L’ignoranza non è obbligatoria. Non la prescrive il medico, non colpisce tra capo e collo per un accidente della vita. Può essere legata a condizioni di sfavore, per lo più economico, ma per fortuna è reversibile. All’opposto del coraggio, che chi non ce l’ha non se lo può dare, chi si trova nel tunnel dell’ignoranza può uscirne. Con un po’ d’umiltà e qualche fatica, d’accordo. Ma chiunque è in grado di farcela. Studiando o, almeno, informandosi quel minimo. Così da evitare l‘esibizione dell’ignoranza, la sua apologia, che è uno dei mali del secolo.

E’ stata una delle prime cose che ho appreso nella mia personale indagine a proposito del Movimento Cinque Stelle.  In piazza, da militanti semplici e orgogliosi. Me l’hanno sbattuta in viso con tutta la fierezza del caso. “Ora è così, caro signore. Ora dobbiamo privilegiare la militanza. Poi un giorno verrà il momento della competenza, delle persone che sanno fare, che meritano. Ma ora meritiamo noi che ci siamo da prima, che abbiamo portato avanti la bandiera, noi che non sappiamo”. Se avessimo sostituito in tempi non sospetti il reato di apologia del fascismo con quello – ben più grave – di apologia dell’ignoranza (avrebbe ben compreso anche il primo), quel militante le Cinque stelle le vedrebbe a scacchi, da dietro le sbarre. Quell’incontro, voluto e non fortuito, continua a essere – sorprendentemente per me, che avrei voluto si trattasse solo di una voce su milioni – purtroppo una chiave di lettura valida per molto di ciò che vedo e che sento dei grillini. E mi dispiace. E me ne dolgo. Io per loro.

“Tutti i giornalisti parlano delle nostre diarie, dei nostri scontrini… E non delle ore e ore di lavoro che facciamo in Parlamento“, è la frase più ripetuta dagli eletti del popolo; i “cittadini portavoce”. “Assemblee interminabili tra di noi, lavoro sui temi in commissione, usciamo la sera stravolti”, raccontano i malcapitati con l’aria di farci un favore. Più semplicemente, avrebbero potuto ricordarci che, avendo mandato in Parlamento dei giovani impreparati, ora dobbiamo pagare lo scotto dell’ignoranza. Avremmo capito, avremmo solidarizzato, ritenendo utile comunque che avanzi una nuova classe dirigente. Se hanno bisogno di tante ore per capire ciò che Scilipoti o capisce al volo per intuito o non capisce e finge, purtroppo non va a loro merito. E’ apologia di ignoranza. Studino di più: anche la notte, per favore. Il tempo stringe e non abbiamo voglia di aspettare che colmino le loro lacune a spese nostre.

Hanno rifiutato qualsiasi compromesso di governo per non sporcarsi le mani. “Dobbiamo restituire centralità al Parlamento, lavoriamo come matti nel Parlamento, nelle commissioni, ma è una fogna”, hanno ripetuto in ossequio al loro Capo. Ciò che però il Capo non ha loro spiegato – non lo sapeva – è che per agire sulle cose bisogna governare i processi e non lo si può fare dal Parlamento (specie se minoranza). Occorre partecipare alla governance, esercitare la funzione esecutiva. E’ il governo che detta l’agenda politica del Paese; il Parlamento semmai controlla, discute, modifica, concorre se interpellato, approva se ci riesce. Raramente può influire in maniera decisiva sulla genesi delle scelte decisive. Non lo sapeva Beppe Grillo, non lo sa neppure l’amico Marco Travaglio, così ben ferrato in diritto processuale e così fatalmente superficiale nel diritto costituzionale che ammannisce ai grillini dal pulpito del Fatto quotidiano. Apologia dell’ignoranza. Se i grillini avessero voluto – o volessero ancora – cambiare il Paese sul serio, dovevano/dovrebbero entrare in un governo. Altrimenti, nisba. Pazienza, restino pure con la bandiera in mano a sventolar purezza (ma non è per questo che erano stati votati). Ci risparmino però la morale. E i lamenti del parlamentare deluso dal Parlamento.

Ora faranno il processo politico a una “cittadina portavoce in Senato” (che stupidaggine colma d’ignoranza sono i neologismi imposti da qualsiasi rivoluzione, vera o presunta), colpevole d’aver cercato di spiegare il flop elettorale con i toni sbagliati e violenti del Capo. I gruppi parlamentari sono in subbuglio, l’aria s’è fatta densa di veleni, ogni “cittadino portavoce” guarda in cagnesco il “fratello cittadino”. Com’è il clima tra di voi?, chiede il bravo Andrea Malaguti della Stampa a Paola Pinna, che siede alla Camera. “Di sospetto. Di controllo dell’attività degli altri. Avverto forte il rischio di dittatura della maggioranza… la questione della diaria… l’hanno fatta passare per una questione di denaro, ma era solo l’inizio di un meccanismo diretto a piegarci utilizzando un tema che colpiva la sensibilità di molti. Ma se pieghi la testa una volta, la pieghi tutte le volte successive”. Non ci voleva la zingara per capirlo. Senza false modestie, è stato scritto in questo blog (cfr “Il rendiconto. Una delazione”) e previsto da tanti altri osservatori indipendenti. Per i grillini, a quanto dichiarano, si è trattato invece di una metamorfosi del tutto inattesa. “Le cose hanno preso una piega imprevista”, affermano con voce lamentosa e carica di meraviglia. Ancora una volta, apologia d’ignoranza. Voglia di non vedere, di non studiare, di non capire. Non sanno dove sono capitati e chissà se lo capiranno prima di essere sbattuti fuori dal Palazzo. Avendo fornito all’insopportabile Casta un alibi in più: quella dei dilettanti allo sbaraglio incapaci d’imparare. Società “civile”. Lo specchio di un Paese nel quale chi raglia più forte ha sempre più ragione.

 

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