Il PD porta la satira in Questura
Dove l’Italia non è ancora Italia, né mai lo è stata, succedono cose che voi umani non potete immaginare.
In Calabria, per la precisione a Cosenza, nei giorni scorsi il sindaco forzista Mario Occhiuto – a quattro mesi dalle elezioni – s’è visto sciogliere il consiglio comunale: i consiglieri di minoranza del centrosinistra, e tre transfughi del centrodestra, hanno rassegnato le dimissioni nelle mani di un notaio per salvare la città, è la spiegazione, «da clientelismo e pratiche a volte ben oltre i confini della liceità». Nulla di nuovo, sotto il sole della politica. Copioni già andati in scena un po’ ovunque. Ma quando un gruppo di scapigliati della satira ha iniziato a ironizzare sulla sinistra affetta dalla sindrome di Tafazzi, capace di far sciogliere un consiglio comunale ad una manciata di settimane dal voto e di santificare così nell’immaginario collettivo il primo cittadino avversario, è scoppiato il putiferio. Cose che manco nel Congo, sedicente Repubblica: uno dei più seguiti autori satirici bruzi, Giuseppe Febbraio (nella foto), che su Fb si definisce «impagliatore di sedie e di cervelli», mette in rete un video in cui i firmatari artefici dello scioglimento vengono rappresentati come bersagli da buttar giù nei giochi del luna park. Fino a quel momento aveva per lo più preso di mira il sindaco dimissionato, una volta gettandolo idealmente da una torre, ma questo non basta a salvarlo dall’ira funesta dei custodi della (doppia) morale. La svolta a sinistra gli costa la messa al rogo.
Ad aprire la caccia allo stregone della risata, di persona personalmente, è il segretario regionale dei democrats, il deputato filorenziano Ernesto Magorno. Che sui social forum preannuncia un’interrogazione parlamentare su «un’istigazione alla violenza inaudita rispetto alla quale sollecito immediatamente un intervento delle forze dell’ordine». Il giorno dopo i gendarmi, ligi al dovere, eseguono. E convocano in Questura il malcapitato Febbraio per torchiarlo. Con garbo e forse un pizzico di imbarazzo. Tutt’attorno, intanto, il vuoto: nella Calabria che non è Italia non succede niente e quasi nessuno ne parla. L’eco non arriva manco a Eboli, e neppure Cristo lo può raccogliere. Tutti muti, perché osare criticare la smania di censura del Pd non fa radical chic. Del resto, non è più il tempo della lotta senza quartiere all’editto bulgaro berlusconiano, orgoglio di tanta parte della sinistra contemporanea italiana. È sfiorita pure la stagione del “Je suis Charlie” ed è già superata la moda buonista del “prayforParis”. Adesso chi sfotte i compagni passa i guai, anche se è compagno lui stesso. «La segreteria politica di Padre Pio comunica che nelle prossime ore il Santo sarà nel capoluogo bruzio per visitare la salma della sinistra cosentina», ironizza di rimando un altro grande della satira calabra, il “webmastru” Nunzio Scalercio. Sulla sua bacheca anche l’invito a comparire recapitato a Peppe Febbraio, con la sollecitazione a presentarsi negli uffici della Digos il 9 gennaio, ossia un mese prima della notifica.
Sulle rive del Busento, quasi come fosse una leggenda seconda solo a quella di Alarico e del suo tesoro, si racconta che l’impagliatore di materia grigia sia salito sulla sua Delorean per presentarsi puntuale all’appuntamento. Sorridente come sempre, alla faccia di chi s’era illuso di poter chiudere la satira nello stanzino di una Questura.