Giustizia negata, vergogna di Stato
Martin per un punto perse la cappa. Lui, per una consonante, s’è fatto 20 anni di galera da innocente.
Angelo Massaro aveva 31 anni quando andarono a prenderlo nella sua casa di Fragagnano, nel Tarantino. Era il 1995. Lo credevano colpevole della morte di un amico spacciatore, trovato in una pozza di sangue crivellato dai proiettili. Ucciso dal sodale per affari di droga, racconterà qualche tempo più tardi un collaboratore di giustizia. Ancor prima, fatale si era rivelata una telefonata – intercettata dalla Procura – con la quale, una settimana dopo la scomparsa del compagno pusher, diceva a sua moglie che avrebbe fatto tardi perchè stava andando a buttare “u muers”. Ma il termine che in dialetto pugliese sta a significare nient’altro che un oggetto ingombrante diventò, nelle trascrizioni, “u muert”, il morto. E tanto bastò, insieme al racconto della gola profonda, per ritenere chiuso il cerchio. Inutili e ininfluenti furono considerati i testimoni che in caserma e nelle aule del Tribunale giurarono che Massaro, la sera della telefonata, era davvero andato a disfarsi di un oggetto ingombrante, un vecchio slittino da neve. Nel 1997 lo condannarono a 24 anni, per omicidio. Richiesta di riaprire il caso, la Corte d’Appello di Potenza negò la revisione del processo. A riaprire la partita, nel 2015, la Cassazione. Con la decisione di chiamare la Corte d’Appello di Catanzaro a rivalutare la vicenda. Alla fine, il verdetto è arrivato: sentenza capovolta e remissione in libertà del condannato innocente.
Si era appena sposato, Massaro, quando lo seppellirono in una cella. Ne è uscito a 51 anni, a pena scontata quasi per intero. Gli hanno rubato la vita e nessuno potrà restituirgliela. Gli hanno tolto i sogni, lasciandogli segni impossibili da cancellare. Nessuno pagherà per questo: non chi svolse le indagini, non i giudici che quell’inchiesta coordinarono ed i loro colleghi inflessibili nel giudizio ed ancor più nel negare – nel 2012 – la possibilità di tornare in aula a rileggere le carte, perchè questo avrebbe significato ammettere l’eventualità di un errore.
Un pentito in-credibile, una telefonata, una consonante confusa per un’altra. Di questo si muore in Italia. La chiamano giustizia. È eutanasia di Stato.