Un caffè alla Scala
Il Teatro alla Scala di Milano ha insediato oggi il nuovo Consiglio di Amministrazione della sua Fondazione in attesa dell’arrivo del nuovo Sovrintendente Dominique Meyer che dal primo marzo prenderà il posto di Alexander Pereira.
Sono stati riconfermati il finanziere Francesco Micheli per il Ministero dei Beni Culturali, Alberto Meomartini in rappresentanza della Camera di Commercio di Milano, Aldo Poli per la Fondazione Banco di Lombardia, Giovanni Bazoli per la Fondazione Cariplo, Claudio Descalzi per ENI.
Due le nuove entrate nel board: Maria Teresa Carpio, regista, giornalista e produttrice nonché moglie di Paolo Bulgari per il Ministero dei Beni Culturali e il pianista Nazzareno Carusi nominato da Regione Lombardia.
La scelta di un musicista all’interno del CdA scaligero, anche se non è una novità assoluta, appare come una piacevole ripresa di una consuetudine che era stata abbandonata negli anni a favore di figure manageriali e non potrà che portare un valore aggiunto e una sensibilità nuova. Quale migliore occasione per prendere un caffè con lui e fare quattro chiacchiere sulla sua vita.
Anche il caffè ha un sapore particolare in piazza della Scala a Milano. Quello stesso lastricato pare che ancora risuoni dei passi di Verdi, Toscanini, Ponchielli, Ricordi, Sonzogno, Mascagni e dei grandi della musica italiana che hanno varcato l’aurea soglia del teatro.
Gli occhi del maestro Carusi, seppur nella penombra del pomeriggio, sono luminosi e allegri, di quella luce particolare che appartiene solo a chi, toccato dalla Musa Euterpe, ha il cuore che pulsa in diesis, perennemente aumentato di un semitono.
Non possiamo non sapere da dove tutto è cominciato così, tra la musica di Verdi che risuona tra i tavoli, tutto è perfetto per ottenere qualche confidenza personale.
«Fu la mia mamma, insegnante di lettere, che mi regalò l’amore per la musica – ricorda Carusi. Avevo solo due anni quando ho cominciato a sfiorare i primi tasti di un pianofortino giocattolo e a dieci mi esibivo nel mio primo concerto nel Castello di Celano, la mia città natale. Poi ho avuto la fortuna di toccare a suon di musica un po’ tutti i continenti e grazie a quest’arte sono diventato quel che sono oggi».
Ha avuto come maestro e mentore Alexis Weissenberg, ha potuto godere dei consigli di Isaac Stern e Riccardo Muti ha lasciato su di lui parole bellissime di apprezzamento e stima.
«Sono onorato che la vita abbia condotto sulla mia strada molte persone prestigiose nel mondo musicale. Anche all’interno della Scala ho amici con i quali ho suonato tante volte. Eravamo giovani… forse oggi abbiamo qualche capello in meno ma ancora condividiamo un amore lancinante per la musica.»
Un amore, quello per la musica, che le ha anche dato dei dolori.
«Due anni fa fui costretto a interrompere improvvisamente l’attività concertistica a causa di una frattura vertebrale. Avevo tre concerti alla Verdi di Milano e al Maggio Musicale Fiorentino che ho dovuto annullare improvvisamente. Da allora non ho ne ho più tenuti in pubblico. Però la musica non mi ha abbandonato. Sono titolare della Cattedra di Musica da Camera presso l’Accademia Internazionale di Imola e professore ordinario al Conservatorio Buzzolla di Adria. Lavorare con i ragazzi è una fortuna, gli allievi spesso realizzano ciò che il maestro non riesce a realizzare lui stesso».
E infine eccola a Milano.
«A questa città meravigliosa mi lega un rapporto di anni. È inclusiva e sa valorizzare, è internazionale e ogni crescita passa da questa fucina continua di talenti. Se oggi guardo indietro riannodando i fili di ogni direzione presa negli ultimi anni è stata proprio Milano a cambiarmi sostanzialmente la vita. Seguendone i percorsi, anche eclettici, questa città ha contribuito in maniera determinante a rivelare di me a me stesso più di quanto avessi mai intuito. E come posso poi dimenticare l’eccellenza dell’Ospedale Niguarda che oggi amorevolmente mi cura».
Quale percorso si è prefigurato in questa sua nuova carica nel Consiglio di Amministrazione scaligero?
«Il solo nome del Teatro alla Scala fa battere il cuore. Sono consapevole della grande responsabilità del ruolo. Un teatro, e a maggior ragione La Scala, custodisce la storia, i sentimenti, la cultura di tutti, ne rappresenta l’anima che va preservata e accudita come il più prezioso dei tesori. La storia della Scala insegna questa profondissima bellezza e la bellezza, come si sa, fa bene al mondo.»