La truffa più odiosa
Tra le innumerevoli truffe compiute dagli italiani ai danni dello Stato, quella scoperta domenica mattina dalla Guardia di Finanza mi è sembrata particolarmente odiosa. 36 piloti ex Alitalia, che all’atto dello scioglimento della vecchia compagnia avevano strappato SETTE ANNI DI CASSA INTEGRAZIONE, che a seconda della anzianità andava dai 3.000 agli 11.ooo Euro mensili, lavoravano lautamente retribuiti per compagnie straniere senza denunciare di avere un’altra attività. 36 sono stati scioperti, sembra un po’ casualmente, ma potrebbero essere molti di più; e se lo hanno fatto i piloti, cioè i più ricchi, chissà che cosa hanno combinato gli altri, hostess, personale di terra, ecc. Dopo la chiusura della ex compagnia di bandiera, c’è stato infatti un boom del trasporto aereo, soprattutto nel campo delle cosiddette low cost, che dovrebbe avere consentito, se non a tutti, almeno a buona parte dei cassintegrati di allora di rientrare regolarmente nel mondo del lavoro.
Cerchiamo di individuare le responsabilità:
1) Fu un’autentica follia, da parte del governo del tempo, concedere al personale in esubero della vecchia Alitalia una cassa integrazione della durata di sette anni. A mia memoria, nessun’altra categoria, nessun’altra azienda hanno mai (e speriamo otterrà mai più) un trattamento così generoso, naturalmente a spese dei cittadini. A questi signori sono stati elargiti, perché non facessero nulla, decine di milioni di Euro e solo la truffa accertata in questi giorni sembra avere provocato un danno erariale di 7,5 milioni. La cassa integrazione è stata inventata per consentire a un’azienda, in momentanee difficoltà, di superare il periodo difficile senza licenziare il proprio personale, ma nella prospettiva di un rientro entro un ragionevole periodo di tempo. Con gli anni, si è trasformata in una specie di sussidio di disoccupazione, o se preferite, di liquidazione anche per dipendenti che, per il fallimento dell’impresa o altri motivi, non avevano la minima possibilità di riprendere il vecchio posto di lavoro. Nel caso Alitalia, è stato molto peggio: si sono fatte ai sindacati delle concessioni insensate, perché diventassero conniventi di una operazione che, comunque, aveva sollevato molte obiezioni. Sette anni di cassa integrazione all’80% dell’ultima retribuzione erano, e sono, tra l’altro un evidente incoraggiamento a non cercare un’altra sistemazione legale e starsene a casa in panciolle o fare un lavoro nero.
2) E’ incredibile che l’INPS, che elargisce i soldi della Cassa, non abbia instaurato un sistema di controlli neppure in questo caso anomalo che, come abbiamo visto, presentava opportunità particolarmente ghiotte per chi voleva fare il furbo. Non dico che l’Ente avrebbe dovuto – come suggeriscono alcuni – pretendere l’obbligo di firma in vigore per i condannati ai domiciliari, ma specie oggi, con tutte le risorse tecnologiche a disposizione dello Stato, c’erano sicuramente altri metodi per evitare di farsi prendere in giro. Il fatto che ci siano voluti anni per scoprire i primi “peccatori” (e sembra solo per un caso fortuito) è una vergogna.
3) L’episodio, che io ritengo emblematico, dovrebbe indurre lo Stato – anziché continuare a infierire sui contribuenti onesti – a intensificare le indagini sulle centinaia di migliaia di cittadini che ricevono dallo Stato soldi che non sono loro dovuti, dai politici e dai loro clienti che ottengono posti ben remunerati per non far nulla ai falsi invalidi e dai loro fasulli “accompagnatori”, dai finti poveri che ottengono esenzioni da ticket, tariffe scolastiche ridotte e altri benefici ai molti mangiapane a tradimento che si annidano nella pubblica amministrazione e in varie nicchie nascoste della società.
Non mi illudo che succederà. Ma se la truffa di questi piloti che guadagnano somme che l’italiano medio neppure si sogna provocasse una ondata di indignazione tale da favorire una svolta nel segno di maggiore rigore, maggiori controlli e maggiori castighi (finanziari, perché tanto in prigione non ci va nessuno), sarebbe quasi la benvenuta.