Fondazione Pirelli: un’impresa tra storia, cultura e innovazione
La Fondazione Pirelli, testimone di una storia imprenditoriale di oltre 150 anni, incarna l’essenza dell’azienda italiana nel connubio tra cultura umanistica e ricerca scientifica. Dall’integrazione della storia industriale al sostegno della responsabilità sociale, la Fondazione si erge come custode e promotrice del patrimonio culturale, investendo in progetti innovativi e culturali. Antonio Calabrò, Senior Vice President Pirelli per la Cultura e Direttore della Fondazione Pirelli ci racconta le novità e i progetti futuri di questa importante azienda italiana.
Direttore, qual è la missione principale della Fondazione Pirelli e quali sono i suoi obiettivi?
La storia della Pirelli, azienda italiana fondata oltre 150 anni fa e tra i principali produttori mondiali di pneumatici e servizi a questi collegati, si distingue per la capacità dell’impresa di fondere cultura umanistica e ricerca scientifica, innovazione tecnologica e sperimentazione artistica, con un occhio attento alla valorizzazione dei talenti e alla dimensione internazionale. La Fondazione Pirelli si impegna a consolidare il legame del Gruppo con la cultura in Italia e nel mondo, secondo una prospettiva di “cultura politecnica” che sa fondere in modo originale saperi umanistici e conoscenze scientifiche e caratterizza da sempre l’identità aziendale. Il suo costante impegno si concentra sulla ricerca su come armonizzare passato e futuro.
In che modo la Fondazione Pirelli integra la sua eredità storica e industriale nel lavoro attuale per favorire lo sviluppo culturale e sociale?
L’attenzione al nostro patrimonio culturale, storico e contemporaneo, rappresenta un valore non solo per l’impresa, ma per l’intera società e per il territorio in cui opera. Questa consapevolezza ha portato, nel 2008, alla nascita della Fondazione Pirelli alla Bicocca di Milano, nel complesso dell’Headquarters del Gruppo. La Fondazione ha adottato come motto una citazione dell’ingegnere Luigi Emanueli, lungamente capo della Ricerca e Sviluppo della Pirelli: “Adesso ci capiremo qualcosa: andiamo a guardarci dentro”: ricerca, appunto, osservazione critica, sperimentazione. La Fondazione si impegna a conservare, rendere accessibili e valorizzare documenti, immagini storiche, biblioteche e a promuovere iniziative culturali, collaborando con comunità locali e istituzioni nazionali e internazionali per favorire lo sviluppo sociale e culturale.
Quali sono i progetti innovativi culturali o le partnership più rilevanti che la Fondazione ha realizzato negli ultimi anni?
All’interno dell’ex “fabbricato 143”, sede della Fondazione, si conserva una vasta documentazione sulla storia dell’impresa dal 1872 a oggi, con particolare enfasi sulla sezione dedicata alla comunicazione. L’Archivio Storico ospita oltre 4 km di documenti, inclusi scatti di maestri della fotografia come Gabriele Basilico e Ugo Mulas, bozzetti pubblicitari di artisti del calibro di Bruno Munari e Bob Noorda, e pellicole dei pionieri del cinema del Novecento come Luca Comerio. La Fondazione mantiene anche una Biblioteca tecnico-scientifica di oltre 16.000 volumi e una sua biblioteca istituzionale di circa 2.000 libri. Il valore dell’Archivio Pirelli è stato riconosciuto dalla Soprintendenza Archivistica fin dal 1972, ponendolo sotto la propria tutela. La Fondazione si impegna attivamente nella promozione di mostre, progetti editoriali, convegni e attività di ricerca, contribuendo così alla valorizzazione della nostra cultura d’impresa e, più in generale, dell’industria italiana.
Nella foto qui di seguito: Carl Lewis testimonial della campagna pubblicitaria Pirelli “Power is Nothing without Control”, Young & Rubicam, 1994, foto Annie Leibovitz, courtesy of Fondation Pirelli
Quale ruolo svolge la Fondazione Pirelli nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa e quali iniziative recenti hanno avuto un impatto significativo?
