Autolesionisti e bastian contrari
Una quarantina di parlamentari italiani, una decina di SEL e fuorusciti dal PD più una trentina del Movimento Cinque Stelle, saranno domenica ad Atene per sostenere il premier Tsipras nella sua battaglia per indurre i greci a votare NO alle ultime proposte dell’Europa. Salvini, in un soprassalto di buonsenso, ha rinunciato all’ultimo momento al viaggio, e pertanto non potremo (per fortuna) inserire la Lega in questa strampalata comitiva. Posso capire gli esponenti dell’estrema sinistra, che vanno a manifestare la loro solidarietà all’ultimo primo ministro marxista d’Europa in quella che potrebbe essere la sua ultima battaglia politica; ma li capisco come uomini di partito, non come italiani. Ritengo infatti che tutti i nostri connazionali, di qualunque colore politico siano, rosso, nero, azzurro o verde, che tifano per una vittoria del NO siano degli autolesionisti, cioè vogliano il male del nostro Paese.
La confusione sotto il cielo è tanta, che sarà bene cercare di schematizzare un po’
1) Il referendum indetto da Tsipras è FASULLO, perché chiede ai greci se sono disposti ad accettare non l’Ultima (e più vantaggiosa) proposta dell’Europa, ma la penultima. Consiste di 34 pagine, per giunta tradotte in maniera alquanto approssimativa, pubblicate sul web. E’ ovvio che pochissimi le leggeranno, ancora meno le capiranno e finiranno semplicemente (anche se Renzi lo nega) a favore o contro la permanenza del loro Paese nell’eurozona, cioè dovranno scegliere tra l’Euro e una dracma che potrebbe essere svalutata, insieme con i loro risparmi, anche del 50%.
2) Di conseguenza, i nostri deputati che andranno a spingere per un NO si batteranno per quel Grexit, quell’abbandono forzato dell’Euro da parte di Atene, che ci porterebbe tutti, per usare l’espressione efficace di Draghi, in acque inesplorate. Tra i primi a trovarsi a navigare in queste acque sarebbe proprio l’Italia, per le dimensioni abnormi del suo debito pubblico e per il ritardo che, con buona pace di Renzi, accusiamo nell’attuale le riforme (soprattutto la spending review). E’ questo che cercano, per ragioni di politica interna, Vendola, Fassina, Grillo e compagni? Sperano, per caso, che l’uscita della Grecia dalla moneta unica faciliti anche quella dell’Italia, da loro auspicata senza mai spiegarne né la procedura né le conseguenze?
3) Se non è così, se cioè vogliono solo che Tsipras vinca per dare uno schiaffo alla Germania, non tengono conto che non è tanto la signora Merkel che si oppone a che si permetta alla Grecia di violare le regole e ottenere altri soldi che non restituirà mai, ma i Paesi che durante la grande crisi si sono trovati in difficoltà analoghe (anche se meno gravi), hanno fatto i loro compiti a casa e stanno gradualmente rilanciandosi. Sono, in primo luogo, Spagna, Irlanda, Portogallo, Lituania, ma la lista è molto più lunga e dovrebbe comprendere anche l’Italia. Perché, dovrebbero chiedersi i suddetti signori, noi abbiamo accettato di salvare i conti con la legge Fornero, e ai greci dovrebbe essere consentito di continuare ad andare in pensione a 56 anni?
4) Anche gli amici di Tsipras dovrebbero capire che il NO che gli propugna non è nel suo interesse (cioè, a suo modo, è un autolesionista anche lui. Se vincesse, egli dovrebbe infatti sbattere la porta in faccia all’Europa, e poi gestire con i suoi compagnucci marxisti un disastro economico quale non ha mai conosciuto, neppure durante la guerra civile, e finirebbe condannato dalla storia. Se invece vincessero i SI, egli sarebbe magari costretto alle dimissioni o a formare un governo di coalizione, ma potrebbe dire di avere cercato fino in fondo di difendere le sue (del tutto irrealistiche) promesse elettorali, ma di avere poi rimesso al popolo la decisione su quanto è riuscito, in mesi di negoziati, a ottenere. Avrebbe, cioè, ancora un futuro politico.
Chi si appresta a partire per Atene, o è già ripartito, ci ripensi; e se non lo facessero, non mi dispiacerebbe se partisse una “controdelegazione” per appoggiare il sì, che è l’unico esito che permetterebbe di evitare una tempesta in cui saremmo inevitabilmente coinvolti.