Chi va col Jihad perde i figli
Non può essere un buon genitore chi inciti alla guerra santa. All’uccisione del prossimo, se cane infedele. Alla distruzione di civiltà diverse da quella islamica.
Boris Johnson lo aveva detto, ma i tromboni del politicamente corretto lo avevano subito gettato in pasto ai leoni dell’opinione pubblica quando nel 2013 l’allora sindaco di Londra, espressione del partito conservatore e solo per questo da mettere all’indice, in un’intervista al Daily Telegraph aveva avanzato una proposta semplice semplice: togliere i figli ai padri ed alle madri che li educano al fondamentalismo e al terrorismo islamico. Al cuore della proposta una considerazione. Meglio, un’incongruenza: non si può privare della potestà genitoriale chi abusi sessualmente dei propri figli o li esponga alla visione di materiale pornografico – argomentava Johnson – e far invece finta di niente di fronte a chi cresca la prole secondo i principi fondamentalisti del fondamentalismo islamico. Non di chi, insomma, impartisca loro i principi religiosi e culturali dell’Islam, ma di chi invece li guidi – eventualmente – sulla strada dell’integralismo, fino al crinale che scivola poi nella vallata del terrorismo. Una minaccia alla libertà di educazione, secondo i sostenitori dell’integrazione senza filtri, convinti anche che provvedimenti del genere avrebbero potuto rappresentare un’intollerabile limitazione dei diritti fondamentali.
Ironia del destino, la storia che si incarica di dare torto o ragione ha testimoniato che a quel che l’istrionico sindaco vagheggiava s’è arrivati, sebbene in coda ad anni di bombe e sangue per le strade d’Europa, mentre in Medio Oriente continua la mattanza dei miliziani di Daesh. Un paio di giorni fa il Tribunale dei minori di Venezia ha stabilito che la patria potestà può essere revocata al genitore in odor di Jihad. E così un giovane di nazionalità marocchina che a gennaio era stato espulso dall’Italia per le sue attività propagandistiche a favore dell’Isis s’è visto troncare ogni rapporto con la figlioletta di sei anni, rimasta in Veneto con la madre. «La condotta del padre costituisce un fattore di rischio per la minore, dato che non sembra rappresentare un riferimento educativo valido», scrive il giudice nel suo decreto.
Sarà poco liberale, scatenerà polemiche e discussioni, ma è una decisione coraggiosa. Perchè stabilisce, finalmente, che i terroristi o presunti tali vanno combattuti a viso aperto, fin dentro casa. E che se non si è capaci di essere padri, si può tranquillamente fare altro.