Contro Sansal
Troppo facile spostare le lancette del tempo in avanti. Troppo scomodo tornare indietro di due secoli.
Chi sono i padroni dell’Occidente? Non chiedetelo a George Orwell ma a Boualem Sansal, scrittore algerino e autore del romanzo “2084. La fine del mondo” in uscita in Italia per Neri Pozza. Quello che in Francia è stato un caso editoriale racconta un Paese del futuro nato sulle ceneri di una grande guerra contro la miscredenza, l’Abistan, in cui si parla solo in abilang, una lingua che ha soppiantato tutte le precedenti, e dove la religione del dio Yolah e del suo messaggero, il profeta Abi, domina la sfera pubblica e privata dei cittadini. “Andiamo a morire per vivere felici!”, in riferimento al concetto di “martirio”, è il motto che riecheggia in questa grottesca quanto ottusa teocrazia. Arte, pensiero, letteratura sono considerate attività corrotte di civiltà decadenti e atee, mentre l’unica norma fondamentale è l’obbedienza. Ogni trasgressione viene punita con frustate, lapidazioni ed esecuzioni. Così il lettore, accompagnato dal protagonista Ati, viene trasportato in una realtà molto simile a quella di Daesh, il sedicente Stato Islamico, solo che Sansal ne fa un gigante geopolitico che ha già conquistato il Vecchio Continente.
Rispetto a Houellebecq, che in “Sottomissione” fa prevalere una figura ben più autorevole – Ben Abbes, il politico islamico illuminato, capace di riportare la Francia ai tempi d’oro del gollismo – lo scrittore algerino si aggiunge al coro degli pseudo-teologi dell’Islam alla Bernard Henry-Lévy che intravede nel mondo arabo-musulmano e persiano, senza coglierne le sfumature, un soggetto politico espansionista e aggressivo. Più che un romanzo quello di Sansal appare come l’ennesimo manifesto volto ad alimentare l’islamofobia in Europa con conseguente guerra civile-globale. E’ un copione visto e rivisto. E’ il sogno dei neoconservatori americani coi musulmani a recitare il ruolo dei cattivi. Da educare alla democrazia a colpi di guerre umanitarie.
Così “l’Eurabia”, o meglio il fantasma dell’avanzata di predoni col turbante e la scimitarra, è diventata la scorciatoia di chi, senza il talento di Spengler, vuole battere cassa con la retorica del tramonto dell’Occidente. Puntando il dito contro l’Islam, ovviamente. Ma profezie sconclusionate a parte quanto e cosa c’entra questo con la morte della nostra civiltà? La comunità islamica, pur essendo numericamente importante in Europa, non ha nessuna responsabilità sulla sua decadenza. Avete mai sentito parlare di una lobby islamica? No. E quante sono le élite occidentali di confessione musulmana? Nessuna. Quanti professori universitari, politici, conduttori televisivi, intellettuali, banchieri, economisti? Semmai questi costituiscono il sottoproletariato, e la storia ci insegna con Mosca, Pareto e Michels che il sottoproletariato non ha mai fatto la rivoluzione. L’Europa ha il nemico dentro casa da due secoli e si chiama Progresso. Un’invenzione dei bianchi occidentali.