La Fondazione opera attivamente nella promozione della Cultura d’Impresa di Pirelli attraverso diverse iniziative. Organizza mostre e visite guidate all’Headquarters aziendale, convegni e attività di mediazione culturale, coinvolgendo sia i vari settori aziendali, sia professionisti, professori e studenti di scuole e università. Ha sviluppato progetti speciali, come “Il Canto della Fabbrica”, di una composizione musicale ispirata ai ritmi della fabbrica digitale, commissionata al violinista Francesco Fiore ed eseguita, per la prima volta, nel settembre del 2017 dall’Orchestra da Camera Italiana diretta dal Maestro Salvatore Accardo nel Reparto Confezioni del Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese, il centro di produzione più innovativo del Gruppo.
La Fondazione offre anche programmi formativi, giusto?
Sì, la Fondazione si dedica all’educazione attraverso percorsi formativi rivolti a docenti, studenti di scuole di ogni ordine e grado e atenei, avvicinandoli ai valori fondanti della cultura d’impresa di Pirelli. Investe in strumenti di divulgazione culturale digitale, come la piattaforma digitale https://www.fondazionepirelli.org/it/, in tour virtuali e un chatbot per interazioni dirette con l’utente. Collabora con il Premio Campiello per iniziative letterarie dedicate ai bambini e ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Attraverso un reportage fotografico nei laboratori di Ricerca & Sviluppo presso il quartier generale di Milano Bicocca, è stato documentato il contesto della ricerca scientifica in Pirelli. Quest’ultima si concentra sempre più sull’innovazione delle materie prime e dei materiali in termini di sostenibilità, un racconto visivo reso disponibile sul sito https://www.pirellibuildsthefuture.org/it/index.html
Inoltre la Fondazione porta avanti il suo impegno di promozione della lettura anche sui luoghi di lavoro…
Nel contesto lavorativo, promuoviamo attivamente la cultura della lettura attraverso la gestione delle biblioteche aziendali presso gli Headquarters di Milano Bicocca e gli stabilimenti di Bollate e Settimo Torinese. Nel corso del tempo, abbiamo stabilito molteplici collaborazioni con istituzioni di rilievo nel panorama culturale: nel settore artistico e storico, con il FAI – Fondo Ambiente Italiano e la Fondazione Isec – Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea; nel campo teatrale, con il Teatro Franco Parenti e il Piccolo Teatro di Milano; nel mondo della musica, con istituzioni quali il Teatro alla Scala, l’Orchestra Sinfonica di Milano, l’Orchestra da Camera Italiana e il Festival MITO SettembreMusica.
Nella foto qui di seguito: Riccardo Manzi, pubblicità del pneumatico CINTURATO Pirelli, 1961, courtesy of Fondazione Pirelli
Quali sono i principali desideri o sfide nel prossimo futuro e quali strategie sono in corso per affrontarle?
La Fondazione si impegna coerentemente con la strategia e la filosofia aziendale nel preservare e valorizzare il patrimonio storico di Pirelli. L’evoluzione di Pirelli è strettamente intrecciata con la storia italiana: l’azienda è stata fondata nel 1872, appena undici anni dopo l’Unità d’Italia. E la nostra storia è sempre stata caratterizzata da una forte identità milanese e, al tempo stesso, da un’impronta marcatamente internazionale. Questo spiega perché, dopo 152 anni, non solo siamo ancora attivi, ma stiamo continuamente crescendo. La forza delle imprese italiane, infatti, risiede nella capacità di coniugare la memoria e l’innovazione, unendo consapevolezza storica e prospettiva verso il futuro. Il nostro ultimo libro, “Una storia al futuro”, incarna appieno questo concetto. Tuttavia, questa forza non appartiene esclusivamente a noi: tutte le imprese italiane che mantengono la loro vitalità, anche con un’età inferiore alla nostra, possiedono questo duplice e sinergico punto di forza.
