La storia dell’aereo malese abbattuto nei cieli ucraini il 17 luglio scorso è emblematica, nella sua tragicità, del modo in cui i media occidentali raccontano le notizie e gestiscono quel fenomeno dell’istinto che si chiama opinione pubblica.

Ricapitoliamo la vicenda:

  • Il 17 luglio scorso un Boeing-777 della Malaysia Airlines, in volo da Amsterdam a Kuala Lampur con 298 persone a bordo, viene abbattuto da un missile nella provincia di Donestk, in territorio ucraino a 40 km dal confine russo.
  • Nelle ore immediatamente successive, il governo ucraino attribuisce ai separatisti russi la responsabilità dell’abbattimento.
  • Il giorno dopo il disastro, il Presidente americano Obama dichiara che la responsabilità dell’abbattimento è dei filo-russi e che Washington quanto prima renderà pubbliche le prove.
  • Il 21 luglio, a Mosca,  il Ministro della Difesa russo ed il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica presentano in una conferenza stampa fotografie satellitari e tracciati di volo che confutano le accuse alla Russia e attribuiscono la responsabilità all’Ucraina.
    Ad oggi, queste prove sono le uniche evidenze pubbliche portate da un governo; al grande risalto che i media occidentali hanno dato alle dichiarazioni americane (ancora non provate) corrisponde lo strano silenzio che gli stessi media hanno calato su questa conferenza stampa. Noi siamo stati tra i pochi in Italia a riportarla in quest’articolo del 25 luglio scorso.
  • Il 25 Luglio, Hillary Clinton accusa direttamente Mosca di un coinvolgimento diretto nel disastro aereo, esortando l’Europa a “opporre resistenza a Vladimir Putin”.
  • Il 9 settembre, la Commissione d’inchiesta internazionale che ha indagato (con non poche difficoltà) sul caso stabilisce che l’abbattimento del Boeing è avvenuto a causa di un “oggetto dotato di alta energia penetrato nell’aeromobile dall’esterno”.

In questi ultimi giorni il caso ha avuto un’ulteriore accelerazione: il 19 Ottobre il settimanale tedesco Der Spiegel ha pubblicato un articolo secondo il quale i servizi segreti di Berlino avrebbero “ampie prove” che ad abbattere l’aereo sarebbero stati i separatisti filo-russi. Le prove si baserebbero su foto satellitari e “evidenze fotografiche di altro tipo” che dimostrerebbero come i ribelli abbiano catturato un sistema missilistico antiaereo Buk-M1 in dotazione all’esercito ucraino con il quale hanno colpito (forse per errore) l’aereo di linea malese.
Queste “ampie prove”, però, Der Spiegel non le mostra, né le spiega; l’articolo si basa sulle dichiarazioni che Gerhard Schindler (capo della BND, l’intelligence tedesca) avrebbe fatto in un’audizione a porte chiuse alla Commissione parlamentare di Controllo, l’organismo del Bundestag che corrisponde, più o meno, al nostro Copasir; di questa relazione, il settimanale tedesco non mostra nulla, così come non c’è traccia delle immagini fotografiche di cui parla.
Eppure, l’articolo ha avuto un risalto incredibile nella stampa europea e sulle principali televisioni occidentali. Al contrario, nessun risalto ha avuto, il giorno dopo, la smentita delle autorità ucraine, che in un comunicato stampa del Ministero della Difesa hanno negato la possibilità che sistemi missilistici fossero stati catturati dagli insorti. Non solo, ma Yevhen Perebyinis, portavoce del Ministero degli Affari Esteri, ha confermato le affermazioni sempre fatte dalle autorità di Kiev, secondo le quali l’intero reparto antiaereo di stanza a Donestk era stato spostato in altre regioni fin dal 29 Giugno (cioè due settimane prima della tragedia). In altre parole, l’Ucraina ha smentito quella che secondo i tedeschi sarebbe la prova che discolperebbe l’Ucraina stessa dalle responsabilità; di questa leggera incongruenza sui media occidentali non c’è traccia.

Nella complessità della questione, si sono inseriti anche gli analisti del CESI, il Centre of Eurasian Strategic Intelligence, un think tank con sede a Londra che si definisce “indipendente”, ma il cui compito è studiare “la politica di espansione e aggressione militare della Russia nell’Europa centrale e nell’Asia orientale”.  In un report datato 22 Ottobre scrivono che  la relazione presentata al Parlamento tedesco è “in netto contrasto con la relazione elaborata dal BND”; dall’audizione (poi fatta trapelare su Der Spiegel) sarebbero stata escluse le prove che testimonierebbero il collegamento diretto nel disastro tra i ribelli filo-russi e gli ufficiali dell’intelligence militare di Mosca.
La conclusione, per gli analisti del CESI è che “è comprovato un accordo ad alto livello tra la Germania e la Federazione Russa per non coinvolgere Mosca nell’incidente del Boeing malese, scaricando la colpa solo sui ribelli filo-russi”Inutile dire che di queste manipolazioni CESI non porta alcuna prova.

Sulla tragedia del Boeing malese per ora non abbiamo verità; anzi, due le abbiamo:

    1. Che 200 persone innocenti sono morte su quel maledetto volo.
    2. Che censura e disinformazione sono proprie anche dei media “democratici” e occidentali.
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