Non nel nome di Dio
Non in nome di Dio. Fatevi belli, ma lasciate stare il Padreterno.
Le stragi di Bruxelles, che tanto e maledettamente assomigliano agli eccidi parigini, ma pure alle altre di Ankara e a quelle ugualmente sanguinose ma mediaticamente meno interessanti e perciò già dimenticate che ogni giorno si consumano dall’Africa all’Oriente, hanno comprensibilmente risvegliato emozioni e sentimenti, incendiati da dolore e smarrimento. È l’ora in cui i governi si riscoprono incapaci, gli uomini e le donne soli. E quando ancora il silenzio del lutto sarebbe l’unica morfina consigliabile, in tanti fanno capolino tra le onde della commozione, e non sai se siano squali o solo abili surfisti campioni di bontà fatta buonismo.
Colpisce che, in preda alla confusione ed al disorientamento, diffusi come quando ragione e forza da soli non bastano più a sostenere il mito dell’invincibilità, tutti si rivelino ferventi credenti. Tanto da riciclare come usato sicuro – ma solo come hashtag, perché di entrare in Chiesa non se ne parla – l’appello alla preghiera. Se qualche tempo fa si pregava per Parigi e per la Francia, adesso si cambia. Di poco, solo geograficamente. E l’invito si trasforma in #prayforbruxelles.
Fa figo. Fa tremendamente tendenza. Avviene nel Paese che dice no ai presepi nelle scuole, che vieta le benedizioni pasquali, che approva leggi d’ogni tipo rivendicando la suprema laicità dello Stato, fino ad intimare alla Chiesa di non intromettersi nelle cose temporali. E poi, però, chiede a Dio, al Cristo nel cui nome a migliaia ogni giorno vengono perseguitati dai fanatici dell’Islam, di manifestarsi misericordioso. Di intercedere. Di regalare un bel miracolo perché tra un po’ è Pasqua e mica si può andare fuori porta col pensiero che qualcuno sganci una bomba nel cestino della pasta al forno. Dio c’è. Che faccia qualcosa, allora. Oggi. Domani si vedrà. Quasi come fosse un cottimista, un lavoratore a chiamata: quando serve lo si ingaggia, e poi magari lo si paga con un voucher, come prevede il Gods’act. «Che orrore, mio Dio. Che orrore», twitta ad esempio religiosamente contrita l’europarlamentare dem Pina Picierno, un attimo prima di scagliarsi laicamente rinsavita contro «le pagliacciate di Matteo Salvini».
Che non sia il Dio dei cristiani, ma magari Budda o lo stesso Allah, poco cambia. Per una volta, una volta sola, siate coerenti. Provateci, almeno. Dio, il dio che avete in mente, chiunque sia, lasciatelo in pace dove sta. In cielo. Pensate, piuttosto, a fare qualcosa di umano in terra, se ancora ne siete capaci. Siate uomini e donne veri. Chè è questo che manca, nel mondo in fiamme.