Che importanza ha valorizzare la vostra cultura d’impresa?
È di fondamentale importanza, come testimonianza della storia generale di questo Paese, abbracciando gli aspetti economici, sociali e culturali in generale. Siamo, infatti, ben consapevoli di quanto la cultura e l’impresa rappresentino un pilastro culturale di rilevanza essenziale, indispensabile anche per la formazione delle nuove generazioni. La storia non si limita alla politica, alle battaglie, alle vicende di case reali e di governi ma riguarda anche le culture materiali, i consumi e i costumi, i meccanismi di produzione e di scambio, il modo in cui conduciamo la nostra vita quotidiana, ci vestiamo, ci nutriamo, costruiamo relazioni, sviluppiamo le città e viviamo in esse. La storia dell’impresa è una parte integrante della storia materiale. E ne è testimonianza proprio il nostro ruolo di custodia e valorizzazione della storia di Pirelli. Una storia vissuta non con un senso di nostalgia o di rimpianto, ma come il fondamento su cui costruire innovazione e progresso.
Qual è la prossima iniziativa della Fondazione Pirelli?
La pubblicazione di un libro intitolato “L’officina dello sport”, edito da Marsilio e che sarà in libreria nella prossima primavera. È un’opera che si concentra sugli aspetti legati allo sport, al di là del momento delle competizioni. La competizione sportiva, giustamente, è l’aspetto più popolare, comunicato, enfatizzato. Ma con questo libro noi vogliamo andare dietro le quinte, raccontare laboratori, officine e cantieri, illustrare produzioni e preparazioni tecniche, descrivere come si allena uno sportivo, come si forma una squadra vincente, come viene costruita una barca a vela trionfante in regate internazionali. Ma anche quali sono le implicazioni dei materiali e delle tecnologie nella Formula Uno. Ci guida uno slogan intramontabile di Pirelli: “Power is nothing without control”, che sottolinea l’importanza della misura, dell’equilibrio, della consapevolezza fondamentale del senso del limite, nell’ambito della competizione. Non è solo la forza a garantire la vittoria, ma la capacità di operare all’interno di vincoli, limiti, relazioni di comunità, punti di forza delle persone da valorizzare e punti di debolezza da superare.
Puoi fornire ulteriori dettagli su questo nuovo libro?
Questo volume conta su diverse firme di rilievo, tra cui quelle di Joe R. Lansdale, romanziere americano di grande popolarità e di Eva Cantarella, autrice di un meraviglioso capitolo sulle Olimpiadi e sulle antiche competizioni sportive greche, raccontando cosa abbiano in comune gli atleti, gli eroi e le divinità. Il velista Ambrogio Beccaria approfondisce la dinamica relativa alla costruzione di una barca e come si imposta una regata oceanica. Il Presidente della Formula Uno Stefano Domenicali e il team Motorsport Pirelli condividono con i nostri lettori tutti gli aspetti, tecnologici e umani, che stanno dietro gare così impegnative come quelle automobilistiche. In sintesi, il nostro obiettivo è di sottolineare, dello sport, la rilevanza sociale e culturale, considerandolo correttamente come un elemento essenziale della nostra storia.
Quali sono i principali criteri utilizzati dalla Fondazione per selezionare progetti o iniziative da sostenere finanziariamente?
La scelta dei progetti segue un principio fondamentale: come si racconta una storia in modo coinvolgente affinché altri la ascoltino? I nostri criteri di selezione si basano su argomenti che si relazionano strettamente con la nostra identità, che è plurale, aperta, inclusiva, molto internazionale e contemporaneamente attenta ai valori dei territori e delle comunità in cui siamo presenti. Alla fine, raccontare storie significa trasmettere alle nuove generazioni il testimone dell’impegno industriale e culturale, del nostro patrimonio di valori e di saperi scientifici e tecnologici.
