Street food nell’antica Pompei
Il termopòlio o thermopolium, recentemente scoperto nell’area archeologica dell’antica Pompei, ha riportato alla luce con sé il ricordo di una delle abitudini alimentari più diffuse del mondo antico e tramandata fino ai giorni nostri: il cibo da strada.
Nel piccolo negozio affacciato su uno slargo di vicolo delle Nozze d’Argento nella Regio V, un lungo bancone ad angolo conteneva grosse giare incassate in cui erano conservati vari tipi di bevande e cibi caldi, pronti per essere comprati durante il praedium, il pranzo, che i romani (come gli antichi greci) preferivano consumare in piedi per strada specie in un’epoca in cui pochi potevano permettersi di cucinare o accendere fuochi in casa.
Anche se i ceti abbienti consideravano questi luoghi di bassa reputazione, mal frequentati e di cattivo gusto la distribuzione negli scavi di termopoli, (insieme a tabernae e cauponae/osterie) dimostra la loro estrema diffusione, tanto che in una città di 15 mila abitanti come Pompei ne sono state finora scoperte oltre 80. Senza parlare, poi, dei venditori ambulanti che agli angoli delle strade offrivano pane, frittelle, salsicce, interiora cotte sulle braci attirando con grida i loro clienti. Tra i mille odori emanati da una città antica il cibo era sicuramente prevalente in alcune ore del giorno e il caos regnava sovrano come ricorda un epigramma del poeta satirico Marziale scritto dopo che l’imperatore Domiziano decise di regolare l’esposizione delle merci su strada. “Non più fiaschi appesi ai pilastri… bettoliere, friggitore, norcino; nel proprio guscio se ne sta ciascuno. Ora c’è Roma: prima era un casino”.
I thermopolia (dal greco thermós, “caldo”, e poléo, “vendo”) erano come un’odierna tavola calda in cui venivano preparate zuppe, spiedini di carne (suina e cacciagione), pesce fritto, garum (salsa di interiora fermentate di alici), il tutto porzionato per essere consumato con le mani in cartocci o in piccole ciotole di coccio. Si servivano anche uova, olive, focacce, formaggi, fichi. Il lungo bancone con diversi incavi conteneva nella sua muratura grosse giare (dolia) per le bevande e le zuppe mentre le vivande pronte alla vendita erano in bella mostra sul pianale dentro ciotole incassate. Un piccolo focolare in un angolo permetteva di scaldare il cibo in pentole di bronzo o terracotta e grigliare.
I termopolia erano molto diffusi nelle città romane, come dimostrano gli stessi scavi di Pompei e quelli di Ostia antica, ma la particolarità di questa nuova scoperta risiede nella ricchezza degli affreschi e nella possibilità di effettuare le ricerche grazie alla collaborazione di studiosi di diverse discipline (archeologo, antropologo, archeobotanico, archeozoologo, fisico, geologo) per restituire così quante più notizie possibili sugli usi alimentari e sulle abitudini di vita dei romani.
Il bancone – vero gioiello di questa scoperta – è dipinto con scene dai colori vivaci. Il lato principale mostra una splendida nereide in groppa ad un cavallo marino mentre su quello minore era dipinta quella che probabilmente era l’insegna del locale che raffigurava la facciata da strada con le anfore di vino appoggiate. A lato alcune scene minori: un cane alla catena e nature morte a ricordare le pietanze che erano servite. Infatti, i germani reali raffigurati nei riquadri erano di certo un piatto della casa, come dimostrano i frammenti di ossa ritrovati dagli archeologi nei grossi incavi utilizzati per smistare il cibo destinato alla vendita. Dagli scavi emerge un frammento di vita vissuta. Sul fondo di un dolio sono stati ancora ritrovati i frammenti di fave spezzettate che, come ricorda Apicio (celebre cuoco e scrittore di ricette), erano utilizzate per far decantare e sbiancare il vino. Nel retrobottega insieme a materiali di dispensa è stato poi trovato lo scheletro di quello che poteva essere l’oste (un uomo sulla cinquantina) steso su un giaciglio dove probabilmente si riposava affaticato dall’aria pesante dell’eruzione, prima che la corrente piroclastica emessa dal vulcano lo investisse. Particolare è anche il rinvenimento all’interno del termopolium di un cane adulto di piccole dimensioni (20 cm di altezza) che rappresenta un caso abbastanza raro di selezione.