Un sussidio ai jihadisti disoccupati
Se c’è un Paese al mondo dove il welfare funziona è l’Italia. Chiedete un po’ in giro. Informatevi. Non restate a girarvi i pollici disperati. C’è speranza per tutti. A patto che non siate italiani, beninteso.
Ajhan Veapi, trentasettenne di nazionalità macedone, incassava ogni mese dalla Regione Friuli 500 euro: era disoccupato e per legge aveva diritto ad essere aiutato. E quei soldi avrebbe continuato ad intascarli tranquillamente se qualche giorno fa non fosse finito in galera. Accusato dai Carabinieri del Ros e dalla Procura di Venezia di reclutare combattenti da inviare poi nei teatri di guerra mediorientali, tra le fila dello Stato Islamico. «Ottimo il lavoro degli investigatori che l’hanno scoperto. Ma questo non poteva farlo né la Regione Friuli né altre regioni», s’è affrettata a spiegare la governatrice Deborah Serracchiani. Non è bastato (poteva, forse?) a togliere di bocca l’amara sensazione: il nostro è il Paese di Bengodi. A novembre, per dire, a Bolzano s’è scoperto che la sala web del carcere (sigh!) veniva utilizzata da alcuni reclusi – ovviamente rimasti anonimi – per sfogliare pagine inneggianti allo Stato islamico ed alle stragi compiute nel mondo in nome del jihad.
Insomma, la solita Italietta. Che s’indigna se le parole non sono da educande, che da del razzista a chiunque osi mettere in dubbio il buonismo da operetta e poi chiude gli occhi di fronte al peggio che c’è. L’iracheno Majid Muhamad, presunto terrorista ammanettato a Bari il 10 dicembre nell’ambito di un’altra inchiesta, si concedeva anche il lusso di scherzarci su. «Se vuoi vivere qui», diceva strafottente al telefono ad un amico mentre la Digos lo intercettava, «è meglio che tu vada a Bolzano: ti pagano la casa anche se non lavori. Fai come ha fatto Mullah Kawa: lui ha pagato l’affitto solo per sei mesi. Dopodiché ci hanno pensato i servizi sociali. Gli paga tutto il Comune. Gli passano pure un mensile per lui, la moglie e i figli».
Il commento finale? Scrivetelo voi. Io non trovo più parole.