Agnelli, Prandelli … e la Fiat
Andrea Agnelli è il presidente della Juventus, il più blasonato club calcistico italiano e uno dei più importanti del mondo.
Qualche giorno fa, a margine di un convegno sullo sport alla Camera dei Deputati, ha menato fendenti a destra e a manca in pieno stile “rottamatore” contro i vertici del calcio italiano. Nel suo occhio del ciclone è entrato anche l’ex ct della Nazionale, Cesare Prandelli, reo di essersi dimesso e trasferito in Turchia ad allenare il Galatasaray. Agnelli ha detto: Prandelli “si è smarcato nel momento del bisogno e si è sposato subito con i turchi, dove la pressione fiscale è minore”.
Ci sono frasi che svelano il nostro inconscio in maniera così plateale da sfiorare il comico. E così uno è costretto a rileggere la frase di Agnelli più volte per poi domandarsi: ma il presidente della Juve di chi parla? Di Prandelli o della Fiat?
Eh sì, perché se c’è qualcuno che ha mollato questo paese “nel momento del bisogno”, nel mezzo di una crisi economica senza precedenti, per andarsene all’estero “dove la pressione fiscale è minore”, beh questa è stata la Fiat di Marchionne… e degli Agnelli, appunto. E allora non si capisce perché, se lo fanno loro, si chiama capitalismo, libero mercato, globalizzazione; se lo fa Prandelli, per se stesso, è un atto da condannare e da stigmatizzare.
Prandelli ha fallito miseramente un mondiale, ha sbagliato convocazioni, formazioni, schemi, partite, uomini. Ha fatto gli errori tipici che si possono fare nella sua professione. Ma non ha mai chiuso fabbriche scaricando sulla collettività i costi sociali ed economici dei propri fallimenti; non ha mai mandato gente in cassa integrazione, non si è avvantaggiato con incentivi di Stato per risollevarsi da errori industriali o compensare cicli economici negativi. Prandelli non ha delocalizzato migliaia di posti di lavoro: al massimo ha delocalizzato il suo, ed è un suo diritto farlo. Prandelli non ha mai socializzato le sue perdite dopo aver privatizzato i suoi ricavi.
L’uscita del giovane Agnelli è fuori luogo e tipica dei rappresentanti di quel capitalismo familistico di Stato sempre pronti ad assolvere i propri comportamenti con la stessa facilità con cui non li perdonano agli altri.
Gli psicologi chiamano “proiezione” quel meccanismo attraverso il quale un individuo trasferisce all’esterno, in un altro soggetto, aspetti o comportamenti che rifiuta come propri.
Sorge il sospetto che Andrea Agnelli parlasse di Prandelli ma nel suo inconscio pensasse all’azienda di famiglia.
Immagine: René Magritte, La Reproduction interdite, Museum Boijmans Van Beuningen – Rotterdam, 1937