Un’avventura con la signorina Leica
I primi scatti li ho sbagliati tutti. Sarà stata l’emozione di tenere in mano una leggenda, sarà che sono abituata da anni a lavorare con la messa a fuoco automatica che spesso semplifica la vita, ma se provieni dall’utilizzo di macchine più “moderne” di quelle a telemetro, l’esperienza parte proprio male. Dieci clic fuori fuoco. Solo che io non sono Robert Capa e non stavo al D-Day, quindi non avevo molte scuse. Quella leva e quel misterioso quadratino che nel mirino deve combaciare con l’immagine sono stati una bella sfida. Bisogna entrarci in confidenza, farci la mano. Poi ci ho preso gusto e me la sono portata in gita sulle Alpi. Ritrovarsi tra i privilegiati che possono testare anche solo per qualche settimana la macchina che divenne celebre tra le mani di Henri Cartier Bresson è servito a farmi capire che in fotografia ci sono delle inequivocabili differenze. La signorina era una Leica M typ 240 versione black, per la precisione, una mirrorless full frame a telemetro, dotata per me di ottica Summicron asferica 35 mm f2 spaventosamente nitida. Quell’oggetto dei sogni di ogni fotografo, inarrivabile per molti visto il prezzo (6.710 euro il solo corpo macchina più altri 2.710 per l’obiettivo) è venuto con la sottoscritta a passeggio a 3mila metri sopra il Passo dello Stelvio.
Lei sembrava contenta, visti i risultati. Io ho fatto un trekking pieno di soste non programmate, sebbene i sentieri non siano poi così battuti da tanta gente come in spiaggia. No, non mi fermavo per colpa della ripida salita. Chi mi incontrava la notava appesa al mio collo, la guardava con malcelata cupidigia e non resisteva alla voglia di domandarmi come funzionasse e se era mia e come mai e perché io ce l’avevo e lui no. Insomma, un tormento per chi non ama essere al centro dell’attenzione e va, appunto, sui prati delle marmotte per cercare solitudine, tanto che a un certo punto l’ho nascosta sotto la felpa e la estraevo solo per scattare. Già, scattare… Esperienza mistica. Otturatore silenzioso, soprattutto se messo a confronto con una reflex di ultima generazione: non disturberebbe nemmeno un concerto di violoncelli. Ho inquadrato prevalentemente panorami e dettagli di natura in zona Rese Basse, dove c’è un magnifico laghetto a specchio che riflette le nuvole che passano. Beh, la signorina vestita di nero è stata capace di fare un ritratto anche ai girini che stavano in quella acque. Inquadrati dall’alto, io neanche li avevo notati a occhio nudo, li ho ritrovati quando ho scaricato sul mio iMac le foto per post produrle. Stupefacenti i dettagli dell’erba e dei fiori, i colori, la tridimensionalità dell’immagine prodotta, per un test di scatto decisamente sopra la media. Dopo un po’ di esperimenti e qualche fatica ho perfino scoperto che anche una M offre un modo più rapido di controllare la messa a fuoco: si tratta dell’iperfocale, fai due calcoli sui tempi e i diaframmi e sulla distanza del soggetto, e il gioco è fatto. Forse.