una visione distorta
Federica Mogherini ha cominciato il suo nuovo prestigioso lavoro da Lady Pesc con il piede sbagliato. Ha compiuto la solita rituale, visita a israeliani e palestinesi, promettendo un rinnovato impegno dell’Europa per risolvere il problema e ripetendo quello che io considero un programma inattuabile, uno slogan ripetuto mille volte da altrettanti politici senza alcun risultato e in questo momenti addirittura utopistico: due popoli e due Stati che vivono in pace e armonia l’uno accanto all’altro. Come uno studente che, come primo compito, si propone la quadratura del cerchio, la Mogherini è invece andata a impegnare il già scarso prestigio della UE in un’impresa fallita a personaggi come Clinton, Blair, Obama, Kelly, per nominare solo i principali. Per peggiorare ulteriormente le cose, ha accentuato (forse ricordandosi di quanto predicava quando era solo una funzionaria dei DS) l’orientamento antiisraeliano già presente in Europa, indicando come causa principale del fallimento dei negoziati la costruzione da parte dello Stato ebraico di nuove unità abitative a Gerusalemme Est e in altri insediamenti “contesi”. Nessuna parola di condanna, invece, per i nuovi attentati terroristici a Gerusalemme, per l’ossessiva propaganda antiisraeliana – nelle scuole, nei media, nei discorsi – sia dell’Autorità nazionale palestinese dominata da Al Fatah sia di Hamas, l’organizzazione vicina all’ISIS che comanda a Gaza, compie continue atrocità anche nei confronti dei suoi connazionali e ha ancora nel suo Statuto l’obbiettivo della “eliminazione dell’entità sionista” (cioè la distruzione di Israele). L’insistenza sulla illiceità dei nuovi insediamenti (peraltro condivisa anche dalla amministrazione Obama e da buon parte di governi europei) e sul loro peso negativo nella controversia è parsa, almeno a me, abbastanza assurda in presenza di una situazione mediorientale esplosiva, in cui i morti si contano a decine se non a centinaia ogni giorno e in cui l’Occidente, invece di attaccare l’unica democrazia e l’unico avamposto della nostra civiltà nella regione, dovrebbe concentrare tutte le sue forze nella lotta agli estremisti del Califfato.
Ma torniamo all’impegno di favorire la ripresa dei negoziati in vista della creazione di uno Stato palestinese, ribadito dalla Mogherini in tutti i suoi incontri. Perché la soluzione dei due Stati, ideale in teoria, è diventata così difficilmente realizzabile nella pratica? Perché, nell’attuale situazione delle regione e l’avanzata del jihadismo, Israele non può sgombrare ulteriori territori, ritirandosi nei confini del 1967, senza rischiare la sopravvivenza. Quando si ritirò dal Libano meridionale nel 2000, questo fu immediatamente occupato dall’Hezbollah, che gli ha praticamente mosso guerra due anni dopo. Quando lasciò volontariamente Gaza nel 2005, la Striscia è stata dopo breve conquistata con un golpe da Hamas, che ha cominciato a lanciare razzi contro lo Stato ebraico fino a costringerlo a due (cruente) reazioni militari. Se oggi sgomberasse la Cisgiordania, correrebbe il rischio che anche questa diventi una piattaforma per attacchi contro il suo territorio, con l’aggravante che i nemici sarebbero installati a pochi chilometri dall’aeroporto di Lod, a portata di missili da Tel Aviv e potrebbero in qualsiasi momento isolare Gerusalemme. In più, lasciando a uno Stato palestinese che nel giro di poco tempo potrebbe finire sotto Hamas il controllo della frontiera sul Giordano, aprirebbe le porte alla penetrazione degli elementi estremisti che stanno dilagando in tutta la regione. Perciò, nelle circostanze attuali Israele potrebbe al massimo accettare una Palestina dotata di larga autonomia amministrativa e con una economia integrata alla sua, ma smilitarizzata e con frontiere controllate: una soluzione che i palestinesi, imbaldanziti dal crescente numero di Paesi che li riconoscono già ora come Stato (tre mozioni in questo senso sono state presentate dalle sinistre e da M5S anche al Parlamento italiano) non accetteranno mai, neppure in via transitoria.
Se a questi ostacoli aggiungiamo la pretesa dei Palestinesi di ottenere il rientro in Israele dei profughi del ’48 e di tutti i loro discendenti, che gli altri Stati arabi hanno tenuto per tre generazioni confinati nei campi e che noi manteniamo attraverso l’UNRWA (quasi quattro milioni di persone!) e la pretesa di impiantare la propria capitale in una Gerusalemme che tutti gli israeliani considerano indivisibile, vediamo quanto il compito che si è proposto la Mogherini sia improbo; e quanto sarebbe meglio se si dedicasse a problemi a noi assai più vicini, e anche più rilevanti per l’Italia, come l’Ucraina.