La tassa sui profughi e le bugie dei buonisti
A chi i profughi? A voi.
Una delle lezioni che la sinistra che al mare va a Capalbio ha impartito, negli ultimi vent’anni, a tutto l’universo creato, riguarda i migranti. Semplice il teorema: gli immigrati vanno accolti. A prescindere. Chi dubita è in mala fede, chi si oppone razzista. Chi si interroga su come trattare il fenomeno per circoscriverlo pur senza affondare i barconi è, al più, un compagno che sbaglia o un borghese da salotto.
Se questa è la tesi, sarebbe lecito attendersi che là dove la sinistra e i suoi derivati governano da sempre, ad esempio in Emilia Romagna, rifugiati e richiedenti asilo siano di casa. E invece no. Da quelle parti «c’è come l’idea che si accolgano i migranti solo quando servono», ha detto tranciante monsignor Giancarlo Perego. Non un destrorso e neppure un acceso capitalista, ma il direttore della fondazione Migrantes. Uno, insomma, che i viaggiatori della speranza li accoglie per davvero e che di solito, in convegni ed interventi parlamentari a marchio buonista, viene citato come punto di riferimento.
Il suo pensiero il monsignore l’ha esternato infarcendolo di numeri, in occasione della presentazione del rapporto Migrantes: l’Emilia Romagna risulta essere prima in Italia nell’accoglienza dei migranti economici, quelli che arrivano già in possesso di un contratto di lavoro. Ne conta oltre mezzo milione. Soltanto 10.000, al contrario, i richiedenti asilo. Ai quali si aggiungono altri 1.000 immigrati coinvolti nel progetto Sprar. A conti fatti, una media di 2 rifugiati ogni mille abitanti, nettamente al di sotto degli su 11 su mille del Molise e dei 7 su mille dell’Abruzzo. «Serve più attenzione», ha ammonito Perego. Sì, vero: più attenzione. Magari anche nell’evitare di dire una cosa e farne un’altra, costruendo fortune personali e consensi elettorali sul mito della contrapposizione – spesso inventata – tra buoni e cattivi, dopo aver naturalmente deciso chi debbano essere i buoni (loro) e chi i cattivi (gli altri).
Nel girone dantesco è stato ad esempio già gettato vivo il sindaco del piccolo comune di Agna, nel Padovano. La sua colpa? Aver ipotizzato che le cooperative cosiddette sociali che fanno affari (splendida contraddizione in termini) nel settore dell’accoglienza dei profughi debbano corrispondere una tassa di soggiorno una tantum per ciascuno degli ospiti. Considerazione all’apparenza provocatoria, eppure a ben guardare affatto priva di senso: svolgendo un’attività ricettiva retribuita (peraltro dallo Stato), e dunque con finalità di lucro, perché rifiutarsi di assoggettarsi all’imposta che vale invece per l’albergatore che apre le porte ad un turista, tirando fuori al posto dei denari la storiella della carità?
Non ha avuto risposte, il buon sindaco, se non una: gli han dato del fascista. E lo hanno salutato alla maniera del Ventennio: a chi i profughi? A voi.