Avete scelto l’archistar Renzo Piano per la realizzazione dello stabilimento a Settimo Torinese.
Lo stabilimento di Settimo Torinese rappresenta il nostro impianto più moderno ed è stato progettato da Renzo Piano poiché desideravamo una fabbrica non solo all’avanguardia dal punto di vista industriale, ma anche esteticamente bella e funzionale. Nella convinzione che ci sia un rapporto molto stretto tra bellezza e produttività, sostenibilità ambientale, sociale e competitività. La scelta del progetto di Piano ha dato vita a una fabbrica luminosa, trasparente, sicura, altamente tecnologica e verde, circondata com’è da 400 alberi di ciliegio. I ciliegi, ispirati al “Giardino dei Ciliegi” di Cechov, costituiscono un elemento significativo di questa struttura modernissima, dotata di robot, tecnologie digitali e impianti energeticamente sostenibili, a cominciare dai pannelli solari che ricoprono l’intero tetto dell’edificio.
Nella foto di seguito: Fondazione Pirelli, open space, 2021, foto Ippi Studio courtesy of Fondazione Pirelli
Come si racconta una fabbrica?
La rappresentazione di una fabbrica, nella nostra esperienza, avviene attraverso fotografie, filmati, spettacoli teatrali e, come abbiamo già detto, una musica, un “Canto della fabbrica”. Abbiamo coinvolto i dipendenti di Settimo Torinese nella realizzazione di uno spettacolo teatrale intitolato “Settimo, la fabbrica e il lavoro”, che è stato messo in scena al Piccolo Teatro di Milano una decina di anni fa. Sul palcoscenico, gli attori interpretavano i ruoli degli operai, dei tecnici, degli ingegneri. Il pubblico, molto coinvolto e attento: nelle tre settimane di programmazione, c’è stato quasi sempre il ‘tutto esaurito’.
Parliamo meglio del “Canto della fabbrica”..
La musica ha avuto un ruolo significativo nel rappresentare una fabbrica del Novecento, come testimoniano i quattro colpi di sirena che aprono la seconda Sinfonia di Dmitrij Šostakovič. Oggi, tutto è cambiato: la fabbrica digitale è silenziosa, lontana dai ritmi tayloristici del lavoro e dai rumori tipici della catena di montaggio dell’industria del passato. E dunque ha bisogno di una nuova rappresentazione.
E come si racconta in musica, allora, una fabbrica silenziosa?
La musica, strumento universale di espressione, è capace di narrare ogni realtà. Nell’occasione, Salvatore Accardo e la sua orchestra, con i quali intrattenevamo da tempo un eccellente rapporto, hanno visitato a lungo la fabbrica, ascoltato i suoi ritmi, dialogato con i dipendenti, entrando nel cuore del lavoro di ricerca e di produzione. Guardare, cercare di capire, raccontare. E proprio tutto questo lavorìo di osservazione e di studio ha permesso di scrivere una musica adatta a rappresentare ritmi, tecniche, movimenti, ambienti ed emozioni.
Si è parlato di come la cultura e l’industria 4.0 siano fortemente complementari. Ma che cos’è la cultura della fabbrica?
La cultura contemporanea della fabbrica è legata a un’idea del “fare, fare bene e fare del bene” che va prendendo sempre più forma. Qualità e sostenibilità, ambientale e sociale, come asset fondamentale dell’identità aziendale e dunque della competitività su mercati sempre più esigenti e selettivi. L’industria e la fabbrica sono in continua trasformazione. E l’attenzione costante all’innovazione, in tutti i suoi aspetti, dalle tecnologie produttive ai nuovi materiali, dai linguaggi del marketing e della comunicazione al welfare aziendale, dalle relazioni industriali alle regole della governance, è il criterio che guida il nostro lavoro.
Qual è la posizione delle imprese italiane, in questo ambito, nel contesto globale?
