Vladimir+Putin+Benjamin+Netanyahu+President+U1xgFMzAaIwxPiù di due settimane fa, Vladimir Putin ha telefonato al Premier israeliano Benjamin Netanyahu proponendogli investimenti russi per lo sviluppo di una delle risorse energetiche più importanti di Tel Aviv: Leviathan, il giacimento di gas naturale al largo delle coste israeliane.
La Russia sarebbe disposta ad investire nell’operazione tra i 7 e i 10 miliardi di dollari per la protezione del giacimento e per la realizzazione del gasdotto sottomarino con la Turchia che consentirebbe l’esportazione di gas israeliano in Europa. A darne notizia è Debka, sito vicino alle fonti di intelligence israeliane.

COS’È LEVIATHAN?
Leviathan è il giacimento di gas naturale off-shore scoperto nel 2010 al largo delle coste israeliane dalla Noble Energy; il giacimento rappresenta la seconda riserva di gas nel Mediterraneo (dopo la scoperta quest’anno del giacimento di Zohr al largo dell’Egitto da parte dell’italiana Eni); oltre ai 700 miliardi di metri cubi di gas stimati, le analisi esplorative mostrano anche la presenza di petrolio (stimato a 600 milioni di barili).
Il giacimento rappresenta un punto di svolta per Israele, paese da sempre dipendente energeticamente. Con il vicino giacimento di Tamar, gli israeliani non solo si rendono autosufficienti ma possono diventare per la prima volta esportatori di energia modificando molti equilibri geopolitici nel Mediterraneo (sopratutto con la vicina Turchia).
Il problema fondamentale è che l’inizio dello sfruttamento è previsto nel 2017 e fino ad oggi Israele non ha chiaro un vero piano di sviluppo di questo suo patrimonio energetico.

PERCHE’ PROPRIO LA RUSSIA?
Leviathan si trova al confine con le acque territoriali libanesi (tanto da aver prodotto in passato contese tra i due Stati), in una zona facilmente raggiungibile da azioni di sabotaggio anti-israeliane o, addirittura, da veri e propri attacchi missilistici degli Hezbollah filo-iraniani nemici storici di Israele.
Il ragionamento di Mosca è semplice: un investimento di miliardi trasformerebbe Leviathan in un progetto russo che “né la Siria né Hezbollah oserebbero attaccare, anche se appartiene a Israele”. Una garanzia fondamentale per Tel Aviv che nessuna nazione occidentale può dare.

IL RUOLO DI BERLUSCONI
Secondo le fonti israeliane, il 30 agosto scorso Netanyahu avrebbe parlato dell’offerta russa a Matteo Renzi in occasione della visita a Firenze; ed in quell’occasione il Primo Ministro israeliano avrebbe espresso la volontà di coinvolgere nella mediazione Silvio Berlusconi, visti i suoi stretti rapporti con Putin. D’altronde Berlusconi (a cui Netanyahu è molto legato) è considerato uno dei migliori amici europei di Israele, quindi una garanzia per entrambe le parti in causa (sulla “diplomazia parallela del Cavaliere”,  scrivemmo un anno fa questo articolo che spiega quello che inItalia non vi raccontano).

L’offerta russa è allettante ma la vera preoccupazione è la reazione americana nel caso Israele accettasse; sia per ovvi motivi geopolitici, sia perché  la texana Noble Energy, oltre ad aver scoperto il giacimento, è anche l’operatore di maggioranza per lo sfruttamento (con il 39% delle quote, ruolo superiore a quello della israeliana Delek Drilling)

PERCHÈ ISRAELE POTREBBE ACCETTARE?
Ci sono dei chiari mutamenti nel quadro geopolitico internazionale che potrebbero spingere Israele ad accettare l’offerta russa:

  1. L’accordo americano con Teheran sul nucleare iraniano ha spinto le relazioni Usa-Israele al punto più basso della storia.
  2. Sulla base di tale accordo Israele si sente ancora più minacciato nella sua sicurezza. Gli analisti israeliani sono convinti che entro 5 anni l’Iran avrà la bomba atomica e quindi occorrerà ridisegnare strategie e alleanze.
  3. La Russia è il principale alleato di Teheran, quindi il miglior mediatore possibile in vista di tensioni future.
  4. La credibilità e il peso di Washington in Medio Oriente sono crollati in seguito agli spaventosi errori dell’amministrazione Usa in questi anni (dalla Primavera Araba, ai dietrofront in Egitto, dalla disastrosa guerra in Libia, alla gestione dilettantistica della crisi siriana). Ci vorranno anni prima che gli Usa riescano a recuperare il ruolo che avevano nella regione. Inoltre l’accordo con Teheran ha spaccato a metà l’opinione pubblica americana rendendo evidenti le divisioni su cosa fare in Medio Oriente.
  5. L’ingresso di forze militari russe in Siria (affiancate dai reparti d’élite iraniani) stanno facendo comprendere a Israele l’ennesimo fallimento di Washington: Assad non capitolerà facilmente e quindi occorrerà fare i conti con un nuovo scenario, in cui, paradossalmente, Assad rappresenta ora il problema minore.
  6. La presenza russa in Siria “inibisce pesantemente la flessibilità di Israele per il lancio di un’azione militare contro obiettivi iraniani o Hezbollah” e questo spinge il realismo israeliano a capire che Mosca può essere un valido alleato per contenere i nemici sciiti.
  7. Consolidando la presenza in Siria, Mosca diventa la forza militare straniera più forte del Mediterraneo orientale.
  8. La situazione di crisi in quell’area del Mediterraneo rende difficile individuare operatori stranieri (esclusi i russi) disposti ad investire miliardi nel gas israeliano.

CONCLUSIONE
La proposta russa dimostra il tentativo di Mosca di porsi come baricentro di un nuovo Medio Oriente non più ad egemonia americana. Dagli alleati tradizionali (Iran e Siria), alle nuove interlocuzioni con le monarchie saudite (deluse dal comportamento di Washington con Teheran), fino alla proposta di protezione militare ed economica a Israele, il realismo di Putin si muove a tutto campo con una visione strategica chiara, sfruttando il declino americano nella regione.
Mosca sta ridisegnando la sua presenza in Medio Oriente recuperando il ruolo con il mondo arabo che aveva in epoca sovietica.

Chissà se dopo anni di disastrose guerre umanitarie americane, non saranno proprio i “cattivi” russi a stabilizzare la polveriera del mondo.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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