste e troppo facile. Però, purtroppo, vero e lampante come il sole. Che non sembra oggi illuminare le menti di Grillo&C.

P.S. Condividiamo profondamente le ragioni che hanno  indotto i Piraten tedeschi a escludere il ricorso “obbligatorio e vincolante” alle assemblee su Internet. “I sistemi di votazione elettronica sono manipolabili“, hanno decretato i Piraten. Di mostrandosi, ancora una volta, ben più all’avanguardia dei loro cattivi epigoni italiani. Quando i grillini ci arriveranno, forse sarà già troppo tardi e i buoi già usciti dalla stalla.

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