A livello internazionale, gli italiani non competono affidandosi principalmente alla leva del prezzo. Il costo del lavoro elevato, la produttività di sistema non eccellente, il peso degli oneri fiscali e sociali, l’alto costo del denaro e dell’energia ci pongono in svantaggio rispetto al resto del mondo. Riusciamo a emergere grazie a un maggior e miglior livello di innovazione e a una speciale attenzione alla qualità e alla stessa bellezza dei nostri prodotti.
Come si è evoluto il suo percorso professionale iniziando dal giornalismo, dalla direzione di importanti testate giornalistiche e di agenzie di stampa e arrivando poi alla presidenza di organizzazioni e istituzioni del mondo dell’impresa, oltre che alle attività editoriali e ai corsi d’insegnamento presso l’Università Bocconi e l’Università Cattolica di Milano?
La mia evoluzione professionale è stata guidata dalla curiosità. Nel mondo dell’informazione e poi in quello dell’impresa. Nell’autunno 2006, Marco Tronchetti Provera mi offrì un’opportunità in Pirelli, in un momento particolare della sua storia, come azionista di Telecom. Accettai volentieri, perché volevo vedere le cose da un’altra prospettiva, osservare l’economia dall’interno di una grande impresa, partecipare all’impegno di fare le cose e non solo di raccontarle. Un’esperienza straordinaria. Che ancora oggi mi coinvolge pienamente.
Quali sono alcuni dei temi principali trattati nei suoi libri più recenti, come “Orgoglio industriale”, “La morale del tornio”, “L’impresa riformista” e “L’avvenire della memoria”?
I miei ultimi libri trattano temi collegati tra loro: come l’Italia può rimanere, nonostante tutto, il secondo grande Paese industriale europeo? E come costruire sviluppo sostenibile, legando storia e futuro, umanesimo e scienza? L’industria è un pilastro fondamentale di una democrazia liberale di mercato. Un’impresa industriale rappresenta una comunità, con dinamiche complesse che coinvolgono diritti e doveri, interessi individuali e valori generali, libertà e responsabilità. E la fabbrica, storicamente, è stata ed è ancora un luogo di formazione e promozione per molte persone, offrendo non solo un lavoro e un salario, ma anche autonomia e crescita personale.
Qual è stata la sfida più stimolante e gratificante che ha affrontato come Vicepresidente Pirelli per gli Affari Istituzionali e poi per la Cultura e come direttore della Fondazione Pirelli?
Una delle sfide intellettuali più entusiasmanti è stata quella di combinare la materialità della fabbrica con l’immaterialità della musica: un affascinante esercizio culturale. Inoltre, ho apprezzato il lavoro di squadra, considerando che le aziende non sono guidate da un singolo individuo, ma da un team. Altre sfide stimolanti sono state quelle legate all’apertura di nuovi stabilimenti in Messico, Romania, Cina e la ristrutturazione e la riqualificazione delle attività produttive in tutto il mondo, per esempio in Sud America.
Perché è affascinante il lavoro industriale?
Il fine del lavoro industriale non si limita alla mera ricerca del profitto immediato, all’accumulazione nel tempo breve della speculazione finanziaria. Si produce valore economico nel contesto dei valori degli stakeholders, cioè dei dipendenti, dei fornitori, dei clienti, degli abitanti delle comunità di riferimento. L’impresa, la manifattura, è un attore economico, ma anche sociale e culturale. Crea lavoro, diffonde benessere, contribuisce al cambiamento sociale. Deve essere, naturalmente, efficiente e competitiva, proprio per poter continuare a investire e innovare. Ma ha lo sguardo lungo dei protagonisti della storia delle grandi trasformazioni, con un forte impatto di responsabilità sociale.
Sfogliando il volume “Una storia al futuro”, che celebra il racconto dei 150 anni, si evince proprio come in Pirelli la tecnologia d’avanguardia, le visionarie capacità di immaginazione, una forza competitiva globale abbiano determinato il successo mondiale di questa storica azienda. Ma c’è dell’altro dietro al suo successo?
