Andres Serrano è un artista americano; crea immagini per interpretare la realtà e il senso delle cose. In teoria farebbe lo stesso mestiere di Caravaggio, Klimt, Picasso, Munch, Sironi, se non fosse che lui usa la fotografia.
Andres Serrano è famoso in tutto il mondo per una sua sola opera del 1987: s’intitola Piss Christ, letteralmente “Il Cristo di piscio”. Una fotografia che ritrae un crocifisso immerso nell’urina dello stesso pittore. L’opera è stata esposta in questi giorni in un museo francese (ad Ajaccio) provocando la contestazione rumorosa di molte organizzazioni cattoliche, cosa avvenuta ogni qual volta l’opera è stata esposta da qualche parte con grande godimento dell’artista che ha visto la sua popolarità e il suo mercato crescere.
Da quando nel lontano 1917, Marcel Duchamp prese un orinatoio e decise che fosse una “Fontana”, l’arte si è trasformata; insieme a capolavori e veri artisti si è sviluppato un vero e proprio circo Barnum di pagliacci travestiti da geni, di trovate shock, mescolate a volgarità e mostruosità; ed è ovvio che se il pisciatoio di un artista è potuto diventare un’opera d’arte, il passo successivo è farci diventare direttamente il piscio.
L’arte contemporanea è spesso questo: un rumore volgare e privo di senso.
Sull’argomento, Angelo Crespi, lucido intellettuale controcorrente, ha scritto un pamplet da leggere: “Ars Attack”. Crespi definisce ironicamente, questo tipo di arte “sgunz”: “lo sgunz è (o non è) un oggetto, che deve tendere all’orripilante, all’informe, all’insensato (meglio se tutto insieme), deve essere il più nuovo possibile (questo è imprescindibile), deve autodefinirsi come «arte» e avere un pubblico che pur non capendone la portata plaude entusiasta al suo valore”.
Al resto poi pensano gli altri: i critici che ne elaborano la teoria estetica, i galleristi che lo espongono, gli uffici stampa che lo immettono nel circuito dell’informazione che conta e i collezionisti che ne alimentano il mercato.
Ma Piss Christ non è solo uno sgunz; è qualcosa di più: è l’idiozia dell’Occidente quando pensa a se stesso. La cristianità è indissolubilmente legata all’arte, l’ha prodotta, ispirata e creata per secoli. Eppure da tempo i simboli della cristianità sono l’obiettivo più facile da colpire per questi artisti furbacchioni e molto attenti al loro business e alla loro fama.
Dal crocifisso con la rana ubriaca di Kippenberger nel 2008, al Cristo seduto su una sedia elettrica di Paul Fryer; passando per la Pietà di Michelangelo del belga Fabre, in cui il volto beato della Madonna fu trasformato in un orribile scheletro, sono ormai tante le opere d’arte di artisti occidentali che dissacrano la religione che è fondamento della civiltà che protegge la loro libertà di espressione.
Crespi sottolinea come la dissacrazione dei simboli cristiani sia “una scorciatoia comunicativa iconoclasta di cui l’artista contemporaneo abusa con l’unico scopo di resistere nella memoria collettiva”. Insomma non sapendo creare vera arte, la si distrugge per puro sensazionalismo mediatico.
In questi giorni, in Italia, il comune di Torino ha ritirato il suo patrocinio ad una mostra delle organizzazioni gay il cui manifesto raffigurava una grassa donna nuda che schiacciava con la scarpa le icone di Gesù e Maria.
Il punto non è chiedersi Piss Christ è blasfema, perché lo è; prendere il simbolo del Crocifisso ed immergerlo nell’urina, per quanto d’artista, è offensivo per milioni di uomini e donne che in quel simbolo riversano il loro senso della vita, dell’amore, della speranza, della pietas e il proprio senso di sé. La blasfemia è un’offesa è quella fotografia offende; i critici d’arte psicolabili e quelli ruffiani possono continuare a scrivere quanto vogliono che un Cristo immerso nel piscio è un’opera religiosa.
Il punto è, perché nel mondo dell’immaginario globalizzato e delle società multireligiose, questi geniali artisti, quando vogliono dissacrare Dio e la religione, utilizzano sempre i simboli del cristianesimo e mai quelli dell’islam? Il motivo è semplice: sono artisti liberi ma anche vigliacchi e sanno che se dovessero toccare Allah o Maometto, il rischio di ritrovarsi una Fatwa che li insegue per il resto della vita, è molto alto.
Rimane la tristezza nel pensare che nei giorni in cui migliaia di cristiani vengono perseguitati orribilmente per non rinnegare la libertà di quel crocifisso, in Europa quel crocifisso venga esposto nel piscio di un artista con il silenzio complice di intellettuali e moralizzatori.
L’Europa non muore per un debito pubblico o per il fallimento di una moneta di cartastraccia. L’Europa muore quando accetta di uccidere se stessa umiliando i simboli della sua identità.