Questo libro celebra la tecnologia d’avanguardia, l’immaginazione visionaria e la competitività globale che hanno contribuito al successo mondiale dell’azienda Pirelli. Tuttavia, dietro a questo successo vi è una profonda attenzione per le persone, nonché un approccio innovativo al concetto di lavoro. L’attuale economia ha trasformato il lavoro da un semplice scambio salario-prodotto in un processo partecipativo. Oltre al salario e al prodotto, interviene un’ampia gamma di elementi: passione, attaccamento, creatività e un senso di appartenenza personale al lavoro svolto. La nuova forma di lavoro ti coinvolge in ogni fase del processo, permettendoti di comprendere appieno il ciclo produttivo e di sentirti parte integrante. In un certo modo, questo concetto ricorda la riflessione di Primo Levi ne “La chiave a stella”: “Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro, che purtroppo è privilegio di pochi, costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. In altre parole, scegliere un lavoro che appassiona riduce lo sforzo richiesto e aumenta la produttività. La creazione di condizioni di lavoro ideali, in un contesto sicuro, accogliente, sostenibile, rende l’attività lavorativa un piacere.
Qual è la forza dell’umanesimo industriale italiano e in che modo può aiutare nell’affrontare le sfide del futuro?
L’umanesimo industriale italiano si distingue per la cura della bellezza e della qualità tecnologica. Dopo la guerra, l’Italia, da paese povero, provinciale, contadino, è diventata nell’arco di pochi anni una delle potenze industriali europee. Questo successo è stato guidato dall’apertura ai mercati europei, da un’imprenditoria dinamica e forte d’una capacità maggiore di inventiva, dall’impegno di mano d’opera di qualità ma con costi più contenuti dei concorrenti e da una straordinaria attitudine al design. Il design è il nostro tratto distintivo, conferendo a oggetti come lavatrici, frigoriferi e cucine non solo funzionalità, ma anche un’estetica gradevole. Eccole, le leve del boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, tanto straordinario da essere chiamato comunemente “miracolo”. L’attenzione per la bellezza è una caratteristica profondamente radicata nella storia italiana e ha un legame diretto con la prosperità economica. La bellezza è stata considerata da sempre un mezzo per attirare persone e prosperità alle comunità. Con un forte legame tra estetica e produttività, bellezza, qualità e funzionalità. Come aveva ben sintetizzato un grande storico dell’economia, Carlo M. Cipolla: “Gli italiani sono abituati, fin dal Medio Evo, a produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo”. Una lezione ancor oggi di incisiva attualità.
Quali sono, secondo lei, le caratteristiche che rendono un’impresa competitiva globalmente?
La qualità, la funzionalità e l’estetica di un prodotto rappresentano elementi cruciali del made in Italy. La nostra capacità di adattarci alle varie esigenze dei mercati internazionali è uno dei principali punti di forza. Oltre alla produzione di oggetti, offriamo soluzioni per impianti industriali e per la produzione di macchine utensili, meccatronica e robotica d’avanguardia. E chimica specialistica, farmaceutica di precisione, componentistica di alta specialità per l’automotive, la cantieristica navale, l’industria aerospaziale. Il nostro made in Italy, oltre alle “tre A” dell’arredamento, abbigliamento e agro-alimentare, ha la forza di una manifattura di straordinarie capacità tecnologiche, con attenzione per l’ambiente, i valori sociali, l’equilibrio della bellezza. E oggi, davanti alle sfide della doppia transizione digitale e green e all’impiego dell’Intelligenza Artificiale, sono proprio le radici dell’umanesimo industriale a darci la possibilità di continuare a scommettere sul futuro. Un futuro da industria di straordinaria qualità.
Nella foto in apertura: Antonio Calabrò, Direttore Fondazione Pirelli